Mendrisiotto

Caso Caruso: gli studenti aprono il libro

I ragazzi che si battono per il professor Roberto Caruso presentano la loro versione dei fatti e ne hanno un po’ per tutti – Dal loro racconto emerge l’immagine di una scuola (il CPT) in cui il docente licenziato era l’unico «punto di riferimento»
©CdT/Chiara Zocchetti
Lidia Travaini
29.10.2024 14:24

Ogni storia ha almeno due versioni. Questa è quella di un gruppo di studenti del Centro Professionale Tecnico (CPT) di Mendrisio (o SPAI). E loro ne hanno un po’ per tutti: la direzione della loro scuola, alcuni docenti, il DECS, su tutti.

Ma andiamo con ordine. La storia a cui ci riferiamo è quella che vede coinvolto il professor Roberto Caruso, licenziato lo scorso giugno e che da allora sta lottando per poter tornare in cattedra. Finora invano. A convocare la stampa oggi è stato un gruppo di studenti (ed ex studenti). Quelli che siedono al tavolo degli oratori sono 3, spiegano tuttavia di rappresentare 150-200 allievi (sugli 800 circa totale del CPT). Quella che vogliono raccontare è «la nostra versione dei fatti», premettono. La «parte» con cui si sono schierati è decisamente quella del professor Caruso, che li osserva con attenzione dall’ultima fila della platea. Il loro obiettivo? «Rivendicare una scuola degna di questo nome e rivendicare Caruso come esempio di eccellenza», annuncia Luka S.

Tensione e cellulari

La loro versione non si limita però al professore sollevato dall’incarico. Parlando scoperchiano una sorta di vaso di Pandora. Il CPT che raccontano è una scuola in cui aleggia un clima di tensione, una scuola che non li prepara adeguatamente – «Sono all’ultimo anno e sono molto preoccupato per la nostra preparazione agli esami», ha spiegato Alex B. –, un istituto in cui ci sono professori che giocano con il telefonino durante le lezioni e si esprimono in modo volgare, lasciandosi anche sfuggire offese agli allievi. Un istituto in cui il vicedirettore è stato sollevato dal proprio incarico ed è al centro di un’inchiesta amministrativa, proprio per il suo comportamento. Ma anche una scuola in cui fino allo scorso anno emergeva la figura di Caruso: «I problemi al CPT ci sono sempre stati, ma prima ci aiutava lui a risolverli», così Luca G., il terzo studente al tavolo degli oratori. I cognomi mancano perché «abbiamo paura», ci spiegano a microfoni spenti. E la paura è un sentimento a cui si è accennato più volte. «L’anno scolastico è iniziato da poco, ma l’assenza di Caruso si fa sentire molto. Lui è l’unico che ha sempre fornito supporto, anche umano. Il suo impegno andava oltre la docenza», così ancora Alex B.. «Siamo stati accusati di essere stati manipolati dal professor Caruso, ma queste sono affermazioni ingiuste e offensive», ha aggiunto Luca G..

Poche risposte

La disdetta del contratto di lavoro con Caruso ora è sul tavolo del Tribunale amministrativo cantonale. Il professore si è infatti opposto al licenziamento avallato dal Consiglio di Stato. Parallela alla «lotta» di Caruso, c’è la battaglia degli studenti: «Continueremo a lottare», hanno assicurato. Una delle ultime tappe della loro battaglia si è svolta a Bellinzona, dove il 13 settembre hanno incontrato la direttrice del DECS Marina Carobbio e alcuni suoi collaboratori. Un incontro che però ha lasciato in loro un sentimento di incompiuto, nonché un po’ di rabbia. «Abbiamo notato freddezza nei nostri interlocutori, l’incontro ci è sembrato più formale che sostanziale», ha spiegato Luca G., aggiungendo che la consigliera di Stato ha subito premesso di non poter parlare della vicenda di Caruso, visto che la procedura è ancora in corso. «Quel giorno abbiamo chiesto due cose: maggiore trasparenza e azioni concrete da parte delle autorità scolastiche, per farci passare l’anno», ha detto Alex B. All’incontro non ha però fatto seguito ciò che speravano: «12 giorni dopo ci è stato mandato un verbale con errori e imprecisioni. Abbiamo chiesto di modificarlo ma nessuno ci ha più fatto sapere nulla fino al 18 ottobre».

L’ultima comunicazione con il DECS risale a ieri mattina, dopo l’ennesima email degli studenti: «Ci hanno detto che non ci siamo rivolti alle persone di riferimento interne alla scuola per affrontare il nostro malessere. Noi gli abbiamo prontamente risposto che quel percorso lo avevamo già intrapreso l’anno scorso e che la fiducia va ricostruita».

E ora? Gli studenti non si vogliono arrendere: non perdono la speranza sul reintegro di Caruso, confidando che l’aver esposto la loro versione possa aiutare la causa, e continueranno a lottare per una scuola degna di questo nome, concludono: «Ci battiamo per lui perché lui si è battuto per noi e per il bene della scuola».

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