Ex funzionario, sì unanime all’audit esterno
Sì praticamente unanime del Gran Consiglio all’audit esterno con poteri accresciuti per far luce, una volta per tutte, sulla gestione da parte dell’Amministrazione cantonale del caso dell’ex funzionario del DSS condannato in via definitiva lo scorso aprile per stupro. Con 71 voti favorevoli e 4 astenuti, il Parlamento ha approvato la proposta, fattasi largo negli scorsi mesi in Sottocommissione finanze e condivisa anche dalla Gestione, di un’indagine amministrativa esterna, slegata dal Ticino. Inizialmente non previsto all’ordine del giorno, il tema è stato discusso d’urgenza, su richiesta della Commissione gestione e finanze.
La politica ha dunque definitivamente abbandonato l’idea di una Commissione parlamentare d’inchiesta, ma ha deciso che l’inchiesta dovrà essere comunque quanto più incisiva possibile. Di qui la proposta della Gestione di imporre l’obbligo di collaborare a tutti i funzionari, ex funzionari o persone informate che l’ente incaricato dell’audit riterrà opportuno convocare. Questi poteri accresciuti, lo ricordiamo, sono regolati da un decreto legislativo, che all’articolo 2 regola questo obbligo. Chi si rifiuta verrà sanzionato ai sensi del Codice penale.
Il mandato
Il mandato approvato dal Parlamento prevede, in buona sostanza, che l’audit vada a scavare a fondo nella vicenda in modo da chiarire, per quanto possibile, tutto quanto è stato o non è stato fatto a livello amministrativo e, allo stesso tempo, analizzare se leggi, norme e procedure cantonali siano adeguate a prevenire simili episodi. Queste verifiche andranno a coprire un orizzonte temporale molto ampio, ossia a partire dall’assunzione dell’ex funzionario fino al suo licenziamento ordinario, nel 2019. Più in dettaglio, l’audit «verrà affidato a una persona, più persone o a un ente fuori Cantone, riconosciuti per le loro competenze ed esperienze a livello nazionale, con certificate competenze scientifiche e giuridiche e contemporaneamente con esperienza di gestione di simili problematiche». Per la natura delicata dell’approfondimento «e le necessità di indipendenza e imparzialità», l’auditor «non dovrà avere nessun legame con l’Amministrazione pubblica né con la politica ticinese», «potrà avvalersi di eventuali collaborazioni terze da lui designate, le quali saranno sottoposte agli stessi vincoli di confidenzialità». Nel corso dei suoi lavori, l’auditor potrà far «richiesta ai detentori degli atti e della documentazione già raccolta e ritenuta rilevante per la gestione del caso dal profilo amministrativo» e svolgere «incontri informativi con tutte le parti che si riterrà opportuno coinvolgere».
I prossimi passi
L’audit porterà alla presentazione di un rapporto alla Commissione gestione e finanze indicativamente entro la fine dell’autunno 2022, con eventuale rapporto intermedio alla stessa Commissione o alla Sottocommissione finanze. La persona o l’ente incaricato verrà designato dalla Gestione verosimilmente nelle prossime settimane. Inoltre, lo stesso auditor dovrà poi presentare un preventivo che dovrà restare entro il budget che verrà fissato anch’esso dalla Gestione nelle prossime settimane.
Tutti d’accordo
Come detto, lo strumento dell’audit esterno con poteri accresciuti durante il dibattito in aula ha fatto pressoché l’unanimità. Il presidente del PPD Fiorenzo Dadò ha ricordato che, dopo la bocciatura da parte del plenum della richiesta di istituire una CPI, lui stesso aveva proposto la soluzione dell’audit poiché riteneva «inderogabile affrontare il tema». E questo anche perché, pure oggi, «le scuse del giudice Villa pesano come un macigno sulle nostre istituzioni». Su questo punto gli ha poi fatto eco la vice-capogruppo della Lega Sabrina Aldi: «Quanto accaduto è grave anche perché mina la credibilità delle nostre istituzioni. Di fronte parole delle vittime, come rappresentanti delle istituzioni, è nostro dovere fornire risposte chiare. Lo dobbiamo alle vittime che hanno avuto coraggio di parlare, lo dobbiamo ai cittadini e lo dobbiamo a tutte le vittime che non hanno ancora avuto il coraggio di fare un passo simile, magari proprio perché non hanno avuto fiducia nelle istituzioni».
D’accordo, sullo strumento dell’audit, anche il PLR. La capogruppo Alessandra Gianella, pur stigmatizzando la politicizzazione del dibattito avvenuta negli scorsi mesi, ha infatti salutato positivamente il fatto che la Commissione abbia deciso per audit, «affidandosi così a professionisti con esperienza nella gestione di simili problematiche». Si tratta, ha chiosato Gianella, di «una risposta equilibrata, una soluzione professionale, indipendente e soprattutto, a differenza di una CPI, non politica». Sostegno alla proposta è giunto pure da PS, Verdi e UDC. Un po’ più critici, invece, MPS (secondo cui il mandato presenta delle criticità per quanto riguarda il rispetto delle vittime) e Più Donne (che ritiene ancora attuale la proposta di una CPI).
Dal canto suo il presidente del Consiglio di Stato Manuele Bertoli ha rimarcato che «il fatto che oggi si decida di dare il via all’audit esterno significa che gli accertamenti fatti dall’Esecutivo non sono stati ritenuti sufficienti da parte del Parlamento». Come Governo, ha aggiunto, «ne prendiamo atto e attendiamo serenamente i risultati dell’audit» anche perché ora «ci sono sufficienti garanzie per dire che questa è per tutti la procedura che chiarirà definitivamente le cose».