L'intervista

Bambini e aiuto psicoterapeutico: «Non preoccuparsi, ma riconoscere la loro sofferenza»

A tu per tu con Alice Fabbro, medico coordinatore dei Centri psicoeducativi in Ticino
© CdT/Chiara Zocchetti
Paolo Gianinazzi
31.12.2022 06:00

Quando si pensa all’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale, spesso il pensiero va subito alla più nota clinica di Mendrisio. I Centri psicoeducativi, che fanno parte dell’OSC, sono invece una realtà meno conosciuta. Può descriverci la vostra attività?
«Certo, quando si pensa alla psichiatria, in Ticino, si pensa spesso alle strutture per adulti. Ma è importante ricordare che anche i bambini e gli adolescenti possono stare male e soffrire di disagio psichico. I Centri psicoeducativi (CPE) sono centri terapeutici nei quali i bambini che stanno male e fanno fatica a socializzare o a stare in un ambiente come quello scolastico possono essere accolti e curati. Le nostre strutture sono aperte tutti i giorni lavorativi, mattina e pomeriggio, e accolgono i bambini secondo i loro bisogni, due o tre volte alla settimana».

Solitamente, come si arriva alla decisione di portare un bambino al CPE?
«Inizialmente le famiglie si rendono conto che il loro bambino non sta bene e che esprime una sofferenza che non ha nulla a che vedere con questioni educative. E così si rivolgono al Servizio medico psicologico (SMP), l’organo preposto alla valutazione e alla cura dei disagi psichici d’infanzia. In seguito, può emergere l’indicazione per il tipo di lavoro terapeutico che svolgiamo al CPE e quindi i bambini sono indirizzati verso le nostre strutture».

Quali sono i disturbi principali dei vostri piccoli ospiti?
«Lo spettro delle difficoltà psichiche di cui si occupano i CPE è molto ampio e varia dalle difficoltà a relazionarsi, ai problemi gravi di comportamento fino ai problemi nella gestione delle emozioni oppure di comunicazione. Si tratta di situazioni per le quali la presa a carico intensiva, quindi con incontri più volte a settimana per un numero di ore prolungato, è necessaria per aiutare in maniera efficace i bambini».

Concretamente, come vi adoperate per curarli?
«L’azione terapeutica dei CPE è una risultante di diversi fattori che si articolano fra loro. Prima di tutto, però, viene la qualità dell’attenzione portata ai bambini. Cioè un’attenzione particolare per il loro funzionamento psichico. In secondo luogo, si tratta di un lavoro in équipe pluridisciplinare. La nostra squadra è formata da medici pedopsichiatrici, psicologi, educatori, docenti. In terzo luogo, facciamo ricorso alle cosiddette terapie a mediazione. Si tratta di terapie, individuali o di gruppo, che utilizzano una mediazione che serve a facilitare gli scambi. Ogni bambino è diverso e non tutti seguono lo stesso tipo di percorso. Cerchiamo quindi di trovare il modo giusto per rispondere ai bisogni di ciascuno».

È importante pure dire che queste attività sono proposte in maniera ben strutturata, regolare e prevedibile, in maniera da rassicurare i bambini a sufficienza e permettere loro di esplorare un mondo emotivo che spesso, per varie ragioni, li spaventa

A cosa si riferisce quando parla di terapie che utilizzano una mediazione?
«Una mediazione può essere un’attività didattica, oppure un’attività manuale, il disegno, la pittura, le pet-therapy, la lettura di una storia, e così via. Questi strumenti aiutano i bambini a sviluppare l’attenzione alle emozioni degli altri e alle proprie. E soprattutto a modulare meglio queste emozioni. È importante pure dire che queste attività sono proposte in maniera ben strutturata, regolare e prevedibile, in maniera da rassicurare i bambini a sufficienza e permettere loro di esplorare un mondo emotivo che spesso, per varie ragioni, li spaventa».

I numeri parlano chiaro. Negli ultimi anni i giovani che hanno avuto bisogno di passare dai CPE sono aumentati in maniera importante. Un segno che, come società, ci deve preoccupare?
«Le cause dell’aumento del fenomeno sono molto complesse. In parte, però, va detto l’aumento è sicuramente segno di una maggiore sensibilità e attenzione verso la sofferenza psichica del bambino. Ad esempio, l’attività di sensibilizzazione ha fatto sì che sia cresciuto il numero dei bambini che frequentano i nostri CPE già in età di scuola dell’infanzia o durante i primi anni di scuola elementare. E questo perché sappiamo che le prese a carico sono più efficaci se possiamo intervenire quando il bambino è piccolo. Più in generale, credo che invece che preoccuparci, dovremmo continuare a fare attenzione alla salute mentale dei bambini e a sostenere i progetti di prevenzione e cura del disagio psichico».

