Il caso

«Conte e cavaliere di Malta? No, camaleonte della truffa»

A processo un cittadino italiano che avrebbe raggirato nove investitori affermando di essere in procinto di rilevare lo scalo di Lugano e di avere titoli nobiliari - Il maltolto ammonta a oltre 4 milioni - L’accusa ha chiesto 7 anni e 10 mesi di carcere - Per la difesa, alla vittime sarebbero bastati alcuni semplici controlli per accorgersi dell’inghippo
©Gabriele Putzu
Nico Nonella
26.09.2024 18:40

«Si presentava come un esperto in finanza, come un conte e addirittura come un cavaliere di Malta. Ma l’imputato altro non è che un camaleonte della truffa». La procuratrice pubblica Francesca Nicora ne è convinta: l’unica cosa vera, tra le mille bugie raccontate, era l’interesse per la gestione di Lugano Airport. Tutto il resto era un «palazzo di menzogne» da lui usato per ottenere la fiducia delle (presunte) vittime. Ora, va detto che al concorso per la gestione dello scalo luganese, l’uomo a processo da questa mattina alle Assise criminali con le accuse di truffa aggravata amministrazione infedele, falsità in documenti e riciclaggio ci aveva anche partecipato, ma era stato escluso subito. Come se non bastasse, sarebbe stato in procinto rilevare anche un altro aeroporto – quello di Pisticci, in provincia di Matera – e sarebbe stato partecipe del rilancio di San Bernardino. E, dulcis in fundo, avrebbe voluto costruire venti ospedali in Paesi in via di sviluppo.

Per la pubblica accusa, lo scopo di queste menzogne era carpire la fiducia delle persone – nove, perlopiù cittadini italiani – che tra fine dicembre 2019 e metà gennaio 2023 gli avevano affidato ingenti cifre con la promessa di investimenti, anche nel settore dell’oro, con rendimenti tra l’8 e il 24%. Investimenti, però, mai effettuati. In totale, l’imputato – un 58.enne italiano residente nel Luganese arrivato in Ticino nel 2019 – avrebbe messo le mani su oltre 4 milioni di franchi usati per scopi personali o per coprire le spese della sua società, a cui si aggiunge un credito COVID da mezzo milione ottenuto gonfiando la propria cifra d’affari. A proposito: è proprio una segnalazione anonima sull’ottenimento di questo credito ad aver dato avvio alle indagini. Il 58.enne, come anticipato dal CdT, era stato arrestato il 17 gennaio dello scorso anno (da allora si trova in carcere, ndr).

Maltese? «No, templare»

Per carpire la fiducia delle future vittime, l’uomo si sarebbe anche finto un benefattore, tanto da creare un’associazione, la «Sovereign Order Hospitallers of Saint John of Jerusalem, Knights of Malta O.S.J.», con importanti assonanze con l’Ordine dei Cavalieri di Malta. Con tanto di totem e logo all’entrata del palazzo di via Cantonale che ospitava la sua società, la H24. Come confermatoci dall’Associazione svizzera dell’Ordine di Malta (quella vera), però, tale logo non era autorizzato. Interrogato dal presidente della Corte, il giudice Amos Pagnamenta, l’imputato – difeso dall’avvocato Massimiliano Parli – ha parzialmente ammesso quanto accaduto, ma ha respinto le accuse di truffa. In sostanza, ha affermato di aver sottoscritto con le vittime (costituitesi accusatori privati) degli accordi per condividere i proventi dei vari investimenti, che non erano però andati a buon fine, ma di aver usato il denaro per fini personali. Quanto ai all’associazione ispirata ai Cavalieri di Malta, l’imputato ha dichiarato di non essersi mai presentato come «Priore» dell’Ordine e che la stessa associazione fosse in realtà legata ai Templari.

«Si è adattato alle vittime»

«L’imputato è un camaleonte, ogni volta costruiva un personaggio che si adattava al profilo delle sue vittime», ha argomentato la procuratrice pubblica nella sua requisitoria. In un caso, infatti, si sarebbe appunto finto cavaliere di Malta con un appassionato della storia dell’Ordine, il quale nel 2020 gli aveva versato ben 900 mila franchi (per finire, gli darà ben 2 milioni). E ancora: all’agente di un noto «tiktoker» italiano si sarebbe presentato come un grande benefattore che aveva ottenuto una concessione per estrarre l’oro in Africa. Anche in questo caso ottenendo ingenti somme. «Per aumentare la sua credibilità, l’imputato aveva preso in affitto tutti e cinque i piani del palazzo in via Cantonale, con tanto di caveau e nel quale operavano alcuni dipendenti. Peccato che non sapessero che cosa stavano facendo». Oltre a ciò, ha proseguito Nicora, «millantava di voler costituire una scuderia di Formula 1 e di avere titoli nobiliari», legati a due Stati non riconosciti da alcun Paese al mondo: il sedicente principato del Sealand e l’altrettanto sedicente Regno dei Santi Pietro e Paolo. Per la procuratrice pubblica, come detto, non ci sono dubbi: l’imputato è «un abilissimo affabulatore», che ha costruito un vero e proprio «palazzo di bugie» per «finanziare il suo costoso stile di vita». Per questo, la magistrata ha chiesto una condanna a 7 anni e 10 mesi di carcere, oltre all’espulsione per 8 anni. «Attenuanti? Non ce ne sono. Non ha collaborato e ha fornito solo spiegazioni astruse».

«Bastava verificare...»

Il difensore del 58.enne ha dal canto suo affermato che sì, il suo assistito ha sbagliato, ma giuridicamente non c’è stata truffa. Perché? «Bastava fare qualche controllo». «Il mio cliente aveva investito nell’estrazione dell’oro in Africa nella speranza di coprire i buchi, ma non ha funzionato. Certo, il business è stato affrontato male visto che non aveva né l’organizzazione, né la struttura né la competenza per muoversi nell’ambito del mercato aureo». Quanto all’accusa principale, ha affermato Parli, la giurisprudenza richiede l’esistenza di un inganno astuto: «Non si può parlare di truffa in presenza di una semplice falsa informazione facilmente verificabile». I rendimenti prospettati, per esempio, «non erano plausibili». E «sarebbe bastato un semplice controllo per capire che H24 non era una banca». Le «sparate» sui progetti in cui era coinvolto? «Il mio cliente le nega, ma se avesse affermato quelle cose è evidente che erano inverosimili. I campanelli d’allarme c’erano. Anzi, erano delle sirene...» Il credito COVID? «La cifra d’affari era inverosimile, la banca avrebbe dovuto insospettirsi». E per quanto riguarda l’associazione che richiama i Cavalieri di Malta? «L’ha creata forse in maniera confusa perché credeva in quell’Ordine e nei suoi valori. Nulla di più», ha detto Parli chiedendo il proscioglimento del suo assistito dalle accuse di truffa aggravata, falsità in documenti e riciclaggio e una condanna a massimo 3 anni di carcere parzialmente sospesi.

La sentenza verrà pronunciata domani pomeriggio.

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