«Foreign fighter» locarnese, condanna definitiva

È definitiva la condanna del «foreign fighter» locarnese Johan Cosar, arruolatosi tra le file del Syriac Military Council tra il 2023 e il 2015 per combattere l’ISIS e il fronte al-Nusra. Il Tribunale militare di cassazione ha confermato le conclusioni a cui erano giunti primi due gradi di giudizio. L’ex sergente dell’Esercito svizzero, oggi 41.enne, non avrebbe dovuto combattere in Siria senza l’autorizzazione del Consiglio federale. Anche se, come rilevato in primo grado dal Tribunale militare, lo aveva fatto spinto da motivazioni onorevoli. Cosar, patrocinato dagli avvocati Yasar Ravi e Luisa Polli, si era arruolato nel Syriac Military Council (SMC) a inizio 2013 per difendere una minoranza etnica (i cristianosiriani, ndr) che già in passato era stata colpita dalla pulizia etnica. Il Tribunale militare, il 22 febbraio 2029, lo aveva condannato per ripetuto servizio straniero (Articolo 94 capoverso 1 del Codice penale militare) a una pena pecuniaria sospesa di 90 aliquote giornaliere da 50 franchi più una multa di 500 franchi. L’ex sergente era invece stato prosciolto dall’accusa di «aver ripetutamente arruolato o tentato di arruolare un numero imprecisato di cittadini svizzeri» tra le file dell’SMC.
Imputato e accusa avevano ricorso in appello e il 25 marzo 2021 il Tribunale militare di appello 3, presieduto dal colonnello Gianluigi Della Santa, aveva sostanzialmente confermato la sentenza di primo grado, riducendo però lievemente la pena pecuniaria. La vicenda, come detto, si era conclusa in Cassazione il 25 novembre dello scorso anno, ma le motivazioni scritte della Corte sono state rese disponibili recentemente. Nelle 19 pagine della sentenza, il Tribunale militare di cassazione ha sposato le conclusioni dell’istanza inferiore e ribadito che ad un cittadino svizzero è vietato prestare servizio in un esercito straniero. Dal canto suo, Cosar aveva sempre ribadito di aver agito in base e uno stato di necessità esimente, ossia la suddetta minaccia rappresentata dai miliziani dell’ISIS. La Cassazione non ha però condiviso la sua tesi: «L’arruolamento (di Cosar, ndr) nell’SMC non era indispensabile per la tutela l’integrità della popolazione cristianosiriaca. All’accusato restavano altre alternative (…), egli avrebbe potuto restare nelle retrovie salvaguardando maggiormente la sua incolumità e occupandosi di dare sostegno alla popolazione attraverso attività di assistenza umanitaria».