Morbio Inferiore

Com'era, com'è e come sarà (forse) il Serfontana

Rinnovato e inaugurato l’ultimo piano del centro commerciale: prossimamente toccherà al primo – Mezzo secolo fa la sua apertura fu il simbolo di un mondo nuovo – Futuro con meno shopping e più esperienze?
© CdT/Chiara Zocchetti

I parcheggi sono in larga parte occupati. All’esterno si capisce chiaramente che vi sia un cantiere in corso. L’entrata – delineata da pannelli – lo fa intendere altrettanto chiaramente. Una volta all’interno, a colpo d’occhio, si percepisce subito il vento del cambiamento. Verrebbe da dire che si scorgono due mondi: quello passato e quello futuro. Stiamo parlando del Centro shopping Serfontana a Morbio Inferiore che oggi ha tolto i primi veli agli spazi sinora rinnovati.

In questi giorni, come detto, chi frequenta il centro commerciale può davvero osservare due mondi. Al già citato piano terreno – questa mattina – c’era poca gente. All’entrata del The Body Shop è esposto un cartello: «Liquidazione», sconti dal 30 al 50%. Al C&A le serrande sono sì alzate, ma solo a metà. Anche in questo caso c’è un cartello: «Il negozio rimarrà temporaneamente chiuso per problemi tecnici». Al Douglas, in fondo nell’angolo, invece si sorride: due commesse ridono mentre parlano con una cliente. Il Serfontana, nel mezzo, è solo parzialmente accessibile. Il bar sforna caffè, la clientela non manca. Un limbo, se vogliamo. Per certi versi il preludio a cosa ci aspetta al piano superiore. È quello rinnovato: oggi hanno tolto i veli. Palloncini, pop corn, spazi luminosi. E davvero tanta gente. Il personale, alle entrate rinnovate, distribuisce ovetti di cioccolata: manca sempre meno a Pasqua.

Quella di oggi, d’altronde, era la giornata d’inaugurazione dell’ultimo piano e di quello terrazzato (chi fosse abituato a parcheggiare sul tetto troverà ora le entrate decisamente rinnovate). Denner, Migros, il chiosco, l’enoteca e chi più ne ha più ne metta. Tante persone hanno deciso di «curiosare», di vedere cos’è cambiato. E, va da sé, di fare la spesa. Gli spazi del gigante arancione – e il vicino Take Away – pullulano di gente. Sicuramente un bel segnale per chi ha deciso di rinnovare il Serfontana, il primo centro commerciale della Svizzera italiana. Era infatti il 1974 quando venne inaugurato. «Mi ricordo ancora il buco in mezzo, la fontana e la piscina» ci racconta un evidente habitué il quale dà un parere positivo ai lavori svolti sinora: «Ci voleva un po’ di rinnovamento».

Un po’ di storia

Sembravano, a quel tempo, delle astronavi venute dallo Spazio. Contenevano e offrivano a tutti un mondo nuovo: prodotti, emozioni, stili di vita. L’alba dei centri commerciali, nel Mendrisiotto, è sorta nei primi anni Settanta con la costruzione del Serfontana e dello Shopping Center di Balerna. Un servizio di Silvano Toppi per la RSI intitolato La febbre dello shopping racconta di un territorio eccitato e allo stesso tempo spaventato da quella novità. «C’era un clima di attesa e perplessità» ricorda il collega, da noi raggiunto. «Da un lato, probabilmente infagottate dalla solita idea forte che viene dagli Stati Uniti, le persone vedevano il cambiamento come positivo, avendo la possibilità di acquistare prodotti a buon mercato grazie a una riduzione delle spese di commercializzazione. Poi in quegli anni c’era un clima particolare: il potere d’acquisto era forte, tutti si sentivano in dovere di spendere e quelle "cattedrali" erano un luogo ideale per farlo. Stava nascendo la società dei consumi». Non mancava, come detto, qualche timore. «Si pensava, ad esempio, cosa sarebbe potuto succedere con la logica del potersi servire da soli, di cui qualche cliente poteva approfittare per delle ruberie. Un altro motivo di preoccupazione – osserva sempre Toppi – era l’impatto sui piccoli commerci. L’economia di prossimità, con il rapporto umano che creava, era a rischio. Nel suo complesso, comunque, l’idea dei centri commerciali era vincente, anche perché favorita da due fattori: l’urbanizzazione, che portava ad avere una concentrazione di consumatori in determinati luoghi, e un aumento rilevante della motorizzazione».

Di acqua sotto i ponti ne è passa tanta, come di macchine in autostrada. Con un mercato profondamente trasformato e con l’avvento del digitale, i centri commerciali sono chiamati a ripensarsi. Passiamo così dai cinquant’anni passati a quelli che devono ancora passare. Come cambieranno le astronavi? Un’analisi di Confimprese – la Disti italiana, se vogliamo – parte dal presupposto che «l’eccesso di offerta di prodotti e il consolidamento dell’e-commerce stanno riducendo i margini di profitto, mentre i clienti richiedono in modo incessante esperienze uniche e personalizzate». «Lo scenario attuale – prosegue l’associazione – potrebbe far pensare che i centri commerciali siano destinati all’estinzione, ma non è così. In futuro saranno spazi meno dedicati allo shopping vero e proprio, però offriranno sempre di più le esperienze che i consumatori ricercano e non riescono a vivere con i propri smartphone: siamo alle porte del cosiddetto retailtainment».

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