Aperture dei negozi alle urne
La legge sugli orari d’apertura dei negozi torna a far discutere in Ticino. Il 18 giugno voteremo su una liberalizzazione del settore. Vediamo i dettagli delle modifiche proposte, contro cui i sindacati hanno lanciato un referendum.
Su che cosa andremo a votare il 18 giugno?
Uno dei due oggetti in votazione sul piano cantonale riguarda una modifica della legge sull’apertura dei negozi (LAN). Lo scorso anno, il Gran Consiglio ha approvato una serie di modifiche della LAN volte a concedere maggiore flessibilità al settore. Contro queste modifiche i sindacati UNIA e OCST hanno promosso un referendum, raccogliendo 7.610 firme. In estrema sintesi, dunque, andremo a votare su un’estensione degli orari di apertura dei negozi.
Che cosa prevedono, nel dettaglio, le modifiche della LAN?
Le modifiche della LAN sono state promosse tramite un’iniziativa parlamentare del PLR risalente al maggio del 2021, poi approvata dal Parlamento nell’ottobre 2022. Esse prevedono in primis di aumentare da tre a quattro le domeniche di apertura generalizzata dei negozi, durante le quali i lavoratori possono essere occupati senza richiedere autorizzazioni. Così facendo, verrebbe utilizzato tutto il margine concesso dalla legge federale sul lavoro, ossia di quattro domeniche all’anno. Inoltre, è previsto di aumentare di un’ora (dalle 18.00 alle 19.00) l’apertura delle attività nelle feste infrasettimanali non parificate alla domenica. Tra queste, figurano: San Giuseppe (19 marzo), San Pietro e Paolo (29 giugno), Corpus Domini, il Lunedì di Pentecoste e l’Immacolata (8 dicembre). Durante questi giorni, dunque, i negozi potrebbero rimanere aperti fino alle 19, e non più solo fino alle 18. Infine, le modifiche prevedono di aumentare il limite della superficie di vendita (da 200 a 400 metri quadri) per le deroghe previste per le località turistiche. Di conseguenza, i negozi sotto i 400 metri quadri nelle località turistiche del Cantone potrebbero rimanere aperti fino alle 22:30 durante i giorni feriali.
Quali sono gli argomenti dei favorevoli all’estensione degli orari d’apertura?
Dal punto di vista dei favorevoli si tratta di «adeguamenti minimi per un aiuto alla sopravvivenza dei nostri piccoli commerci». Essi fanno notare che già in molti altri cantoni le domeniche di apertura sono quattro, ossia il massimo previsto dalla Confederazione. Ciò significa pure che non vi è alcun rischio che possano aumentare in futuro, poiché regolate a livello federale. Inoltre, i favorevoli rimarcano che l’aumento di un’ora durante i festivi non parificati alla domenica «riguarda solo una manciata di giorni». L’aumento del limite di superficie, infine, «permetterà ai piccoli negozi di cogliere il potenziale turistico attraverso orari di apertura facilitati». Più in generale, i favorevoli sostengono che tali cambiamenti andranno a favore del commercio del nostro cantone «per contrastare la concorrenza italiana» e quindi il turismo degli acquisti, dettato anche dalla forza del franco svizzero e dal fatto che oltre confine i negozi sono aperti tutte le domeniche. Ma non solo: essi evocano a questo proposito anche la crescente concorrenza del mercato online. Viene poi pure evidenziato che le modifiche non impongono ai negozi di tenere le serrande aperte, ma «offrono la possibilità ai commercianti di andare puntualmente incontro ai loro clienti». Sul fronte delle condizioni di lavoro dei collaboratori dei negozi, i favorevoli rimarcano infine che «le leggi sulla protezione dei lavoratori e i contratti collettivi di lavoro che regolano orari massimi di lavoro, salari o tempi di recupero non vengono toccati», e quindi «la protezione dei dipendenti è blindata».
E quali sono gli argomenti dei contrari?
I contrari ricordano innanzitutto che l’attuale legge sugli orari d’apertura è entrata in vigore, dopo lunghe trattative, nel 2020. E, nonostante le promesse fatte, la maggioranza del Gran Consiglio ha modificato una legge entrata in vigore solo tre anni fa. In generale, i contrari evidenziano che «la decisione di un’ulteriore liberalizzazione è stata presa ascoltando esclusivamente i desideri dei grandi commerci, senza tenere in considerazione le esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici del ramo». Essi rimarcano pure che «la legge in vigore concede già una grande libertà», ma «oggi la maggior parte dei negozi non usufruisce di queste possibilità perché le vendite domenicali e fuori orario non coprono i costi». Inoltre, sottolineano che «questa modifica di legge rischia di aggravare ulteriormente le difficoltà dei piccoli commerci, che non potranno sostenere la concorrenza delle grandi catene». Un altro argomento riguarda il potere d’acquisto dei cittadini. Secondo i contrari, infatti, «la liberalizzazione delle aperture non accresce il fatturato» e «l’unico vero modo per incrementare le vendite è aumentare il potere d’acquisto dei consumatori alzando i salari». Infine, per i contrari le modifiche messe al voto andranno a peggiorare le condizioni di lavoro dei dipendenti. «Gli attuali orari di apertura hanno già pesato sulle condizioni lavorative del personale che da sempre soffre di ritmi di lavoro insostenibili, bassi salari e poche tutele». E «un ampliamento degli orari aggraverà ulteriormente queste condizioni e non creerà nuovi posti di lavoro».