Spedizionieri preoccupati: «Attenti all'autosabotaggio»

In futuro, le merci non soggette a dazio potrebbero essere esentate dall’obbligo di dichiarazione doganale. Il 6 marzo il Consiglio nazionale ha approvato una proposta di legge che ora seguirà il suo iter (vedi articolo sotto). Ma questo primo passo ha creato non poca inquietudine nel settore delle spedizioni e della logistica in Ticino. Preoccupazioni che anche la politica, su più livelli, ha fatto proprie. E gli interrogativi si susseguono. L’ultimo in ordine di tempo è stato il granconsigliere Andrea Rigamonti (PLR) che ieri ha inoltrato un’interpellanza al Consiglio di Stato. Nel documento Rigamonti chiede all’Esecutivo se non ritenga che «la proposta legislativa non metta a rischio la sicurezza dei confini, la protezione del mercato interno, così come l’arrivo nel mercato ticinese di prodotti illegali, non omologati e merci contaminate o infette». Il tutto, come detto, sull’onda del fatto che decadrebbe l’obbligo di dichiarazione delle merci. «Quali azioni intende intraprendere il Consiglio di Stato per attutire l’impatto negativo di questa legislazione sulle imprese di spedizione e logistica?» ha invece chiesto a sua volta – in un’interrogazione – il granconsigliere Daniele Caverzasio (Lega). «Quali sono i piani per tutelare queste attività nei confronti delle politiche cantonali e federali?» è, dal canto suo, la domanda posta dal consigliere comunale Daniele Godenzi (PLR) all’Esecutivo di Chiasso. La cittadina, storico snodo centrale delle merci, è base operativa di molte aziende attive nel settore. Il tema è evidentemente all’ordine del giorno. Al punto che – come ci conferma il presidente di Spedlogswiss Ticino Aldo Stoffel – ieri l’associazione, che raggruppa 54 aziende per oltre 900 dipendenti, ha chiesto un incontro con la deputazione ticinese alle Camere federali.
Molte preoccupazioni
La preoccupazione, come detto, è ben presente fra gli spedizionieri. E ne è cosciente anche Andrea Perissinotto, direttore della Franzosini SA, il quale innanzitutto sottolinea il buon grado di risposta ai cambiamenti da parte delle aziende di spedizione. «Il mondo della logistica e delle spedizioni mostra segnali di robusta salute, testimoniando una resilienza e dinamismo che affondano le radici in una storia ricca e complessa», spiega il dirigente. «Le case di spedizione, in particolare, hanno dimostrato una notevole capacità di adattamento attraverso i decenni, superando sfide di varia natura, dalle guerre mondiali alle crisi economiche fino alle recenti pandemie globali. L’esperienza accumulata in questi anni ha forgiato una profonda conoscenza del settore, consentendo a queste imprese di anticipare i cambiamenti, adattarsi alle nuove esigenze del mercato e innovare i propri servizi». Ora, però, se la modifica dovesse essere accettata, gli scenari potrebbero cambiare. Ancora Perissinotto: «Se questa modifica dovesse essere approvata, il futuro riserva alle ditte attive nel settore logistico e doganale una serie di sfide e cambiamenti sostanziali, che richiederanno un’attenta valutazione e possibili adeguamenti strategici», conferma. «Uno degli aspetti più immediati e tangibili è il rischio concreto di perdita di posti di lavoro, in particolare per i dichiaranti doganali e le figure professionali affini. L’eliminazione dell’obbligatorietà delle dichiarazioni doganali per le merci “non daziabili” minaccia di rendere obsolete queste competenze specializzate, con un potenziale effetto domino che potrebbe colpire un ampio spettro di lavoratori nel settore. Concretamente, l’adozione di questa modifica ci costringerà a rivedere completamente le nostre strategie aziendali». Una revisione delle strategie che potrebbe avere un prezzo molto elevato. In effetti, lo stesso Perissinotto in un suo precedente intervento aveva ventilato la prospettiva di dover assistere alla chiusura di tre quarti delle aziende attive in questo settore. «La prospettiva è, sfortunatamente, non lontana dalla realtà se le modifiche proposte dovessero essere approvate senza adeguati interventi», avverte il direttore della Franzosini. «Questo scenario allarmante nasce da una valutazione realistica delle sfide e degli ostacoli che le imprese dovranno affrontare nel nuovo contesto, perdendo di fatto una delle attività principali che ha sempre contraddistinto le case di spedizione. Questo vale per tutte le aziende in Svizzera. La dichiarazione doganale, fulcro dell’operato delle case di spedizione, non è solo una procedura; rappresenta una garanzia di qualità, sicurezza e tracciabilità delle merci che attraversano le frontiere. La sua eventuale eliminazione non solo minerebbe l’essenza stessa dell’attività di spedizione, ma destabilizzerebbe anche l’intero settore logistico e commerciale del paese, con ripercussioni che vanno ben oltre i confini delle singole aziende. Inoltre, l’affidamento su procedure semplificate o l’assenza di controlli doganali strutturati apre le porte a un aumento potenziale dei rischi legati alla sicurezza delle merci, alla conformità legale e alla competizione su base non equa con operatori esterni che potrebbero non seguire gli stessi standard elevati».
