Doppio omaggio al marmo negli stemmi della Montagna
Nella quarta puntata del nostro viaggio alla scoperta del significato degli stemmi dei Comuni (ed ex Comuni) del Mendrisiotto ci rechiamo in escursione sulla Montagna. Oggi ci concentreremo infatti ancora su Mendrisio (vedi CdT del 4 agosto), ma dedicandoci ai quartieri sulle pendici del San Giorgio.
Il marmo che non si vede
Li snoccioleremo in ordine alfabetico, partendo quindi da Arzo il cui stemma vuole omaggiare ciò che la località ha di più noto: le cave di marmo. La roccia pregiata non appare però apertamente sull’effige dell’ex Comune. L’arma è «di rosso, alla croce d’argento, carica in cuore sul tutto una cattedrale d’oro, chiusa e finestrata di nero», si descrive nell’«Armoriale dei Comuni ticinesi» di Gastone Cambin, prima di dettagliare: «La croce è contemporaneamente quella di Como e di Lugano. Il Duomo ricorda il contributo dato da Arzo a queste due città per l’erezione del loro maggiore tempio: fornì, infatti, il materiale per la costruzione del Duomo di Como, per i restauri della facciata del Broletto, della stessa città, nel 1435, e per una parte dei rilievi della facciata della cattedrale di Lugano».
Il mestiere antico
Il marmo è protagonista anche dello stemma di Besazio, dove, contrariamente all’arma di Arzo, fa anche bella mostra di sé. L’effige è «di rosso, al blocco di marmo caricato di una “B” in rilievo, il tutto d’argento, sormontato da un compasso d’oro, aperto», spiega l’Armoriale ricordando anche che il paese un tempo era legato a Riva San Vitale, da cui si staccò nel 1579. Riguardo allo stemma si aggiunge: «Ricorda la principale attività della popolazione, quella dello scalpellino, nelle cave di marmo di Besazio (un tipo di roccia, ndr). La tradizione popolare, ricordata dai vecchi, vuole che Besazio derivi dalle due parole: “Bel sass” (bella pietra)».
La Lega dei tre castelli
Saliamo metaforicamente verso Meride, il cui stemma presenta una caratteristica ritrovabile in altri vessilli del Mendrisiotto: raffigura un castello. L’arma è un «inquartato (uno scudo diviso in quattro parti, ndr) di rosso e d’argento: nel 1. e 2. la stella di otto punte dell’uno nell’altro; sul tutto, la fascia d’oro, carica di un castello d’azzurro aperto e finestrato del primo». Cambin spiega: «La composizione ricorda il vecchio castello, già Clerici, dell’anno 1400 circa. I tre castelli di Meride, Arzo e Tremona diedero luogo alla “Lega dei tre castelli” che, dice la leggenda, liberò la regione dai banditi di “Valporino”, distruggendo il loro paese. Del castello sito in posizione dominante (ora trasformato in chiesa di San Silvestro), si vedono ancora le solide vecchie mura. Gli elementi che compongono quest’arma si riferiscono inoltre alle famiglie Fossati e Oldelli, che ebbero uomini illustri, i quali, con le loro opere, onorarono il Paese in patria e all’estero».
L’omonima famiglia
Scendiamo quasi sul piano, per raggiungere Rancate dove lo stemma presenta degli elementi vegetali. Non si tratta però di un omaggio alla tradizione contadina, come per altre località momò. «Di rosso a tre trifogli gambuti d’oro 2, 1», è la descrizione contenuta nell’Armoriale. «È una brisura (l’alterazione di un’arma, ndr) dello stemma della famiglia Rancate (derivante da quella dei Torriani di Mendrisio), che godette diritti di cittadinanza a Rancate», così sempre Cambin.
I vigneti e l’uva
Il nostro viaggio odierno termina a Tremona dove lo stemma ripropone il tema vegetale. Questa volta però la tradizione agricola centra davvero. «Di rosso alla brenta d’argento, bordata, caricata d’uva fogliata, il tutto d’oro, sostenuto da tre monti di verde», è la descrizione dell’arma, che viene poi così decifrata: «L’arma deriva dal nome Tremona che, secondo l’opinione popolare, significa Tre monti: infatti l’abitato si trova in una conca, circondata da tre colline. La maggior caratteristica della zona è la ricchezza dei vigneti, principale fonte di guadagno della popolazione».