Bordate a destra e a sinistra, sfumature al centro: il caso Gobbi continua a far parlare
A partire dall’annuncio fatto dal Ministero pubblico dell’apertura di un procedimento penale riguardo all’incidente che ha visto coinvolto il consigliere di Stato Norman Gobbi, la giornata di oggi è stata contraddistinta da una lunga serie di reazioni, politiche e non, sull’intera vicenda. Il «caso Gobbi», dunque, continua a far parlare di sé. E ora, dopo il botta e risposta politico (inclusa la richiesta al diretto interessato di «fare un passo indietro» giunta da sinistra), spetterà dunque alla Giustizia e al procuratore generale Andrea Pagani fare chiarezza sull’accaduto.
Nell’aria da giorni
La notizia, va detto, era nell’aria già da qualche giorno. Ma fino a venerdì scorso, da noi sollecitato al riguardo, il Ministero pubblico aveva deciso di non rilasciare dichiarazioni. E l’ufficialità è infine arrivata solo oggi: «Con riferimento all’incidente della circolazione stradale avvenuto il 14.11.2023 - poco dopo la mezzanotte sulla corsia Sud-Nord in zona Stalvedro - che ha visto il coinvolgimento di un consigliere di Stato, il Ministero pubblico comunica di aver aperto un procedimento penale». Una breve nota stampa, quella del Ministero pubblico, da cui abbiamo appreso che gli accertamenti della procura sono però già partiti a metà marzo «a seguito di notizia di possibile reato». Detto altrimenti: leggendo l’atto parlamentare pendente e le indiscrezioni di stampa pubblicate nelle scorse settimane, la procura ha iniziato a fare le sue verifiche. Verifiche finalizzate sia «ad accertare se sussistano eventuali fattispecie penali nel contesto dell’incidente» sia nella «successiva procedura di constatazione dei fatti». Ovvero: si indaga sia sull’incidente in quanto tale sia sulla procedura adottata dalla Polizia. Non a caso, al momento le ipotesi di reato (abuso di autorità e favoreggiamento) sono state formulate nei confronti di un agente della Polizia cantonale e contro ignoti.
La reazione dell’avvocato
A stretto giro di posta, qualche ora più tardi, è arrivata la reazione dell’avvocato che assiste Gobbi in questa vicenda, Renzo Galfetti: «Ho preso atto con soddisfazione dell’apertura di un procedimento penale volto a chiarire il fatto relativo all’incidente del 14 novembre 2023 nel quale è rimasto coinvolto senza alcune responsabilità l’on. Norman Gobbi, che rappresento», si legge nel comunicato stampa del legale. Una soddisfazione dettata dal fatto che «tale procedimento» per Galfetti rappresenta «l’unica strada seria e competente per gli accertamenti che si impongono dopo le sedicenti inchieste giornalistiche che hanno presuntuosamente cercato di sostituirsi alla magistratura». Per quanto riguarda la posizione di Gobbi, l’avvocato è poi tornato a ribadire «che non risulta alcun suo coinvolgimento nelle ipotesi di reato al vaglio della magistratura (ndr, fatte nei confronti di un agente e contro ignoti). In questo senso, chiosa Galfetti, «Gobbi attende quindi, senza alcun timore, con tranquillità e fiducia, l’esito di tali accertamenti».
Bordate a sinistra e a destra
Fino a oggi, sul piano politico, gli unici atti formali messi nero su bianco erano due interpellanze: una fatta dal presidente del Centro, Fiorenzo Dadò, il quale ha posto una lunga serie di domande al Governo sull’accaduto, di fatto scoperchiando il caso, l’altra fatta nei giorni seguenti dall’MPS in merito all’assenza di risposte da parte della Polizia. Inutile dire che, alla luce dell’apertura di un procedimento penale, oggi le reazioni politiche si sono moltiplicate. A partire da quelle giunte da sinistra.
«Penso che un passo indietro da parte di Gobbi, in qualità di direttore del Dipartimento delle istituzioni, sia assolutamente opportuno». È andato dritto al punto il co-presidente del PS, Fabrizio Sirica, secondo cui il consigliere di Stato - alla luce dell’apertura del procedimento penale - dovrebbe valutare l'opportunità di autosospendersi. E questo «per preservare l’immagine della Polizia e non alimentare ulteriori dubbi e zone grigie». Sirica sottolinea infatti che lo stesso Gobbi dirige il Dipartimento delle istituzioni. E in questo senso un passo indietro «andrebbe fatto perlomeno dalla gestione della Polizia». Perché, chiosa il co-presidente socialista, «ricordiamolo: Norman Gobbi è il superiore di un dipendente che è ora indagato per favoreggiamento in un caso che lo riguarda direttamente. Aspettiamo l’esito dell’inchiesta. E la nostra posizione è garantista. Ma dal punto di vista dell’opportunità e dell’immagine penso sia un passo dovuto».
Anche il Movimento per il socialismo ha fatto alcune considerazioni riguardo alla vicenda, facendo inoltre precise richieste all’indirizzo del Consiglio di Stato. In primis, «l’MPS chiede al Governo che la conduzione dell’inchiesta venga affidata ad un procuratore straordinario esterno - magari proveniente da un altro Cantone, come già fatto in passato». In secondo luogo chiede «formalmente al Consiglio di Stato di procedere immediatamente ad una riorganizzazione delle competenze relative alla magistratura e alla polizia oggi attribuite a Norman Gobbi (...) affidandole ad un altro membro dell’Esecutivo (...) perlomeno fino alla fine dell’inchiesta». Richieste, queste, contenute anche in un’interpellanza inoltrata proprio oggi pomeriggio. Ma oltre alle richieste, l’MPS ha pure fatto un appello direttamente al consigliere di Stato «affinché rifletta, e da subito, sulla necessità di fare un passo indietro, decidendo di porre termine alla sua carriera di consigliere di Stato».