Come il settore bancario?
La questione dei dazi interessa da vicino Chiasso, cittadina che ha da sempre un forte legame con il settore. Facile, dunque, ipotizzare un declino simile a quello vissuto dal settore bancario chiassese. «Per quanto riguarda il settore bancario, il ridimensionamento è stato influenzato da pressioni esterne significative, in particolare da parte dei paesi dell’UE e dagli Stati Uniti, che hanno richiesto maggiore trasparenza e collaborazione nella lotta contro l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro», ricorda Perissinotto. «L’ipotetico declino delle case di spedizione a seguito delle modifiche proposte non deriva da pressioni esterne, ma sarebbe il risultato di decisioni interne, che potrebbero essere viste come un «autogol» normativo. A differenza del contesto che ha influenzato il settore bancario, ogni nazione, inclusi i paesi vicini alla Svizzera, continua a mantenere le proprie strutture doganali commerciali, con l’obbligo di dichiarazione doganale e con corpi doganali distinti per gestire efficacemente il flusso di merci e persone attraverso i confini. Questo significa che le potenziali modifiche nel settore logistico e doganale svizzero andrebbero in controtendenza rispetto alle pratiche internazionali consolidate, introducendo un elemento di autosabotaggio in un sistema che fino a ora ha contribuito significativamente alla competitività delle imprese svizzere nel contesto globale».

Keller-Sutter: «Il rischio è che non sia una semplificazione»
Per il Parlamento federale sarà una vera e propria impresa riuscire a portare a termine la revisione totale della legge sulle dogane. Il progetto, che interessa ben 57 leggi diverse, due settimane fa è approdato sui banchi del Consiglio nazionale. L’obiettivo, tra le altre cose, è di favorire la digitalizzazione, ma i partiti borghesi hanno voluto aggiungere anche una serie di semplificazioni amministrative e procedure doganali più flessibili. Il Nazionale, lo scorso 6 marzo, ha infatti deciso di rinunciare alla dichiarazione doganale di alcune merci, se esse non sono soggette a dazi e non sono interessate dai cosiddetti «disposti di natura non doganale». Per la maggioranza della Camera del popolo, tale obbligo non deve essere necessario per tutte le merci: «Quando le merci non sono critiche dal punto di vista dell’attraversamento del confine, la dichiarazione delle merci all’Ufficio federale delle dogane e della sicurezza dei confini (UDSC) per ogni spedizione rappresenta un onere amministrativo significativo che vorremmo ridurre», ha spiegato il consigliere nazionale Olivier Feller (PLR/VD). Di diverso avviso la consigliera federale Karin Keller-Sutter, che si è detta contraria a questa presunta semplificazione amministrativa.
Il programma DaziT
Il primo motivo è la piattaforma DaziT: è il programma di digitalizzazione utilizzato dall’UDSC che dovrebbe semplificare i processi doganali, di riscossione dei tributi e di controllo. «Con Dazit prevediamo che i processi siano interamente digitalizzati», ha spiegato in aula la «ministra» delle Finanze. Tuttavia, se non si dichiarano tutte le merci non è possibile effettuare un’analisi automatizzata dei rischi. Il rischio, così facendo, è che «senza una dichiarazione di merci, non sono disponibili dati e l’analisi del rischio deve essere effettuata manualmente, il che potrebbe rallentare il traffico transfrontaliero». Oltre a ciò, Keller-Sutter ha fatto notare che «importatori ed esportatori si troverebbero di fronte a diversi svantaggi. Senza questi accertamenti, non vi è alcuna prova che le merci siano state importate o esportate correttamente». La maggioranza borghese, tuttavia, non ha seguito le indicazioni di Keller-Sutter.
«Non è un nostro compito»
«Posso capire che gli ambienti economici o i settori che si occupano della burocrazia di frontiera vogliano naturalmente dichiarare e trattare il maggior volume possibile. Ma non è nostro compito proteggere questi interessi», ha affermato, dal canto suo, il consigliere nazionale Beat Walti (PLR/ZH). «Limitare l’obbligo di dichiarazione è del tutto fattibile, e si possono prendere in considerazione anche altre preoccupazioni legate alle dichiarazioni. Le statistiche sulle merci, ad esempio, possono essere garantite anche in altri modi, per i quali l’obbligo di dichiarazione completa non è affatto necessario».
Parola ai «senatori»
Quali sarebbero le alternative? La consigliera federale ai deputati del Nazionale ha tenuto a ricordare che la nuova legge prevede anche una dichiarazione delle merci semplificata e ridotta, con fatturazione periodica. Ora l’intero dossier è passato sui banchi dei «senatori». Già settimana prossima - il 25 e il 26 marzo - la Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati si occuperà della revisione totale della legge sulle dogane. Considerato il mastodontico progetto, non è detto che il plenum riesca già a trattarla durante la prossima sessione, prevista a giugno.