Qual è la sfida principale, oggi, per tutto il settore?
«Una delle sfide più importanti sarà sicuramente di continuare a promuovere i diritti dei bambini affinché le loro difficoltà psichiche e il loro malessere possano essere riconosciuti e curati. Continuando quindi a infrangere i tabù ancora oggi presenti riguardo alla salute mentale e alle cure psichiche».

© Shutterstock
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Da sapere

Che cosa sono i CPE?
Il Centro psicoeducativo (CPE) è un luogo di cura dedicato ai bambini e fa parte dei servizi pubblici di psichiatria e di psicoterapia infantile e dell’adolescenza dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale (OSC).

Dove sono?
In Ticino sono presenti tre CPE. Le sedi di Lugano e Gerra Piano offrono interventi diurni, mentre presso la sede di Stabio è a disposizione anche un internato con sei posti letto che è attivo dal lunedì al venerdì durante il calendario scolastico.

A chi si rivolgono?
Il CPE si rivolge a bambini e bambine di età compresa tra i 2 e i 12 anni (indicativamente fino alla fine della scuola elementare) che presentano disturbi dell’interazione sociale, disturbi del comportamento o della sfera emozionale tali da condizionarne l’inserimento scolastico e la socializzazione. Nei CPE vengono dunque accolti bambini con un potenziale evolutivo. Bimbi che nel loro percorso di crescita hanno incontrato difficoltà di vario genere nel vivere le esperienze sociali e manifestano difficoltà nello stare in gruppo. L’intervento del CPE è dunque orientato a stimolare l’apertura sociale, a modulare e contenere le reazioni eccessive nelle relazioni con gli altri e al sviluppare le capacità di riconoscimento e gestione delle emozioni legate allo stare insieme.

Come funziona l’ammissione?
L’ammissione al CPE si fonda su un processo di valutazione che si svolge al Servizio medico-psicologico. Quest’ultimo, se indicato, propone l’intervento del CPE. In questo caso viene organizzata una prima visita informativa al CPE con i genitori ed eventualmente anche con il bambino o la bambina.

Come è formata l’équipe?
L’équipe è formata da personale specializzato nel campo della terapia infantile. Tra questi esperti figurano: il medico psichiatra e psicoterapeuta dell’infanzia (coordinatore per le tre sedi); lo psicologo-psicoterapeuta (capo équipe in ogni sede); gli psico-educatori (psicologi abilitati); gli educatori specializzati; il docente/educatore.

Quanti bambini frequentano i CPE?
Il numero di ammissioni, negli ultimi anni è aumentato in maniera importante. Nel 2007, ad esempio, i tre CPE presenti in Ticino si occupavano complessivamente di 99 utenti. Nel 2018 i bambini presi a carico erano 157, poi diventati 171 lo scorso anno. Un aumento, quindi, del 72% nel giro di 14 anni.

Quali sono le modalità intervento?
L’intervento intensivo educativo e terapeutico del CPE si sviluppa con le seguenti caratteristiche: le attività si svolgono in un piccolo gruppo (dai 3 ai 6 bambini circa); gli ospiti sono seguiti da più operatori (due, tre o più); il programma dura in media dai 2 ai 4 anni, sempre a tempo parziale e con frequenza stabilita in base alle necessità; sono possibili spazi di terapia individuale (se necessari); l’intervento può essere complementare ad altre terapie (come la psicoterapia, la logopedia, l’ergoterapia).

E quali le attività?
Le attività proposte, prevalentemente in gruppo, permettono di lavorare sulle fragilità riscontrate, sulla qualità della relazione che i bambini riescono a costruire e sulla loro autonomia. Nel corso dell’anno si programmano periodicamente anche attività più indicate per ciascun bambino, a seconda della sua evoluzione come: momenti di parola, di lettura, di ascolto delle fiabe; attività creative (come la pittura, la cucina); nascondino terapeutico; psicodramma individuale e di gruppo (con la messa in scena di storie inventate dai bambini).