Più aiuti ai giornali regionali e locali: «Non è una soluzione definitiva»

«Nel 2002, le entrate pubblicitarie per la stampa in Svizzera erano ancora di 2 miliardi di franchi, oggi sono meno di 500 milioni di franchi. In Svizzera, nel 2023, la tiratura dei giornali a pagamento era ancora di 4,5 milioni; oggi è di appena 2 milioni. E tra il 2003 e il 2020, nel nostro Paese sono scomparse una settantina di testate giornalistiche». La fotografia del panorama mediatico l’ha scattata il consigliere agli Stati Baptiste Hurni. Per il socialista neocastellano, tuttavia, la Confederazione non può e non deve salvare da sola la stampa: non ha i mezzi per farlo e sarebbe pericoloso per l’indipendenza dei media. Spetta al settore stesso continuare la sua trasformazione e reinventarsi. Tuttavia, il ruolo della Confederazione è quello di dare alla stampa un po’ di tempo. Ma quanto tempo? Sette anni.
A larga maggioranza
Il Consiglio degli Stati oggi ha approvato infatti a larga maggioranza il sostegno indiretto - limitato nel tempo, di sette anni - alla stampa regionale e locale. I contributi annui previsti per la distribuzione di questi giornali saranno pari a 40 milioni di franchi (oggi sono 30, il Nazionale chiede di aumentarli a 45), mentre 25 milioni (anziché 30) saranno destinati al recapito mattutino, ovvero la distribuzione di quotidiani e settimanali in abbonamento nei giorni feriali entro le ore 6.30. Questo secondo contributo, attualmente, non c’è.
Tuttavia, per non favorire i grandi editori, si prevede di escludere da tali riduzioni le testate che superano le 40 mila tirature e quelle «appartenenti a una rete di edizioni locali con propria testata la cui tiratura autenticata complessiva è superiore ai 100 mila esemplari».
Ci vorrà ancora tempo
I «senatori» si sono spinti oltre, rispetto ai colleghi del Nazionale: vogliono infatti mantenere i finanziamenti - 20 milioni, come avviene oggi - alla stampa associativa e delle fondazioni. La Camera del popolo chiede di stralciarli del tutto. Tuttavia, tutte queste misure non sono ancora decise. Il dossier torna infatti sui banchi del Consiglio nazionale, che se ne occuperà verosimilmente a marzo, durante la sessione primaverile. In caso di via libera dal Parlamento, tuttavia, sarà difficile che le modifiche entrino in vigore già nel 2026.
La consigliera nazionale Christine bulliard-Marbach (Centro/GR), all’origine di questa iniziativa parlamentare, chiarisce i motivi di questi finanziamenti: «I mezzi supplementari devono in particolare servire a sostenere temporaneamente i piccoli editori nei loro processi di trasformazione verso una maggiore offerta digitale. Questi mezzi non vanno a beneficio diretto degli editori, ma alleviano indirettamente le loro spese, in particolare riducendo le spese di trasporto postale». La friburghese nel suo testo ricorda che il sostegno attuale non copre più le spese di trasporto (la Posta sta aumentando le tariffe). Inoltre, «questo collaudato sistema di sostegno indiretto alla stampa esiste dal 1849 e garantisce l’indipendenza redazionale dei media».
Ecco chi ne potrà beneficiare
Per l’associazione degli editori, Schweizer Medien, queste misure rafforzeranno «circa 150 pubblicazioni e garantiranno l’offerta di informazioni nelle regioni». Verrebbero sostenute le stesse testate che già oggi ricevono finanziamenti: tra queste rientrano alcune testate di Tamedia (come «Tribune de Genève» e «Landbote aus Winterthur») e di «CH Media» (come «AargauerZeitung» e «Urner Zeitung»). Altri, che hanno una tiratura superiore a 40 mila copie (ad esempio Luzerner Zeitung e Tagesanzeiger) non saranno sostenute, indica Schweizer Medien.
Lunga transizione
«La cosa più importante è che viene confermata la decisione di principio: ora valuteremo le cifre», spiega il consigliere nazionale Alex Farinelli (PLR), membro della commissione delle telecomunicazioni, ma anche di quella delle finanze. «Ogni spesa va valutata e 85 milioni sono tanti, ma bisogna anche contestualizzarli. Non è una cifra determinante per far pendere i conti dello Stato da una parte o dall’altra. La grande domanda è: cosa succederà quando scadranno i sostegni dopo sette anni? Non bisogna essere veggenti per sapere che non saranno risolti tutti i problemi della stampa. Non è una soluzione definitiva. Questa transizione è in corso e non si concluderà in sette anni».
Cagnolino della democrazia?
C’è la possibilità che vengano prorogati più e più volte? Per Lorenzo Quadri (Lega), i sussidi temporanei - una volta introdotti - difficilmente verranno azzerati. A stupire Quadri, anch’esso membro nella commissione delle telecomunicazioni del Nazionale, sono i 20 milioni per la stampa associativa. «È tra i sussidi più assurdi: si finanzia la comunicazione di associazioni ai loro aderenti.Si tratta di un’operazione puramente elettorale». Il deputato leghista, in ogni caso, non vede di buon occhio nemmeno gli altri aiuti indiretti: «Sono sempre stato scettico su queste misure: non credo che permetteranno di salvare il settore. Per contro, creerà ulteriore dipendenza della stampa dallo Stato. Ciò può essere problematico: i media dovrebbero ambire alla maggior indipendenza possibile dallo Stato. Invece di vedersi come “cane da guardia della democrazia”, si vedono invece come il cagnolino da passeggio che si fa dare le crocchette dallo Stato. Non puoi dipendere da chi sei chiamato a controllare», critica il consigliere nazionale. Proprio per una questione di indipendenza, i «senatori» hanno respinto una mozione che auspicava un sostegno ai media elettronici indipendente dal canale di diffusione e dal modello commerciale.
Conseguenze drammatiche
«Al momento la stampa scritta è in estrema difficoltà. Ma la democrazia ha bisogno di un “quarto potere” di qualità», sottolinea la consigliera nazionale Greta Gysin (Verdi). I giornalisti non perdono indipendenza perché il recapito dei quotidiani viene agevolato. . «Dipende sempre come vengono attuati questi aiuti: è un aiuto indiretto e se a questo sostegno non si legano delle condizioni, direi che non c’è alcun tipo di problema», tiene a precisare Gysin, che dal 2025 sarà presidente della Deputazione ticinese alle Camere federali. Sono due i temi sul quale l’ecologista vuole mettere l’accento il prossimo anno: la parità e i media. Nel 2025, oltre a portare a termine l’atto parlamentare sugli aiuti ai media, il Parlamento affronterà l’iniziativa «200 franchi bastano!». In Ticino, avvisa, è importante che i cittadini si rendano conto che le conseguenze «sarebbero drammatiche».