Consiglio federale

«Per il suo posto in Governo ci sarà battaglia»

La reazione del consigliere agli Stati Fabio Regazzi e dell'ex «senatore» Filippo Lombardi alle dimissioni di Viola Amherd
©LAURENT GILLIERON

Chi è stato più crudele con lei? Il mondo militare oppure quello politico? «Direi che il mondo militare non è per niente crudele…». Una risposta ironica, data con il sorriso sulle labbra, ma che – con quel «non-detto» – ben riassume lo stato d’animo della consigliera federale Viola Amherd e le ragioni (o perlomeno una parte delle ragioni) per cui ha deciso, oggi pomeriggio, di annunciare un po’ a sorpresa, perlomeno nelle tempistiche, le proprie dimissioni. Da settimane, infatti, le pressioni del mondo politico (e di riflesso di quello mediatico) nei suoi confronti sono cresciute di giorno in giorno. Da una parte con le aspre critiche giunte dall’UDC, dall’altra con le sempre più insistenti voci di una sua imminente partenza da Palazzo federale. Voci poi alimentate anche dall’annuncio di Gerhard Pfister, presidente del suo partito, il Centro, che ha anch’egli rassegnato le proprie dimissioni per la fine di giugno. In molti, infatti, hanno speculato sull’approdo di quest’ultimo in Governo al posto della stessa Amherd. 

La reazione di Regazzi e Lombardi

«Per me è stata un po’ una sorpresa, un fulmine a ciel sereno. Mi aspettavo un annuncio a medio termine, ma non quest’anno», commenta dal canto suo il consigliere agli Stati ticinese Fabio Regazzi (Centro), che con Amherd ha condiviso diversi anni alla Camera bassa. «Ha ereditato un Dipartimento difficile, non gestito bene dai suoi predecessori dell’UDC», prosegue. «Amherd si è inoltre trovata a operare in un contesto di grandi cambiamenti geopolitici. Ha affrontato sfide complesse e importanti: sull’acquisto degli aerei F35, sulla riorganizzazione dell’esercito, ottenendo maggiori finanziamenti, appena decisi dal Parlamento». Per Regazzi la consigliera federale uscente «ha dunque smosso diverse cose, con qualche inciampo, sì, ma complessivamente il bilancio è positivo».

Ma l’attacco dell’UDC e le pressioni politiche delle ultime settimane hanno giocato un ruolo? Ancora Regazzi: «Difficile dare risposte. È chiaro che la pressione era aumentata. E l’apice è stato raggiunto con l’irrispettosa richiesta di dimissioni fatta dall’UDC. È stata forse la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Magari aveva già preso la decisione e quest’ultimo attacco l’ha convinta ad accelerare la sua partenza. Ma ripeto: la verità la conosce solo lei».

Anche l’ex senatore ticinese Filippo Lombardi insiste su questo punto: «L’attacco dell’UDC è stata una delle cose meno eleganti viste negli ultimi anni. Ma non penso sia stata la causa delle decisione di Amherd. Penso invece che la sua decisione fosse stata presa da diverso tempo».

Ora, evidentemente, come rileva Regazzi, il Centro «ha parecchio lavoro da fare, con la sostituzione di un consigliere federale e di un presidente». Ma, assicura il consigliere agli Stati, «non resteremo con le mani in mano: l’ho sempre detto, che sia uomo o donna poco importa. Ciò che conta è trovare persone competenti, che devono essere in grado di assumere una funzione estremamente complessa. Dev’essere, dunque, una persona in grado di sopportare questa pressione, che rispetto al passato è sempre più importante».

Su questo fronte, secondo Lombardi la partita è più aperta che mai. E la strada per Pfister è tutt’altro che spianata. «Sarà sicuramente un buon candidato al Consiglio federale, ma dovrà affrontare una bella concorrenza. Il Centro in questo momento ha diverse personalità che sono assolutamente in grado di diventare ottimi ministri». Insomma, ci sarà battaglia. «Sì. Ricordo quando Doris Leuthard, da presidente di partito, si candidò per un posto in Governo. Ma anche quando a farlo fu Flavio Cotti. Ecco, in quei casi il passaggio avvenne quasi senza discussioni. Ma questa volta ci sarà battaglia, conosco diversi profili pronti a scendere in campo».

In questo articolo:
Correlati