Riva San Vitale

Due anni sospesi ai due promotori della Residenza Rivabianca

Si tratta dell’ultimo addentellato della galassia processuale legata all’ex direttore della filiale luganese di WIR, che per questo cantiere era stato prosciolto – Condannati padre e figlio per truffa e appropriazione indebita ai danni della banca
©Gabriele Putzu
Federico Storni
13.01.2025 20:45

Si è definitivamente concluso il primo round di processi relativi al caso Adria Costruzioni/ Banca WIR, con la condanna a due (improvvisati) promotori immobiliari - padre e figlio - a due anni sospesi per truffa e appropriazione indebita. Il cantiere in questione a questo giro è quello della Residenza Rivabianca a Riva San Vitale, 17 appartamenti in gran parte non completati e andati all’asta lo scorso giugno: ad aggiudicarseli la stessa Banca WIR che figura come vittima, al pari a questo giro di tre persone che hanno immesso denaro per acquistare degli appartamenti. La determinazione dell’esatto ammontare dei risarcimenti è stato però demandato alla giustizia civile.

Il «cattivo pensiero a monte»

Pur con le specificità del caso, le accuse di fondo sono sempre quelle: aver taciuto alla banca di non avere i necessari mezzi propri per costruire (da cui l’ipotesi di truffa), e poi avere in parte destinato il denaro ottenuto a scopi estranei al cantiere (appropriazione indebita). Tecnicamente, l’accusa di truffa alla banca è caduta. Non perché la Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Marco Villa non abbia creduto che non ci sia stata, ma perché mancando un confronto tra i principali protagonisti gli è stato impossibile oltre ogni ragionevole dubbio stabilire di chi sia stata l’idea. D’altronde il presunto correo di padre e figlio - vale a dire l’ex direttore della filiale luganese di Banca WIR - era già stato assolto da questa fattispecie durante il processo principale lo scorso autunno. «Indipendentemente di chi fosse il cattivo pensiero a monte - ha però aggiunto Villa - gli atti mostrano in modo insindacabile che i soldi erogati dalla banca erano destinati a una finalità precisa: costruire Rivabianca». E una buona parte sono finiti altrove.

Padre e figlio - un 68.enne italiano residente oltre confine difeso dall’avvocata Alessia Angelinetta e un 41.enne italiano residente nel luganese difeso dagli avvocati Pascal Frischkopf e Benedetta Noli (solo quest’ultima ha preso la parola in aula) - sono comunque stati condannati per truffa, e cioè per avere ingannato le tre persone che intendevano acquistare appartamenti. Ciò «perché non hanno detto loro che non c’erano i mezzi propri, perché non tutti i soldi sono finiti sul cantiere, ma soprattutto perché - e la cosa infastidisce assai - malgrado Banca WIR avesse smesso di erogare denaro hanno successivamente fatto sottoscrivere loro dei diritti di compera, sottacendo la situazione semifallimentare» della loro società.

La procuratrice pubblica Chiara Borelli aveva chiesto per i due una condanna più severa, tre anni in parte da scontare: «Non hanno mai avuto la volontà di agire secondo i dettami del buon impresario costruttore, e i risultati sono lì da vedere». Le difese si erano invece battute per il proscioglimento, sostenendo che i due non avessero fatto altro che agire come indicato loro dalla banca.

La fine di una stagione

Come accennato, questa sentenza chiude una stagione di processi che si era aperta lo scorso giugno, almeno per quanto riguarda il primo grado di giudizio. È infatti certo che diverse parti della vicenda approderanno in Appello per una seconda opinione. Adiranno questa via in particolare l’ex direttore di Banca WIR, condannato a cinque anni e nove mesi e un’altra coppia di imprenditori padre e figlio - i titolari di Adria Costruzioni - condannati a cinque anni e tre mesi.

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