I precedenti

Cevio, una storia di morti e distruzione

Il paese si trova alla confluenza dei fiumi Maggia e Rovana e in passato è stato purtroppo spesso al centro di tragedie - Nel 1648 persero la vita 52 persone, poi i disastri del 1868, 1924 e 1978
© CdT/Chiara Zocchetti
Alan Del Don
30.06.2024 12:01

Non è la prima volta, purtroppo, che la furia della natura si scatena in particolare su Cevio. Capoluogo del circolo della Rovana, situato alla confluenza dei fiumi Maggia e Rovana, in passato ha dovuto spesso far fronte alle bizze di Giove pluvio che non solo hanno provocato danni ingenti ma anche morte. L’alluvione del 1648 costò la vita a 52 persone, con la Maggia impetuosa che raggiunse la piazza seminando distruzione in paese. La tragedia ebbe quale logica conseguenza la consapevolezza di dover intervenire – a livello di arginature – per evitare che un simile dramma potesse ripetersi. Come si ricorda sul sito Internet del Comune, tuttavia, buona parte delle opere sono state eseguite dopo il 1853, «anno in cui fu promulgata la prima legge cantonale sulle arginature di fiumi e torrenti e stanziato un cospicuo sussidio dall’erario pubblico per la creazione di opere solide e durature. Opere che a Cevio furono portate a termine dopo la rovinosa alluvione del 1868, che ne devastò tutta la campagna. Altri manufatti sono stati messi in cantiere in tempi più recenti, per esempio gli speroni che proteggono il ponte di Visletto e altri consolidamenti a difesa del villaggio, resisi necessari dopo le disastrose alluvioni del 1924 e del 1978».

Il ponte crollato

Il ponte di Visletto, appunto. Testimonianza dell’ingegneria industriale dei primi anni del Novecento, è stato completamente risanato. Dismesso nel 1965, quando la ferrovia della Vallemaggia è stata sostituita dagli autopostali, era stato rivalorizzato nel 2021 grazie ad un restyling conservativo e creando nel contempo un tratto di pista ciclopedonale. Fino a ieri sera, quando il manufatto è crollato in piena notte, fra la 1.30 e le 3, spazzato via dalle forti piogge che hanno colpito, messo in ginocchio ed isolato l’alta Vallemaggia.

Gli argini dell'Ottocento

Gli argini ottocenteschi, a Cevio, si snodano per oltre 1,6 chilometri. Ulteriori 600 metri, si specifica, sono costituiti da ripari di altra natura, tra i quali sono di particolare interesse «quelli detti «a pennello»: formati da pietre lavorate e collocate verticalmente o a coltello, essi entrano nell’alveo perpendicolarmente alla direzione del fiume. In questo modo attenuano la forza della corrente e ne limitano l’azione erosiva sulla riva durante le piene. Hanno la stessa funzione di rottura anche le cosiddette tartarughe (il nome originale è «Steinmänner»), tre piramidi allineate nell’alveo del fiume circa 400 metri a monte del ponte di Visletto. Realizzate nel 1927, sono un esempio unico in Vallemaggia». In conclusione, a fine Ottocento, con l’obiettivo di dar vita ad un’ulteriore protezione, ecco i numerosi pini che dividono l’abitato dal corso della Maggia.

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