L'approfondimento

E se i turisti americani non visitassero più il Ticino?

L'incertezza legata ai dazi e alle politiche di Donald Trump potrebbe pesare, e non poco, sulle tasche dei cittadini USA – Ne parliamo con il direttore di Ticino Turismo Angelo Trotta
©Gabriele Putzu
Marcello Pelizzari
10.04.2025 12:00

C’è chi, scherzando, ha fatto un paragone con Karate Kid e il maestro Miyagi: «Dai la cera, togli la cera». Nello spazio di poco, pochissimo tempo il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha imposto e rimosso dazi. Il mondo dell’economia, in Ticino e in Svizzera, dopo l’inversione a U di ieri ha abbozzato un sorriso. E tirato un sospiro di sollievo. Il clima di incertezza, hanno sottolineato in coro i protagonisti sollecitati dal Corriere del Ticino, tuttavia rimane e, indubbiamente, preoccupa. C’è chi, come il Washington Post, ritiene che la Svizzera, fra gli altri, abbia avuto un ruolo determinante nel far cambiare idea al tycoon. Della serie: la telefonata di Karin Keller-Sutter, incentrata sull’importanza di Berna per l’economia a stelle e strisce, ha fatto centro. Resta, sullo sfondo, una questione inevasa: che ne sarà del turismo? Riformuliamo: il Ticino, nei prossimi mesi, sarà ancora battuto dai turisti americani? E quelli cinesi, come si comporteranno? Abbiamo girato queste e altre domande al direttore di Ticino Turismo Angelo Trotta.

I turisti made in USA? «Viaggiatori alto-spendenti»

«Gli Stati Uniti – esordisce il nostro interlocutore – a livello svizzero sono oramai il secondo mercato straniero in termini di importanza dopo la Germania». A livello ticinese, invece, l’America è il quarto mercato di riferimento, «con un volume di quasi 100 mila pernottamenti all’anno nel nostro cantone». Mica male. Non finisce qui. Il turista americano si contraddistingue «per un livello alto». Tradotto: in Ticino, quando arriva, «pernotta in alberghi a cinque stelle». Riassumendo, gli statunitensi sono viaggiatori alto-spendenti e amanti del lusso. Lo dimostrano, varcando il confine, i dati relativi al Lago di Como.

Diverso, per contro, il discorso legato alla Cina: «Per noi, ma anche per la Svizzera, i turisti cinesi sono meno centrali. La loro quota è inferiore all’1% per meno di 20 mila pernottamenti all’anno». Cifre, queste, strettamente correlate all’uscita, lenta, dalla pandemia da parte di Pechino ma anche – aggiunge Trotta – «al fatto che noi come Ticino Turismo non abbiamo mai voluto attaccare davvero quel mercato, a differenza di altre destinazioni in Svizzera come Lucerna. I motivi, nel nostro caso, sono molteplici: da una parte, non c’è una grande propensione da parte delle regioni e degli albergatori e, dall’altro, servirebbero risorse importanti».

È tutto molto volatile e molto turbolento, a partire dai dazi che un giorno ci sono e l’altro non ci sono. Quanto a Ticino Turismo, gli investimenti e le campagne hanno una pianificazione a lungo termine. D’altro canto, abbiamo pochi mezzi e dobbiamo sfruttarli nel migliore dei modi. Di conseguenza, le attività sul mercato americano per attirare turisti in Ticino per quest’anno sono già state pianificate mentre stiamo finalizzando quelle per il prossimo anno

Il Ticino e l'America

Queste, a grandi linee, sono le premesse. Che cosa suggerisce, per contro, la situazione attuale? Dazi, controdazi, incertezza e via discorrendo preoccupano Ticino Turismo? «Ne ho parlato con Martin Nydegger, direttore di Svizzera Turismo. Da parte mia, credo sia ancora presto per esprimersi. È tutto molto volatile e molto turbolento, a partire dai dazi che un giorno ci sono e l’altro non ci sono. Quanto a Ticino Turismo, gli investimenti e le campagne hanno una pianificazione a lungo termine. D’altro canto, abbiamo pochi mezzi e dobbiamo sfruttarli nel migliore dei modi. Di conseguenza, le attività sul mercato americano per attirare turisti in Ticino per quest’anno sono già state pianificate mentre stiamo finalizzando quelle per il prossimo anno. Ci riesce difficile, viste le dimensioni, adattarci sul breve». Il rapporto fra il nostro cantone e gli Stati Uniti, negli ultimi anni, è stato particolarmente intenso sul fronte pubblicitario: per ben due volte, fra il 2022 e il 2023, Ticino Turismo ha piazzato un proprio spot nientepopodimeno che fra le mille luci di Times Square a New York.

L'effetto Trump e la fiducia dei consumatori

Trotta, in ogni caso, si lancia in alcune previsioni o, se preferite, analisi: «Vediamo che in entrata, a livello turistico, gli Stati Uniti stanno registrando un calo importante. È vero che, per l’economia americana, il turismo non è così centrale ma i primi numeri indicano meno presenze di canadesi o, venendo all’Europa, di danesi». Quanto agli americani che, invece, prendono la via dell’Europa – ricordando che le compagnie aeree stanno iniziando a notare una flessione della domanda – il direttore di Ticino Turismo ammette: «Potrebbe esserci un calo, sì, anche se – come detto – ora come ora non possiamo dirlo». Un calo dalle radici differenti: «Un cittadino americano, considerando il momento, potrebbe avere determinate insicurezze. Mi riferisco alla cosiddetta fiducia dei consumatori. E poi c’è il potere d’acquisto: effettivamente, se l’incertezza dovesse perdurare, gli americani potrebbero avere meno mezzi per recarsi all’estero in vacanza». Uscendo dalla questione prettamente economica, Trotta spiega che alcuni americani, complici le politiche aggressive di Trump, basti pensare alla Groenlandia, temono di venire ostracizzati. Di qui la decisione: meglio starsene a casa. «Da noi, in Svizzera, questo aspetto è forse meno rilevante, ma potrebbero crearsi dinamiche simili a quelle che hanno coinvolto, nel mondo, i possessori di Tesla. Tanti americani hanno rinunciato a visitare la Danimarca perché, dicono, non si sentono più i benvenuti».