Assange: «Ci hanno bloccato il conto, ma la Svizzera è nostra amica»
Il Lugano Plan B Forum comincia ufficialmente questa mattina, ma si può dire che già ieri sia entrato nel vivo, con l’incontro tra i familiari del fondatore di WikiLeaks Julian Assange e le autorità luganesi. La consorte e attivista Stella Assange e il fratello Gabriel Shipton parteciperanno alla due giorni dedicata al mondo delle cryptovalute: la prima in veste di relatrice, il secondo in qualità di produttore del documentario Ithaka, ritratto intimo della lotta del padre John, anch’egli presente, per la liberazione del figlio, proposto in anteprima a Lugano.
«Anche noi seguiamo con trepidazione, sconcerto e speranza il calvario di Julian – spiega il sindaco Michele Foletti - segregato per avere divulgato documenti che hanno mostrato il lato buio di istituzioni democraticamente elette. Ci auguriamo che questa vicenda possa incontrare al più presto un finale dove l’interesse e la priorità dell’”umano” prevalgano su qualsiasi altra considerazione».
Parole di vicinanza apprezzate e ricambiate dalla famiglia Assange, come sottolineato dal padre John: «Lugano è una città bellissima, ma ancora più meravigliosa è l’accoglienza che abbiamo ricevuto. Sono tempi duri per tutti noi, specialmente per mio figlio, ma sapere di avere persone che ci sostengono ci aiuta ad andare avanti. In questo senso la Svizzera si sta mostrando una grande amica».
A proposito di tempi duri, l’attenzione è sulle condizioni del fondatore di WikiLeaks: «Julian sta soffrendo molto – racconta la moglie Stella - e la sua salute ci preoccupa: ha avuto il Covid e passa 22-23 ore al giorno dentro una cella del carcere di Belmarsh, a Londra. Non sono condizioni umane. Però continua a lottare contro una giustizia, quella inglese, che da 3 anni lo sta tenendo detenuto, con un iter giudiziario assurdo nel quale lo vogliono estradare negli Stati Uniti, dove rischia 175 anni per aver fatto semplicemente il suo lavoro».
Un lavoro che ha incontrato molti ostacoli, tra cui il blocco dei conti bancari in tutto il mondo («purtroppo anche del conto in Svizzera», sottolinea il padre, ndr) che impediva la possibilità di ricevere donazioni per proseguire le proprie attività d’inchiesta. Proprio per questo l’uso delle cryptovalute è diventato cruciale, come spiega la moglie: «Già nel 2011 Julian mi spiegava le potenzialità dei bitcoin, facendomi vedere articoli che venivano puntualmente cancellati dai governi. È un sistema che ha decentralizzato il ruolo delle banche, dando più potere alle persone, che possono aumentare i loro commerci con peraltro una maggiore sicurezza».
Lo stesso Assange nel 2017 aveva ironicamente ricordato su Twitter la natura 'rivoluzionaria' della criptovaluta, dopo aver ringraziato gli Usa di averlgi garantito ottimi guadagni con la moneta virtuale: «Il bitcoin è la vera Occupy Wall Street». «Posso dire che mio fratello ci aveva visto lungo – commenta Gabriel Shipton -. Anni dopo le sue previsioni la blockchain è fondamentale per il proseguio del nostro lavoro».
Finita la conferenza a Palazzo Civico, il Corriere del Ticino ha la possibilità di parlare con Stela Moris, dallo scorso 23 marzo moglie di Assange. I due si conoscono da 11 anni e hanno avuto 2 figli: «Non hanno un solo ricordo di loro padre fuori dalla prigione, non è facile per loro». Viene da chiederle come si convive con una persona che è diventata un’icona: «Al momento viviamo alla giornata, ci sentiamo un paio di volte al giorno e cerco di trasmettergli tutto il mio amore. Ma è ovvio che mi manca, non solo per la persona eccezionale che è ma anche per le cose semplici, come stare su un divano a guardare un film. Il sogno è quello di vivere una vita normale, è per questo che lottiamo».