Piazza finanziaria

Ecco come venne stroncato il Far West delle fiduciarie

Il responsabile della vigilanza Michel Veronese lascia la funzione dopo 25 anni - La storia di un settore passato dal vuoto legislativo alla regolamentazione totale
Paolo Gianinazzi
03.10.2016 16:26

Più di un quarto di secolo passato a vigilare, quasi in solitaria, l’operato delle fiduciarie ticinesi. Una carriera che si intreccia con la storia di un ambito professionale toccato da un’evoluzione radicale: dalla quasi assenza di regole ad un quadro normativo federale articolato e complesso. Michel Veronese, responsabile della vigilanza sui fiduciari presso il Dipartimento delle istituzioni, lascia la funzione dopo 25 anni di servizio. Ripercorrere la sua carriera significa un po’ attraversare anche un pezzo di storia della piazza finanziaria luganese, i suoi punti di forza ed i suoi lati oscuri.

Michel Veronese ci mostra per iniziare una raccolta di vecchi articoli di giornale – tutti più o meno dello stesso tenore. «Buco miliardario a Lugano», «Buco da 40 milioni, tre persone arrestate», «Funambolismo finanziario, da Wall Street al tribunale», «Borse merci: voragine senza fine», «Fiduciario brucia i soldi dei suoi clienti», «Condannato a due anni il fiduciario pentito». Sono solo alcuni dei titoli che leggiamo passandoli in rassegna. Titoli che possiamo leggere ancora oggi, ma che, soprattutto negli anni Ottanta e Novanta, intasavano letteralmente le pagine di cronaca regionale. «Erano gli anni in cui tutti potevano improvvisarsi fiduciari, anche senza alcuna formazione specifica, ci dice Veronese, bastava essere dei bravi venditori, anche di solo fumo. Anni in cui l’afflusso di capitali esteri in Ticino era davvero notevole, contesto questo favorevole anche allo sviluppo, purtroppo incontrollato e per certi aspetti incontrollabile, di un settore parabancario inquinato da non pochi intermediari privi di scrupoli, prima ancora che di competenze. Non era infatti infrequente incontrarne di quelli che il denaro dei clienti nemmeno lo investivano».

I primi paletti

«Nel 1985 – spiega – è entrata in vigore la legge cantonale che disciplina le tre professioni fiduciarie (finanziario, commerciale e immobiliare, n.d.r.). Nei primi anni la commissione di vigilanza si era occupata in prevalenza del rilascio delle autorizzazioni, tenuto conto dell’esistenza di una norma transitoria intesa ad agevolare l’iscrizione all’albo per coloro che non possedevano titoli di studio ma erano comunque attivi da tempo sulla piazza. Solo nel 1989 si è deciso di assumere un ispettore. Sono stato scelto ed ora sono qui a raccontarvi come è andata».

Politiche lungimiranti
«Ammetto di aver avuto il privilegio, o la fortuna, di poter essere stato l’interprete, spero fedele, di scelte politiche lungimiranti che hanno intuito l’assoluta urgenza di disciplinare il parabancario, opzione indispensabile per garantire la necessaria credibilità a una piazza finanziaria in quegli anni in crescita esponenziale. Correva infatti il giugno 1978 quando con un’iniziativa parlamentare generica i granconsiglieri Sergio Salvioni e Geo Camponovo invitarono il Consiglio di Stato a presentare una legge atta a garantire una maggior protezione del pubblico nonché quel rapporto di fiducia che deve necessariamente esistere tra fiduciario e cliente, obiettivi che i soli codici deontologici non erano in grado di conseguire. Da allora sono quasi trascorsi 40 anni e soltanto da pochi mesi il Parlamento federale si è chinato su due progetti di legge, sui servizi finanziari e sugli istituti finanziari, il cui campo di applicazione include anche molti servizi fiduciari». In questo senso appare evidente come al Canton Ticino, dotatosi di una legge che nel suo indirizzo generale ha saputo anticipare di decenni il solco di varie leggi federali in materia, debba essere riconosciuto il meritato ruolo di precursore. «Vorrei ricordare al riguardo che il primo rapporto sull’esigenza di disciplinare i servizi finanziari indirizzato al Consiglio Federale e all’Assemblea Federale, risale al maggio 1995 per iniziativa della Swiss Commodities Futures & Options Association con sede a Ginevra e dell’Associazione svizzera dei gestori di patrimoni. Ebbene, a sostanziare le numerose pagine di quel rapporto sono stati prevalentemente i casi concreti di malafinanza emersi dall’attività di vigilanza in Ticino».

