Paradiso

Dal picchetto sindacale all’aula penale

Si è aperto il dibattimento in Pretura per la protesta organizzata da UNIA il 25 ottobre 2021 di fronte ai cancelli dei magazzini comunali – Tre sindacalisti erano stati raggiunti da decreti di accusa per coazione, che avevano contestato
© CdT/Gabriele Putzu
Nico Nonella
21.11.2024 12:38

Azione sindacale necessaria oppure atto penalmente rilevante? È la questione di fondo alla quale dovrà rispondere il giudice della Pretura penale Flavio Biaggi. Al centro del dibattimento apertosi questa mattina a Bellinzona c’è il «picchetto» del sindacato UNIA organizzato il mattino del 25 ottobre 2021 davanti ai cancelli dei magazzini comunali di Paradiso, ubicati a Pambio Noranco. Un’astensione dal lavoro – della durata di circa 5 ore – organizzata per contestare condizioni contrattuali e ambientali ritenute difficili. Sullo sfondo anche la disapprovazione per il licenziamento di un operaio comunale e l’utilizzo di contratti di lavoro a tempo determinato con alcuni dipendenti. Per il Municipio di Paradiso – per bocca del sindaco Ettore Vismara – quanto messo in scena quella mattina era sproporzionato e non necessario. A tal punto che l’Esecutivo ha deciso di sporgere denuncia. Denuncia sfociata in tre decreti d’accusa emanati il 17 febbraio 2023 dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri. Il magistrato contestava l’accusa di coazione consumata e tentata nei confronti del segretario regionale di UNIA Ticino Giangiorgio Gargantini, il responsabile per il Sottoceneri Vincenzo Cicero e il sindacalista Matteo Poretti. Una condanna a 20 aliquote giornaliere, sospese per un periodo di prova di due anni, che tutti e tre, rappresentati dall’avvocato Davide Ceroni, hanno contestato.

I decreti d'accusa

Secondo il procuratore pubblico il 25 ottobre del 2021 hanno bloccato l’accesso al magazzino comunale frapponendo tre veicoli tra il cancello del sedime e la strada adiacente «impedendo in tal modo – si legge nei tre decreti d’accusa – o comunque rendendolo più difficile, l’entrata e l’uscita dallo stesso dei dipendenti comunali (una ventina quelli presenti) e, soprattutto, dei mezzi di trasporto del Comune». Il tutto «inducendo numerosi dipendenti comunali all’astensione dall’attività lavorativa» e, così facendo, «minacciando de facto l’interruzione a tempo indeterminato dell’erogazione dei pubblici servizi a cui è astretto il Comune di Paradiso». Secondo il procuratore pubblico – che si rifà ad alcune e-mail inviate dal sindacato all’Esecutivo – i tre sindacalisti hanno inoltre «tentato di costringere, indistintamente, tutti i membri del Municipio del Comune di Paradiso a fornire a UNIA un ‘segnale chiaro’ di intenzione, da parte loro, a programmare un incontro urgente fra il sindacato e il Municipio». Ruggeri, nello stilare i decreti d’accusa, segnalava inoltre che con quest’azione sindacale contro un'ente pubblico il sindaco Vismara è stato «costretto a recarsi» ai magazzini comunali «onde sbloccare la situazione e garantire l’operatività del Comune e la riattivazione dell’erogazione dei pubblici servizi a cui questi è chiamato».

Il dibattimento

Durante l’interrogatorio, i tre sindacalisti hanno spiegato la loro versione dei fatti. All’invito della polizia di spostare le tre automobili, Gargantini ha replicato che le stesse sarebbero state mantenute lì «per una presenza simbolica che dava un senso di responsabilità alla nostra azione». Un modus operandi classico per le azioni sindacali: «Questo schema di intervento è già stato messo in atto in passato per casi simili, e senza conseguenze legali», ha affermato il segretario regionale di UNIA, cui hanno fatto eco Poretti e Cicero. Il quale ha aggiunto: «Il sindaco Vismara non ci ha mai chiesto di spostare le auto. Con lui c’è stato un colloquio di rito per trovare un punto di incontro». Sollecitato dall’avvocato Edy Salmina (patrocinatore di Vismara e del Municipio di Paradiso), Gargantini ha ammesso che le azioni sindacali analoghe, in passato, non hanno riguardato un’amministrazione pubblica ma solo ditte private. Ma come si è arrivati a questa tensione? «Il Municipio non ha mostrato disponibilità al dialogo», ha affermato Cicero.

