Influencer

Mamma e papà non devono poter lucrare sui figli

La sovraesposizione dei minori su internet preoccupa Pro Juventute: «C’è una lacuna a livello di legge, ma potrebbe presto essere colmata»
Luca Faranda
09.10.2024 19:52

Serve una stretta per i genitori che pubblicano, senza alcun controllo, foto e video dei figli. In particolare, per chi lo fa cercando di guadagnare. Nel corso della sessione autunnale, la Camera del popolo ha infatti approvato (per 98 voti a 92) una mozione dell’ex consigliera nazionale Valentine Python (Verdi/VD) che chiede di evitare la sovraesposizione dei minori online.

Un fenomeno, quello di condividere le foto dei figli online, bollato come «sharenting» (combinazione di «share», condividere, e «parenting», fare il genitore). Per Python, alcuni bambini vengono filmati continuamente dai genitori-influencer «per aumentare il numero di follower e incrementare così i profitti generati dai futuri post».

A esprimere preoccupazione, già nel novembre 2022, erano state le autorità inglesi: secondo uno studio del Children Commissioner for England, un bambino che nasce oggi avrà in media 1.300 foto o video postati sui social prima ancora di compiere 13 anni. L’atto parlamentare dell’ecologista vodese - che passa ora all’esame degli Stati - mira a rafforzare la protezione dei minori agendo su due fronti: inserendo disposizioni specifiche per i bambini nelle strategie future (ad esempio per la Strategia Svizzera digitale o quando si parla di protezione dei dati) e modificando l’ordinanza sulla protezione dei giovani lavoratori (per il Consiglio federale, tuttavia, i minori esposti sui social non possono essere considerati «lavoratori»).

Il modello francese

La possibile applicazione di questo atto parlamentare non è ancora chiara, ma si ipotizza di seguire il modello francese: i guadagni derivanti dalla pubblicità con i bambini non dovrebbero essere ricevuti dai genitori, ma saranno versati su un conto corrente (intestato al bambino) e congelati fino al raggiungimento di una determinata età (ad esempio 16 o 18 anni).

Oppure, spiega Python nella mozione, per poter diffondere l’immagine di un minore di età inferiore ai 16 anni su una piattaforma per la condivisione di video è necessario che i rappresentanti legali presentino una dichiarazione in tal senso alle autorità competenti. Insomma, i diritti di immagine dei bambini devono essere particolarmente tutelati dai genitori.

Per Pro Juventute, la fondazione che si occupa di sostenere i diritti ed i bisogni dei bambini, il fenomeno dello sharenting è preoccupante. «Sempre più foto e video di bambini appaiono su Internet e sulle piattaforme di social network. In alcuni casi, ciò viola la privacy e i diritti della personalità dei bambini», ci spiega Anne-Florence Débois di Pro Juventute, secondo cui ogni individuo ha diritto alla propria immagine e anche la Convenzione sui diritti dell’infanzia prevede la tutela della sfera privata.

Inoltre, aggiunge Débois, il crescente marketing dei bambini (i cosiddetti «kidfluencer») sui social network solleva questioni in termini di diritto del lavoro. A suo avviso, in Svizzera c’è una lacuna legale, che potrebbe essere colmata grazie alla mozione di Python. «Quando si tratta di genitori-influencer che promuovono i propri figli sui network, il vero problema è la questione dei diritti d’immagine, il rispetto della sfera privata del bambino e il modo in cui il bambino viene remunerato».

È dunque necessaria una regolamentazione più severa? Per Pro Juventute, bisogna innanzitutto concentrarsi sulla prevenzione. «Rafforzare le competenze digitali di bambini, giovani e genitori è uno dei nostri obiettivi, poiché una migliore gestione del mondo digitale influisce sul benessere psicologico». Tuttavia, oltre alla necessità di sensibilizzare, è necessario che le norme del diritto del lavoro tengano conto dei pericoli di Internet (la pedofilia, ad esempio). Per Débois, poi, c’è anche un’altra questione aperta: l’attuazione pragmatica di queste norme.