Il periodo degli scandali
«Erano gli anni – ricorda Veronese – in cui nel nostro cantone, senza che ciò fosse un’esclusiva ticinese, aveva preso piede una specifica attività di intermediazione finanziaria consistente nell’offrire alla piccola clientela prodotti finanziari molto speculativi e ad essa inadeguati, nello specifico contratti a termine trattati sulle borse merci statunitensi, Chicago in particolare. E da qui la loro impropria definizione di “società borse merci”, che appunto tali però non erano. Queste società, a tutti gli effetti veri e propri inceneritori di patrimoni, raccoglievano direttamente denaro per mezzo di contatti personali diretti oppure capillari retate telefoniche. Investivano trattenendo provvigioni che molto spesso superavano la metà del capitale affidato in gestione mentre la rimanenza veniva persa in poche successive operazioni a causa del carico commissionale e della volatilità degli stessi mercati. Senza dimenticare che l’uso del cosiddetto conto pool, o conto calderone, consentiva a questi intermediari di distribuire a loro discrezione perdite o eventuali utili sui conti dei singoli clienti. E pure non infrequenti erano gli investimenti fittizi, ovvero esistenti solo sulla carta».

Schiarite all’orizzonte
«Dalla mia postazione – racconta Veronese – ho giocoforza visto un mondo di malefatte, ed ho anche provato disgusto nel vedere dilapidate in un attimo ingenti liquidazioni d’invalidità oppure di cassa pensione, ma ciò spero non abbia distorto la mia percezione della realtà. Ai nostri giorni il mondo fiduciario ticinese è ben altra cosa. Con un numero di persone occupate prossimo a quello delle banche, un migliaio e mezzo di professionisti iscritti all’albo, straordinarie competenze ed altrettanti straordinari percorsi professionali e formativi, le attività fiduciarie rappresentano oggi una delle realtà economiche e imprenditoriali tra le più dinamiche dell’intero settore di servizi terziari. In aggiunta a ciò l’elevato valore aggiunto che le caratterizza ne fa una delle componenti non trascurabili nella determinazione del reddito cantonale. E se ciò vi sembra poco... ». Quindi la legge sui fiduciari si è rivelata utile? «Complessivamente sì. Ma a mio avviso i maggiori risultati in termini di utilità a favore della nostra piazza finanziaria risiedono proprio nell’aver posto termine negli anni Novanta, grazie anche ad un costruttivo rapporto con la magistratura inquirente ed al costante sostegno delle associazioni professionali di allora, a una serie di attività di mediazione a carattere delittuoso. In primo luogo, come già evidenziato, la mediazione di prodotti derivati trattati sulle borse merci, prima che l’entrata in vigore della legge federale sulle borse ed i commercianti di valori mobiliari del 1995 sancisse il divieto dell’uso di conti collettivi nella gestione patrimoniale. Successivamente nell’aver ricondotto entro margini di accettabilità l’altrettanto devastante attività di mediazione di contratti sul mercato interbancario delle divise, il cosiddetto Forex». «Poi negli anni altre leggi federali si sono prese la scena. In primis quella contro il riciclaggio di denaro del 1997 e successivamente la nuova legge sugli investimenti collettivi di capitali, due norme che hanno radicalmente stravolto il modo di lavorare dei fiduciari con accentuati obblighi di compliance e maggiori responsabilità. Analoga sorte è toccata ai revisori, sottoposti a sorveglianza federale con l’entrata in vigore dell’omonima legge del 2005. Infine, come già detto, sui banchi del Parlamento si discute in questi giorni del progetto di legge federale sui servizi finanziari, ispirato al modello europeo, cui dovranno sottostare tutti gli intermediari finanziari che agiscono a titolo professionale. Insomma un quadro normativo completo che difficilmente potrà giustificare successive ed isolate iniziative cantonali»