I fuochi d'artificio dividono, ma le alternative costano troppo
I fuochi d’artificio, come ogni estate, tornano sotto i riflettori. Per la loro bellezza, certo, ma anche per le critiche che sollevano. E i contrari sono molti. Lo dimostra l’iniziativa «Per una limitazione dei fuochi d’artificio» che ha raggiunto quasi 90 mila firme. Come comunicato dal comitato promotore, la speranza è di raggiungere le 100 mila sottoscrizioni necessarie proprio per il primo agosto. Una data simbolica, considerati i tradizionali spettacoli pirotecnici della Festa nazionale.
«Non vogliamo un’abolizione»
In Ticino, sono state ProNatura, Ficedula e la Società Protezione Animali di Bellinzona (SPAB) a sostenere l’iniziativa popolare. Emanuele Besomi, presidente della SPAB, si dichiara soddisfatto di quanto fatto. «Nel nostro cantone, le firme raccolte non sono tantissime se comparate al totale, ma l’iniziativa è senz’altro ben vista. Ne siamo molto contenti, perché questo favore denota una sensibilità marcata verso gli animali e l’ambiente».
Ad ogni modo, la modifica della costituzione proposta non intende abolire i fuochi d’artificio. «Non vogliamo il divieto assoluto. Infatti, l’iniziativa prevede che gli spettacoli pirotecnici possano ancora avere luogo ma con un’autorizzazione eccezionale», puntualizza Emanuele Besomi. Questa autorizzazione rappresenterebbe comunque un vantaggio non indifferente. «Negli ultimi tempi, ho l’impressione che si ricorra ai fuochi d’artificio per ogni avvenimento e senza preavviso. Una regolamentazione più severa permetterebbe alla popolazione di essere informata su quando e dove i fuochi avranno luogo, così da mettere in sicurezza per tempo gli animali». È infatti risaputo che animali selvatici, da reddito e domestici sono direttamente toccati dal forte rumore dei botti. «Ogni volta che vengono sparati fuochi d’artificio, gli animali si mettono in fuga terrorizzati. Ciò non pone a repentaglio solo la loro vita, ma anche quella di automobilisti e motociclisti», spiega il presidente della SPAB.
L’opzione droni
Riassumendo, anche con la potenziale riuscita dell’iniziativa, i fuochi d’artificio non sparirebbero dalla circolazione. Ma, in ogni caso, esistono alternative più ecologiche e attente al benessere degli animali. Ad esempio, i droni. «Gli spettacoli con i droni non sono la soluzione a tutti i mali, perché causano pur sempre inquinamento luminoso. Ad ogni modo, sono molto meno rumorosi dei botti», afferma lo stesso Emanuele Besomi.
L’utilizzo di droni a fini di intrattenimento non è una novità. In effetti, alcune città svizzere, tra cui Ginevra, Zurigo e Bienne, hanno già organizzato questo genere di spettacolo. In Ticino, invece, ancora nulla. Lo scorso anno, Tiziano Galeazzi, granconsigliere e municipale di Lugano, aveva proposto di sostituire il celebre spettacolo pirotecnico della città con i droni. Il progetto, però, non è andato in porto. «Sarebbe stata una prima assoluta nel nostro cantone e avrebbe accontentato tutti. Abbiamo ricevuto offerte da parte di due società e i miei colleghi di Municipio erano d’accordo sul farle valutare dai servizi. Purtroppo, sono stati riscontrati alcuni punti deboli e non se n’è fatto nulla», comunica Tiziano Galeazzi al Corriere del Ticino. I problemi principali sono il prezzo, molto più alto di quello dei fuochi d’artificio, e l’autonomia dei droni. «Per un evento degno di nota, occorrono minimo 400 droni. Questo rappresenta un costo non indifferente, che dovrebbe essere coperto anche da qualche sponsor privato. Inoltre, il nostro spettacolo pirotecnico dura tra i venti e i trenta minuti, mentre un drone ha l’autonomia di un quarto d’ora. Non sarebbe abbastanza per offrire lo spettacolo a cui siamo abituati», spiega il municipale.
