Aiutare l'informazione libera per salvare la democrazia
Ragione, verità e storia sono le tre grandi questioni che il filosofo americano Hilary Putnam ha trattato in uno dei suoi libri più celebri. E a Putnam, il cui nome è pure riecheggiato, ci si potrebbe richiamare per spiegare, in breve, il senso del dibattito a più voci sul futuro della democrazia e dell’informazione che, questa sera, ha animato l’auditorium di BancaStato a Bellinzona.
La storia, che insegna come senza la libertà di stampa e il pluralismo delle fonti d’informazione le democrazie sono inevitabilmente zoppe; la verità di una crisi dell’ecosistema mediatico giunta, oggi, a un punto di non ritorno. E la ragione di chi, nonostante tutto e tutti, continua a credere nella indispensabilità di un buon giornalismo. Un giornalismo dei fatti, libero, indipendente, autorevole.
«Quale futuro per l’informazione dei media e del servizio pubblico radio TV e per la democrazia?» era il titolo della serata organizzata dalla SSR CORSI. Una domanda alla quale hanno tentato di dare risposte Roberto Antonini, direttore della Scuola di giornalismo della Svizzera italiana, Eleonora Benecchi, massmediologa dell’USI, Natascha Fioretti, giornalista e germanista e Paride Pelli, direttore del Corriere del Ticino.
La campagna del CdT
Il punto di partenza della discussione è stata proprio la campagna abbonamenti del Corriere, interamente centrata sul pericolo della scomparsa di un’informazione degna di questo nome: un «pugno nello stomaco necessario in una situazione estrema», l’ha definita Antonini. Una scelta volutamente «d’impatto con cui abbiamo voluto sensibilizzare a favore di tutta la carta stampata - ha spiegato Pelli - ma anche lanciare un monito alla politica, che troppo poco sta facendo per i giornali e i media in generale».
La questione è chiara ed è nota da anni. L’avvento del Web prima, lo strabordare dei social dopo, hanno cambiato radicalmente le abitudini di consumo delle notizie, soprattutto tra i più giovani, i quali leggono poco la carta e guardano altrettanto poco la TV generalista, preferendo informarsi online. «I giovani sono nei dispositivi mobili collegati alla Rete - ha detto Benecchi - ed è evidente, ormai da una decina d’anni, l’allontanamento progressivo dai media tradizionali, soprattutto carta stampata e radio». I social sono enormemente attrattivi, ed è «talmente forte la tensione dell’esserci e l’appeal che essi esercitano da convincere i ragazzi a starci comunque, nonostante sappiano benissimo i rischi legati alla violazione della privacy e alla cessione dei dati personali». Oggi, il «dato freddo» delle ricerche è che «la fonte principale, e in qualche caso esclusiva, delle notizie per i più giovani sono i social media: TikTok, Snapchat e Instagram», ha aggiunto.
Il pubblico pagante delle news si assottiglia, il modello non tiene. Che fare? Indubbiamente, serve una trasformazione. Anche radicale. «Alcuni modelli esistono - ha detto Fioretti citando il tedesco Die Tageszeitung (TAZ) o l’esperienza berlinese di Publix - il primo transiterà definitivamente al digitale il prossimo anno, a ottobre, mantenendo l’edizione cartacea soltanto la domenica; la seconda è il tentativo di mettere a disposizione di giornalisti, videomaker, podcaster spazi e strutture, grazie anche al sostegno di alcune fondazioni».
Il caso Ticino
Strade percorribili nelle grandi realtà, ma in Ticino? «Anche noi siamo alle prese con una rivoluzione digitale e con un’offerta molto differenziata - ha sottolineato il direttore del CdT - ma il nostro bacino d’utenza è limitato. Difficilmente possiamo competere nel mercato italiano del Web, che è saturo. La coesistenza dei due modelli, cartaceo e digitale, resta al momento una necessità».
Il punto è che il declino dell’informazione libera e plurale traccia la strada dell’inaridimento della democrazia. La «riflessione urgente» che Pelli si attende dalla politica non è funzionale soltanto alla salvezza di molti posti di lavoro, che pure sono importanti. «Aiutare la stampa significa salvare la democrazia», ha detto Antonini. È su questo che si gioca il futuro di tutti.