I vertici della Ludes sono stati prosciolti da ogni accusa

«Dalle tavole processuali emerge tutto tranne l’agire truffaldino delle imputate. La Ludes non ha aggirato la legge ma vi si è conformata. L’intenzione delle imputate non era quella di fare le furbe, bensì di non gettare all’aria quindici anni di esperienza», al mutare della Legge cantonale sull’Università del 2014. È anche con queste parole che la giudice della Pretura penale Elettra Orsetta Bernasconi Matti ha assolto le imputate, tuttora gerenti della Ludes, da ogni accusa. Si tratta di quattro donne di 62, 51, 43 e 37 anni imparentate tra loro e difese rispettivamente dagli avvocati Luca Trisconi, Monica Marazzi, Luca Taddei e Fiammetta Marcellini. Le accuse, cadute, a loro carico erano quelle di ripetuta truffa, ripetuto uso di segni pubblici e ripetuta infrazione alla Legge federale sulla promozione e sul coordinamento del settore universitario svizzero. Le parcelle dei loro difensori, quantificate dalla Corte in oltre sessantamila franchi, sono state poste a carico dello Stato.
Un castello surreale
A chiamare in causa la Ludes era stata una dozzina di ex studenti di fisioterapia che sostenevano di essere stati ingannati riguardo alla validità dei loro diplomi emessi dalla UCM, una scuola superiore maltese a cui la Ludes forniva servizi logistici a Pazzallo e nel cui CdA sedevano due delle imputate. La questione era nata in particolare dopo che nel 2021 le autorità maltesi avevano ritirato l’accreditamento alla UCM con effetto immediato. Fatto che aveva agitato parte della centinaia di studenti che aveva ottenuto questo titolo. Ma, ha sentenziato oggi la giudice Bernasconi Matti, «più che una truffa ai dodici studenti è stato un incidente burocratico non legato alla validità del titolo». Tutti gli studenti che hanno denunciato sono poi riusciti a farselo riconoscere, totalmente e parzialmente, pur con qualche fatica. E così gli studenti che non hanno fatto denuncia. D’altronde, come spiegato giovedì dall’avvocato Luca Trisconi (e non Luca Taddei come riportato in precedenza: ci scusiamo della svista), anche a degli studenti SUPSI è stato richiesto in Italia di integrare dei titoli ottenuti in Svizzera per poter esercitare la professione. Gli studenti che hanno denunciato hanno per contro sostenuto che gli fosse stato comunicato che il diploma gli sarebbe stato automaticamente riconosciuto. «Questa loro suggestione del riconoscimento automatico in altre nazioni - ha detto Bernasconi Matti - non è però dovuta alle imputate, con cui per loro stessa ammissione non hanno mai interagito, e nemmeno al sito internet della Ludes o della UCM, perché non vi sono prove agli atti che nel 2016 essi contenessero informazioni ingannevoli». Insomma, ha concluso la giudice, «confusione e ignoranza» riguardo alle procedure «non possono essere travisate ipso facto in qualche forma di astuzia delle imputate. Anche perché sarebbe surreale sostenere che le imputate abbiano messo in piedi questo complesso castello logistico sapendo dall’inizio che i corsi avevano importanti lacune. Tant’è che quando si è presentato il problema a Malta la Ludes ha messo a disposizione degli studenti un avvocato, pagato di tasca sua».
Sviste non colpevoli
Come riferito in precedenza, nemmeno il procuratore pubblico Daniele Galliano era parso convinto della colpevolezza delle quattro donne - se si è giunti in aula è anche perché suoi due decreti d’abbandono erano stati impugnati con successo dagli ex studenti, patrocinati dall’avvocato Agustín Bernasconi Zea - tanto che il pp si era rimesso al giudizio della Corte, sia sulla truffa, sia sugli altri due capi d’imputazione (un quarto, l’accusa di concorrenza sleale era già caduto perché la querela di parte è stata ritenuta tardiva).
E a proposito dell’uso di una bandiera svizzera stilizzata nel logo della Ludes, la giudice Bernasconi Matti l’ha trovato conforme alla Legge, anche perché è stata usata «da una società svizzera che svolge la sua attività in Svizzera». Niente da vedere neppure per quanto riguarda paventati usi impropri del termine «università» e affini: «Il Dipartimento dell’educazione nel 2018 e nel 2023 ha dato atto che la Ludes si era adeguata alla legislazione vigente e ha ammesso l’uso dei termini uniludes e campus. Se qualcosa è sfuggito, si è trattato di una svista non colpevole».