Sul fronte opposto, va da sé, Gobbi è stato difeso a spada tratta. La Lega dei ticinesi, tramite una nota stampa firmata dai quattro vice-coordinatori nominati da Gobbi e nella quale l’apertura del procedimento non viene citata, ha infatti voluto ribadire «la propria vicinanza al consigliere di Stato e la fiducia nel suo operato».
«La Lega dei Ticinesi - si legge nel comunicato - deplora l’ennesima, grottesca montatura politico-mediatica a proposito dell’incidente occorso al consigliere di Stato Norman Gobbi». Un caso, secondo il movimento di via Monte Boglia, «costruito sul nulla» dai partiti e dalla stampa. E non è mancato il contrattacco diretto a chi, da sinistra, ha chiesto un passo indietro a Gobbi. «Lo squallido sciacallaggio della sinistra della morale a senso unico - ed in particolare di alcuni esponenti di partitini che passano il tempo a raccogliere qualsiasi cicca nella spasmodica ed ossessiva ricerca di visibilità mediatica - ha ora conosciuto una nuova impennata, con pretestuose richieste di passi indietro o addirittura di dimissioni». Richieste che per la Lega «travalicano ogni decenza oltre che infrangere il senso del ridicolo. È ovvio che Norman Gobbi non deve compiere passi indietro da nulla. Altrettanto ovvio è che i cittadini sono perfettamente in grado di comprendere che l’intera operazione è solo una triste montatura con finalità elettorali (le elezioni comunali sono vicine) e che, come tale, non meriterebbe alcun commento».
Sfumature al centro
Ben più sfumate, invece, le posizioni prese al centro dello scacchiere politico. Anche per il presidente del Centro, Fiorenzo Dadò, autore dell’interpellanza che ha scoperchiato il caso, «il tema della sospensione si pone ed è molto serio». Tuttavia, aggiunge, «non spetta a noi granconsiglieri tematizzarlo, bensì al Consiglio di Stato, il quale è chiamato a fare le sue valutazioni per il bene delle istituzioni, polizia e magistratura in primis».
A questo punto, facciamo notare, è certo che il 15 aprile, giorno della seduta in Gran Consiglio in cui il Governo avrebbe dovuto rispondere alle domande di Dadò, in realtà le risposte non arriveranno. E questo perché, come vedremo, con l’apertura del procedimento penale, il Governo prima di rispondere lascerà che la Giustizia faccia il suo corso. «Non è che io abbia fretta di ricevere le risposte», spiega a tal proposito Dadò. «Ma la fretta in questo caso si impone perché il danno alle istituzioni e alla polizia è già stato fatto ed è enorme. Si è permesso che circolassero queste voci invece di fare chiarezza sin da subito sull’accaduto. Quindi a questo punto non si può più attendere dei mesi per dare delle risposte ai cittadini». E, aggiunge Dadò, «anche la Magistratura dovrà fare i suoi accertamenti su eventuali responsabilità sull’intera linea di comando all’interno della Polizia, dalla più piccola alla più grande. Perché se ci dovessero essere delle mele marce vanno identificate tutte, dal basso fino alla cima, e tolte dalla cesta prima che intacchino quelle sane».
Anche per il PLR, in questo contesto, esprimersi sull’eventuale passo indietro di Gobbi spetta al Governo. «Prima di tutto riteniamo che vada fatta assoluta chiarezza e assicurata la massima trasparenza», premette la capogruppo Alessandra Gianella. «Detto ciò, visto che è stato aperto un procedimento penale, da parte nostra riteniamo spetti al Consiglio di Stato valutare cosa sia opportuno fare». Sulla stessa linea, anche l’UDC. «La premessa - spiega il presidente cantonale Piero Marchesi - è che oggi la Magistratura ha aperto un incarto ed è una buona cosa, poiché tutela le istituzioni e la persona interessata e permetterà di far chiarezza». Anche per l’UDC, aggiunge Marchesi, in questo contesto «dovrebbe essere il Consiglio di Stato a prendere una decisione».
La posizione del Governo
Consiglio di Stato che, pur non rispondendo alle nostre domande dirette sul caso, ha deciso di esprimersi a metà pomeriggio con una brevissima nota stampa, nella quale dell’ipotesi di un passo indietro non si fa menzione.
«Il consiglio di Stato ha preso atto dell’apertura del procedimento penale a carico di un agente della Polizia cantonale e contro ignoti, in relazione all’incidente che ha visto coinvolto il Consigliere di Stato Norman Gobbi», è la premessa del comunicato stampa. «In attesa di conoscere l’esito degli accertamenti penali in corso, gli atti parlamentari pendenti rimangono sospesi», spiega poi il Governo. Nella prossima seduta di Gran Consiglio, dunque, le risposte del Governo alle interpellanze del Centro e dell’MPS (a meno che il procedimento penale finisca in tempi record) non giungeranno. Il Consiglio di Stato ha infine fatto sapere che «proseguirà i suoi approfondimenti» e soprattutto che «aprirà, nei confronti del collaboratore (ndr. l’agente di polizia), un’inchiesta disciplinare».