Politica

Cassa pensioni dello Stato, tutti d'accordo

Sì a larga maggioranza del Gran Consiglio al «maxi» anticipo da 700 milioni per risanare in parte l’Istituto di previdenza del Cantone
©Chiara Zocchetti

Qualcuno l’ha definita «l’operazione finanziaria più importante del decennio». Altri hanno parlato di «atto irresponsabile». Altri ancora di «un compromesso vincente». Fatto sta che il Gran Consiglio ha approvato a grande maggioranza l’anticipo di 700 milioni per risanare (almeno in parte) la Cassa pensioni dello Stato. La cosiddetta «operazione a costo zero» che servirà ad arginare il buco finanziario creatosi dopo la riforma del 2012, può dunque cominciare. Anche se, va detto, il «capitolo» sul risanamento della Cassa pensioni è tutt’altro che chiuso.

Ma come siamo arrivati qui?

L’Istituto di previdenza del Canton Ticino (IPCT) naviga in difficili acquee da qualche anno. Nel 2012 il Parlamento diede il via libera alla riforma che prevedeva, tra varie misure, il passaggio dal primato delle prestazioni a quello dei contributi. Agli assicurati con più di 50 anni vennero date alcune garanzie. Il calcolo di quelle garanzie, con il passare degli anni (e l’abbassamento del tasso tecnico dal 3,5% all’1,5%) si è però rilevato sbagliato. O quantomeno troppo ottimista. La conseguenza? Un «buco» finanziario di circa 700 milioni, che lo Stato è chiamato a coprire. Dapprima, su proposta del Governo, si è discusso della possibilità di un contributo a fondo perso. Ma dopo la «minaccia» del referendum ventilato da Lega e UDC, la politica si è orientata su un’altra strada: quella di un anticipo dei contributi «a costo zero».

Che cosa prevede la manovra?

Concretamente, lo Stato emetterà sul mercato finanziario 700 milioni in obbligazioni. I soldi ricavati saranno dati in gestione all’IPCT che potrà a sua volta farli fruttare sui mercati. E così facendo andrà a coprire il buco creatosi dal 2012 a oggi. Insomma, secondo il progetto elaborato dalla Sottocommissione finanze e poi avallato da Gestione e Parlamento, l’operazione non avrà un impatto sui conti dello Stato e non comporterà costi per i contribuenti. E questo perché sostanzialmente lo Stato anticipa dei contributi pensionistici che avrebbe comunque dovuto versare in futuro all’IPCT.

Il compromesso

I primi a prendere parola in aula sono stati i sei relatori del rapporto commissionale, i quali hanno sottolineato il grande lavoro svolto per giungere a un compromesso accettabile per tutti i partiti (Lega, PLR, PPD, PS, UDC e Verdi).

È un buon compromesso che evita di chiedere sacrifici ai contribuenti
Sergio Morisoli, capogruppo UDC

«Si tratta di una soluzione innovativa che va a tutelare l’interesse degli assicurati e dei contribuenti», a cui si è giunti dopo un lungo «cantiere condiviso», ha spiegato il coordinatore della Sottocommissione finanze Michele Guerra (Lega). Anche la capogruppo del PLR Alessandra Gianella si è rallegrata della soluzione trovata «per uno dei dossier più pesanti e controversi di questa legislatura». «Ma attenzione - ha ammonito -, l’incertezza di oggi tocca anche i mercati finanziari e dare certezze è molto difficile». In ogni caso, «ora bisogna andare fino in fondo per tappare un buco nato da una mancanza di attenzione per la sostenibilità finanziaria». Sulla stessa linea anche il presidente del PPD Fiorenzo Dadò, il quale ha posto l’accento sul fatto che questa soluzione «non avrà ripercussioni sulla gestione corrente e sugli attuali dipendenti pubblici». Anche se, ha aggiunto, «il dossier è tutt’altro che chiuso»: «Ci sono delle storture, ossia dei privilegi ingiustificati, che devono ancora pagare gli attuali dipendenti». Più prudente è stato il capogruppo del PS Ivo Durisch: «Questa soluzione non risanerà definitivamente l’IPCT», ha avvertito. «Il termine più corretto è rifinanzierà. E in ogni caso, non è senza costi per lo Stato poiché trasferisce il rischio derivante dalle operazioni finanziarie agli assicurati e al datore di lavoro. Cioè al Cantone». Molto soddisfatta, invece, l’UDC, il cui capogruppo Sergio Morisoli (a nome del relatore Paolo Pamini, ieri assente) ha definito l’accordo «un buon compromesso che evita di chiedere sacrifici ai contribuenti». Molto più critici, invece, MPS e PC (i due soli partiti contrari all’intesa), che hanno definito la soluzione problematica, evidenziando i rischi di investire tale somma in borsa.

Il punto di rottura

Ma se la soluzione dell’anticipo da 700 milioni ha trovato concorde praticamente tutto l’emiciclo (69 favorevoli, 5 contrari e un astenuto), va detto che ora si aprirà sin da subito un nuovo dibattito sull’altra conseguenza dell’abbassamento del tasso tecnico. Presto, l’IPCT dovrà infatti rivedere al ribasso il tasso di conversione, ossia l’aliquota con cui viene convertito il capitale di risparmio in una rendita annua garantita a vita. Altrimenti detto: presto le pensioni dei futuri pensionati dello Stato potrebbero essere ridotte. E su questo punto, anche il direttore del DFE Christian Vitta è stato chiaro: «Oggi stiamo affrontando solo la prima parte del problema emerso nel 2013. Anche la questione delle misure di compensazione (ndr. per l’abbassamento del tasso di conversione) andrà affrontata». E proprio su queste compensazioni , la battaglia politica tra destra e sinistra è già iniziata. Il capogruppo della Lega Boris Bignasca ha già detto in aula, chiaro e tondo, che il suo partito non intende mettere altri soldi a disposizione della Cassa pensioni. Per Dadò, invece, «andrebbe tolta l’anacronistica possibilità di andare in prepensionamento prima dei 60 anni». Di parere diametralmente opposto Durisch, secondo cui «serviranno misure di accompagnamento, prese a carico pariteticamente dagli assicurati attivi e dal datore di lavoro».

Insomma, chiuso un cantiere per coprire un buco, presto se ne aprirà un altro.