I testimoni

In aula sono anche stati chiamati due testimoni: un dipendente comunale, presente al momento dei fatti. «I sindacalisti ci hanno detto che quel giorno ci si asteneva dal lavoro. Tra di noi c’era solo una persona che temeva ripercussioni, ma poi ha capito», ha affermato. «Le autovetture, poi, non impedivano l’accesso a piedi. Anzi, un camion che doveva scaricare materiale è stato lasciato entrare». Quanto all’intervento del sindaco, il testimone ha ricordato che «era arrivato in macchina dall’ altra parte della strada. Sbraitava, chiedendo a chi voleva lavorare di raggiungerlo. Nessuno si è mosso e il sindaco è andato via. In seguito è ritornato ma anche in quell’occasione non è rimasto molto tempo». Una versione sostanzialmente confermata anche dal secondo testimone, pure dipendente comunale di Paradiso. Insomma, a loro dire l’azione sindacale è stata condivisa dai lavoratori e a nessuno è stato impedito di entrare nel magazzino.

Accusatore privato e difesa

«La domanda di fondo non è se lo sciopero fosse lecito, ma solo se quel mattino sia stato commesso o meno un reato», ha argomentato Salmina (il pp Ruggeri non era presente al dibattimento). A suo dire, la porta del Municipio di Paradiso era aperta ai sindacati. «Le parti stavano già dialogando e il Comune ha proposto più incontri. Per annullare un licenziamento (cosa che il Governo aveva fatto accogliendo il ricorso dell'operaio allontanato, ndr) basta la giustizia e non è necessario bloccare i cancelli. I temi di UNIA, poi, non sono mai stati snobbati dal Municipio». Insomma, «il picchetto sindacale non era necessario e il tema sembrava essere diventato il sindacato stesso, contrapposto a un Esecutivo che non gli darebbe mai ragione». Quel giorno, «l'accesso è stato bloccato impedendo l'attività lavorativa. È stata un’azione sproporzionata», ha concluso Salmina nel chiedere la conferma integrale dell'atto d'accusa. 

«Da incredulità a stupore. Questo è quello che ho provato al momento di ricevere gli atti d’accusa«, ha dal canto suo affermato Ceroni nella sua arringa. Il legale ha contestato l'atto d'accusa («È tutto sbagliato») e la qualifica giuridica del reato imputato ai suoi assistiti: «Coazione implica il ricorso mezzi analoghi alla violenza fisica. Non è stato così: chiunque poteva entrare e uscire liberamente. Lo hanno detto gli imputati e i testimoni e lo si vede da un video girato sul posto. A questo proposito, non va dimenticato che le registrazioni della videosorveglianza sono state cancellate a inizio dicembre 2021. Lascio a voi ragionare su questo aspetto...». Inoltre, ha proseguito Ceroni, «il sindaco non è stato costretto a presentarsi sul posto, è venuto di sua spontanea volontà». Il diritto alla libertà sindacale «è garantito dalla Costituzione», ha rammentato il legale, e anzi «giustifica certe azioni penali. E su questo, il Tribunale federale ha già bacchettato il Ticino, ricordando che lo Stato non deve rendere più difficile l'esercizio di questi diritti e anzi deve rimanere neutrale». In questo caso particolare, «lo sciopero era necessario visto che i le trattative tra UNIA e il Municipio erano di fatto ferme». Di qui la richiesta di proscioglimento per i suoi assisiti.

La sentenza verrà pronunciata nel pomeriggio.

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