Sanità

Il Cardiocentro e la nuova linfa

Dal primo gennaio l’Ospedale del cuore è a tutti gli effetti entrato a far parte dell’Ente ospedaliero cantonale – Il direttore Massimo Manserra: «Il passaggio è stato positivo, ora il clima è tornato sereno e diversi progetti stanno ripartendo»
© TI-PRESS/Archivio
Paolo Gianinazzi
20.07.2021 06:00

L’integrazione dell’Ospedale del cuore sotto il cappello dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC) negli scorsi anni ha fatto scorrere fiumi di inchiostro, tra critiche, proposte e controproposte, e pure parecchie polemiche. Ora, anche un po’ in sordina, quel tanto discusso passaggio è effettivamente avvenuto: dal 1. gennaio il Cardiocentro è diventato un istituto dell’EOC. A distanza di qualche mese siamo quindi andati a trovare il direttore dell’istituto Massimo Manserra per fare il punto della situazione. E la prima domanda è d’obbligo: com’è andata questa delicata fase di transizione? «Il passaggio è stato positivo e penso di poter dire che pure i collaboratori stiano vivendo questo momento con il giusto spirito e la giusta serenità». Già, una serenità che, inutile nasconderlo, negli ultimi anni al Cardiocentro era un po’ mancata. Ma oggi, conferma Manserra, «il clima è decisamente tornato sereno».

E in maniera quasi un po’ paradossale, l’anno della pandemia non ha rallentato il processo di integrazione. Anzi, lo ha accelerato, fungendo da catalizzatore. «È stato un periodo molto intenso nel quale, volenti o nolenti, ci siamo ritrovati a collaborare a stretto contatto con l’EOC in una situazione d’emergenza. Siamo stati sin da subito coinvolti e, ripensando oggi a quei momenti, possiamo dire che è stato per noi un esercizio prezioso, una palestra importante in vista del passaggio sotto l’Ente».

Tutto e niente

Ma concretamente, cosa è cambiato dal 1. gennaio per l’Ospedale del cuore? Ancora Manserra: «È cambiato tutto e non è cambiato niente. Mi rendo conto che può sembrare una risposta un po’ enigmatica. Ma è la verità. Da una parte tutto è cambiato perché oggi siamo a tutti gli effetti un istituto dell’EOC. Dall’altra non è cambiato niente perché la filosofia del ‘‘vecchio’’ Cardiocentro è rimasta sempre quella. E questa è per noi già una bella notizia». Come dire: anche se dietro le quinte il lavoro per riorganizzarsi è stato importante, in fin dei conti il «modello Cardiocentro» che l’ha reso un polo d’eccellenza è rimasto quello, senza subire scossoni. «Per noi - precisa il direttore - è importante far capire alla popolazione che l’approccio che c’era fino al 31 dicembre 2020 (ndr. quando il Cardiocentro era ancora autonomo) è lo stesso che c’è oggi. E possiamo continuare su questa via con la nostra autonomia, come previsto dagli accordi. Per noi si tratta di una bella conferma».

Ora, però, a poco più di sette mesi dal passaggio sotto l’Ente, al nuovo istituto del Cuore si guarda già al futuro: «Ci sforziamo affinché questo cambiamento possa essere un’opportunità per migliorare le cure al paziente. Dopo la parentesi degli ultimi anni, oggi il Cardiocentro ha ritrovato il suo spirito originale: si guarda sempre avanti con progettualità. Per noi essere integrati in un ospedale multisito è un’occasione importante. Per questo motivo il nostro motto ora è ‘‘Il Cardiocentro si rinnova’’. E i progetti, che negli scorsi anni erano gioco forza restati un po’ sotto naftalina, adesso hanno nuova linfa». Ad esempio? «Stiamo lavorando a un servizio di cardiologia cantonale, presente dunque anche nelle altre sedi dell’Ente, migliorando così l’offerta di prossimità». L’idea, spiega il direttore, è che il Cardiocentro diventi una cabina di regia con diverse antenne nel territorio: «Il nostro istituto potrà così portare il proprio ‘‘know how’’ anche nelle sedi non specializzate come la nostra, restando il punto di riferimento del cantone per la cardiologia».

Ma non solo. «Un altro progetto a cui sta lavorando l’istituto riguarda la creazione di un poliambulatorio di cardiologia, ovvero un centro con una presa a carico del paziente a 360 gradi» e che quindi non riguarda ‘‘solo’’ i casi gravi che richiedono un’ospedalizzazione nel senso classico del termine. «I tempi per questo progetto - spiega Manserra - sono ormai maturi e contiamo di presentarlo nei prossimi mesi». Per fare ciò, precisa il direttore, «sarà fondamentale la collaborazione con la medicina del territorio, a partire dai medici di famiglia, che restano la figura di riferimento per la popolazione». Insomma, la parola chiave del futuro del Cardiocentro è «sinergie», e la nuova «rete» dell’istituto includerà, oltre alle varie sedi dell’EOC, anche la medicina di prossimità.

È cambiato tutto e non è cambiato niente. Oggi siamo a tutti gli effetti un istituto dell’EOC e la filosofia del ‘‘vecchio’’ Cardiocentro è rimasta sempre quella

Verso l’alto

Un altro progetto ripartito in questo periodo è quello dell’ampliamento della struttura che ospita l’Ospedale del cuore: nei prossimi anni è infatti prevista la costruzione di due ulteriori piani, che andranno a raddoppiare gli spazi a disposizione del centro. «Il fatto stesso che questo progetto abbia ripreso vita è la dimostrazione concreta di quanto l’EOC tenga al nostro sviluppo», precisa Manserra.

La ricerca

Un altro grande capitolo del presente e del futuro del nuovo istituto riguarda il settore della ricerca. E se da una parte il direttore non nasconde qualche preoccupazione legata al mancato raggiungimento dell’accordo quadro con l’Unione europea, dall’altra grandi speranze sono riposte nella nuova Facoltà di medicina dell’USI. Non a caso, il primo ospedale a ospitare i nuovi alunni che hanno iniziato a settembre dello scorso anno, è stato proprio il Cardiocentro: «Si tratta di un’eccellente opportunità. Si sta facendo un gran lavoro per mantenere vivo il pilastro della ricerca. Perché se è vero che è necessario essere attenti e oculati nelle proprie scelte, è altrettanto vero che non si può non investire nella ricerca. E la presenza degli studenti, in questo senso, è molto stimolante per tutti. Ha portato una ventata d’aria fresca».

L’ultima domanda per il direttore, infine, riguarda il futuro dell’istituto. O meglio: come lo immagina tra 10 anni? «Sicuramente vedo un istituto ancora nel pieno del suo sviluppo. Che però avrà raggiunto importanti traguardi nell’ampliamento della sua offerta: magari non sarà più ‘‘solo’’ l’istituto del cuore. In ogni caso al centro di tutto resteranno la presa a carico del paziente ticinese e la qualità delle cure. Tutto ciò nel solco dell’innovazione tecnologica. E se da non molto abbiamo compiuto i nostri 18 anni di vita, diventando maggiorenni, penso che tra dieci anni saremo nel pieno della nostra maturità. Insomma, sarà un età interessante. Abbiamo un bell’orizzonte davanti a noi».