Il tema della sostituzione dei fuochi d’artificio con le coreografie dei droni non ha toccato soltanto il Luganese. Infatti, l’Ente per le iniziative del Locarnese ci ha riflettuto per l’evento «Luci e Ombre», e lo stesso ha fatto l’Associazione Manifestazioni Ascona (AMA) in occasione del Capodanno. Tuttavia, l’opzione è stata scartata da entrambi gli organizzatori di eventi. «Ad oggi, il costo è troppo elevato per proporre uno spettacolo che abbia una durata e un impatto paragonabili ai fuochi d’artificio», ci spiega Stefano Steiger, presidente dell’AMA. «Abbiamo speso 130 mila franchi per lo spettacolo pirotecnico di Luci e Ombre ed è durato 32 minuti. I droni avrebbero richiesto la stessa cifra, ma per soli 12 minuti», sottolinea anche Marco Maggi, presidente dell’Ente per le iniziative del Locarnese. «Forse l’anno prossimo prevederemo una breve coreografia, ma non per sostituire interamente i fuochi. Vedremo».
Insomma, tra i costi proibitivi e la preoccupazione di non poter regalare una mezz’ora completa di divertimento, l’alternativa droni è accantonata. Per il momento.
Non tutti sono pronti a rinunciare ai fuochi d’artificio. Inutile negarlo, ne siamo affascinati. Per capire perché, occorre tornare indietro nel tempo.
Fissi nell’immaginario collettivo
«Nell’Antichità e fino a 200 anni fa, la notte era veramente buia. Non c’era l’inquinamento luminoso a cui siamo abituati oggi», sottolinea Francesco Paolo Campione, direttore del Museo delle Culture e professore di antropologia culturale all’Università degli Studi dell’Insubria. In un contesto simile, rischiarare la notte acquisiva un significato importante. «La forza del fuoco d’artificio risiedeva nell’illuminare la notte, all’epoca un’azione straordinaria. In questo modo, il fuoco si è radicato nell’immaginario collettivo». Il fuoco d’artificio, poi, non è solo luce, ma è anche rumore. «Mentre la sua luce squarcia lo spazio, il botto squarcia il tempo, come un colpo di tamburo o il suono delle campane», spiega il professor Campione. Da non sottovalutare anche il potenziale dei colori, che sono apparsi in un secondo tempo con l’aggiunta di alcune sostanze chimiche. «Quando i fuochi sono diventati colorati, si sono ammantati di forza artistica. Quindi non si tratta più solo di una frattura tempo-spaziale, ma anche di un gioco artistico che tinge il cielo». Una doppia rottura associata a un’opera d’arte dipinta su una tela speciale. Qualcosa davanti al quale è difficile non emozionarsi, secondo l’antropologo. «Il fuoco d’artificio colpisce immediatamente il mondo interiore. È dirompente e genera una felicità che tocca dentro. Questo è molto importante, perché purtroppo siamo abituati a mettere molti ostacoli di fronte alla felicità».
Consumo di risorse
La felicità profonda e il divertimento che proviamo dinanzi a uno spettacolo pirotecnico sono però legati a una relazione di potere. «I fuochi d’artificio costano molto e infatti vengono offerti, in genere, dal mondo politico. Possiamo dunque dire che si tratta di una forma di esercizio del potere», precisa Campione. Forma che non a tutti va a genio. «Effettivamente, se osserviamo razionalmente uno spettacolo pirotecnico, quindi senza lasciarci travolgere dal suo fascino ancestrale e, per certi versi, infantile, ci accorgiamo che i fuochi sono un consumo di risorse. È come se bruciassimo 100 franchi. Per alcuni, tale spettacolo è quindi visto come uno spreco».
Un’anima ludica necessaria
Tuttavia, i botti non sono solo considerati come uno spreco: oltre a disturbare animali e persone particolarmente sensibili, sono anche fonte di polveri fini e di una quantità considerevole di emissioni di gas a effetto serra. Aspetti che potrebbero essere ridotti a zero – o quasi – ricorrendo ad altre tecnologie. Come i famosi droni. Ma sarebbe esattamente la stessa cosa? Riflettendoci, forse no. «Il drone è l’espressione di una tecnologia evoluta che, in una certa maniera, va a sostituire l’uomo. Lo allontana dal suo mondo interiore e da una dimensione spirituale che, invece, i fuochi mantengono viva», osserva Francesco Paolo Campione. «Senza fuochi, si perderebbe una poesia antica, la poesia di illuminare la notte. E la loro anima ludica, che è importante. Ogni tanto dobbiamo giocare nella vita».