Appello

Un manifesto in dieci punti per ripensare la neutralità

Un documento di politici e accademici chiede «un adattamento» – Più apertura per l'esportazione di armi – L'ex ambasciatore Bernardino Regazzoni: «La domanda che dobbiamo porci è: aumenta oppure no la nostra sicurezza?»
©PETER KLAUNZER
Luca Faranda
31.05.2024 06:00

Sull’iniziativa popolare sulla neutralità si andrà con tutta probabilità a votare. Mercoledì, la Cancelleria federale ha reso noto che 129.806 delle 131.918 firme presentate sono valide. La discussione sul significato e soprattutto sull’applicazione della neutralità è pronta a riaprirsi. L’attuale concezione di neutralità va rivista? Ma soprattutto, in che modo? Dall’invasione russa in Ucraina nel febbraio 2022 e dagli sviluppi geopolitici che ne sono conseguiti, il tema della neutralità è tornato di prepotenza nell’attualità. Lo stesso Ignazio Cassis ha tentato (invano) di dare una nuova definizione, introducendo la «neutralità cooperativa». I suoi colleghi in Consiglio federale, tuttavia, non ne hanno voluto sapere.

Stop alla parità di trattamento

L’UDC, spinta dell’ex consigliere federale Christoph Blocher, ha lanciato con successo l’iniziativa «Salvaguardia della neutralità svizzera», che auspica un ritorno alla neutralità integrale ed esige che la Confederazione non aderisca ad alcuna alleanza militare o di difesa, salvo che in caso di attacco diretto contro il Paese. Non solo. Vuole che Berna rinunci a imporre sanzioni nei confronti di Stati belligeranti, come ha fatto invece con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.

Ora, però, un nuovo fronte si è esposto con visioni completamente opposte rispetto ai democentristi. L’obiettivo, in fondo, rimane lo stesso: ripensare e adattare la neutralità. L’appello, o meglio, il «manifesto sulla neutralità del 21. secolo», è un testo in 10 punti cardine, o «capisaldi», che mira a ridefinire il concetto di neutralità rispetto a come lo interpreta oggi il Governo. I promotori di questo manifesto sono convinti che le Convenzioni dell’Aia del 1907 non siano più adatte ai conflitti odierni o come base per la neutralità svizzera. Serve un cambio di passo «il più rapidamente possibile». In sostanza, bisogna abbandonare il «principio di parità di trattamento tra vittima e aggressore», che a loro avviso sta danneggiando la reputazione della Svizzera.

Firmato da 87 personalità

I primi firmatari di questo appello sono 87 personalità della società civile e della politica, tra cui ambasciatori, accademici, «senatori» e consiglieri nazionali del PLR, del PS, del PVL e del Centro, nonché gli ex consiglieri federali Joseph Deiss, Samuel Schmid e Kaspar Villiger. Tra i principali promotori del manifesto spicca Thomas Cottier, professore emerito di diritto economico europeo e internazionale all’Università di Berna, il quale - fra le altre cose - è anche nel comitato della cosiddetta «Iniziativa Europa», che chiede di inserire la cooperazione con l’UE nella Costituzione.

Nella lista sono presenti anche alcuni ticinesi, come l’ex segretario di Stato Mauro dell’Ambrogio, Peter Regli, ex capo del Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC), e l’ex ambasciatore Bernardino Regazzoni. «Qualcosa covava nella società civile, soprattutto dopo l’aggressione russa sull’Ucraina. Questo manifesto non ha alcuna intenzione polemica, ma ha l’obiettivo di promuovere una discussione pacata», ci spiega proprio Regazzoni. «La domanda fondamentale che ci si deve porre è questa: questo modo di interpretare la neutralità è utile alla nostra sicurezza o no?».

Avvicinamento alla NATO

Per il diplomatico ticinese sono due gli aspetti principali: «Un  avvicinamento alla NATO (con una maggiore interoperabilità tra i sistemi) e lo scorporamento del legame tra neutralità ed esportazione di materiale di guerra. Su questo punto, noi e il Consiglio federale abbiamo posizioni diverse». In parlamento, però, queste proposte non trovano una maggioranza. «Credo che non sia un’operazione disperata. Vogliamo aprire un dibattito», aggiunge l’ex ambasciatore. «Non si tratta di una controproposta all’iniziativa popolare, anche se parliamo in maniera diametralmente opposta dello stesso tema (in realtà, tra i dieci punti si legge anche che la Svizzera «dovrebbe astenersi dal tradurre in legge la propria politica di neutralità»). Non vogliamo che la discussione verta su quello che ciascuno crede essere la neutralità, bensì porsi la domanda: aumenta o non aumenta la nostra sicurezza?». Ma perché un diplomatico di lungo corso ha deciso di esporsi proprio ora? «Sono stato un servitore dello Stato. Quello che pensavamo non doveva interessare nessuno. Ora che per questioni di età non sono più in servizio, mi sento anche libero di esporre le mie idee personali, cercando di contribuire al dibattito nell’interesse del Paese che mi sta a cuore», conclude Regazzoni.

Cambiare le leggi

Tra i «dieci capisaldi» del manifesto, si invita il Consiglio federale a basare la neutralità alcuni pilastri (come la Carta delle Nazioni Unite del 1945, gli altri trattati internazionali firmati dalla Svizzera e gli obiettivi di politica estera sanciti dalla Costituzione). Oltre a ciò, la Svizzera deve «mettere a disposizione tutte le risorse ragionevoli per i buoni uffici, l’aiuto umanitario e, soprattutto, l’assistenza finanziaria». La neutralità dovrebbe inoltre essere uno strumento di politica estera ed essere «al servizio della politica di sicurezza, e non viceversa». Cosa significa? Che la Confederazione rimane neutrale militarmente solo fino a quando «non mette a repentaglio gli obiettivi e i valori dello Stato nelle relazioni internazionali».

Il manifesto (che non si è ancora tradotto in azioni concrete) chiede anche cambiamenti a livello legislativo. In particolare la legge sugli embarghi («oltre alle sanzioni emanate dall’ONU e dai principali partner commerciali, Governo può adottare misure proprie»), ma anche e soprattutto la legge sul materiale bellico, considerata troppo restrittiva. Per i firmatari, «l’esportazione di materiale bellico deve essere ridisciplinata alla luce degli interessi della politica di sicurezza e di politica estera della Svizzera. L’organizzazione delle esportazioni di armi è autonoma. Non è determinata dalla neutralità».