Muzzano

Il Tribunale federale seppellisce la Birolini

I giudici di Mon Repos hanno dato ragione al Municipio, che aveva imposto un divieto di utilizzo dei terreni – È stato accertato che l’attività della ditta edile non è conforme al Piano regolatore – L’impresa dovrà traslocare
© CdT/Chiara Zocchetti

La Birolini SA dovrà presto fare i bagagli e trasferirsi altrove. «Colpa» di una sentenza del Tribunale federale dello scorso 11 aprile, che dà torto al titolare dell’impresa in una vertenza con il Comune di Muzzano. Doverosa premessa: la querelle tra la ditta edile, il Municipio e i confinanti va avanti da tempo. Lo scorso anno, la Birolini aveva presentato un progetto, parzialmente a posteriori, per la realizzazione di un nuovo impianto di riciclaggio di materiali inerti e calcestruzzo in via Industria. L’idea era sistemare l’attuale comparto, molto criticato da diversi cittadini per i depositi di materiale a cielo aperto. La domanda di costruzione aveva ricevuto preavviso favorevole dalla Sezione della protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo lo scorso 30 giugno e dall’Ufficio domande di costruzione il 5 agosto. Tutto risolto? Non proprio: il Municipio aveva negato la licenza edilizia, ma la ditta aveva impugnato la decisione e continuato ad operare. Per questo, il Comune aveva imposto il divieto d’uso del terreno in quanto le attività svolte non risultavano conformi al Piano regolatore. La decisione era stata confermata dal Consiglio di Stato il 22 gennaio 2020 e dal Tribunale cantonale amministrativo il 12 maggio 2021, poi l’incarto era approdato alla suprema Corte federale.

«Attività abusiva»

Ebbene, i giudici di Mon Repos hanno in buona sostanza concluso che effettivamente l’attività svolta sui terreni della ditta (di proprietà in parte del demanio pubblico e in parte di una fondazione con sede a Collina d’Oro) non è conforme al Piano regolatore comunale. Lo stesso TRAM – si legge nella sentenza – «aveva già compiutamente accertato la violazione materiale dell’intera piazza di lavorazione degli inerti, e il fatto che tutte le relative opere erano assimilabili a un’attività industriale molesta, non conforme alle prescrizioni della zona di situazione, sulla base sia del Piano regolatore del 1984 sia di quello del 1985». La Corte cantonale ha pure accertato, e il TF le ha dato ragione, «che le attività industriali litigiose» fossero state «sviluppate sull’arco di più di un decennio senza autorizzazione e nonostante l’adozione di svariati ordini di sospensione dei lavori». Pertanto, i giudici di Losanna hanno concluso che «il divieto d’uso è giustificato, siccome conforme al principio di proporzionalità, essendo l’unica misura idonea e necessaria a impedire che la ricorrente continui a trattare e stoccare ingenti quantitativi di materiale sui citati fondi, e ciò finché non avrà rimosso tutte le opere e gli impianti non autorizzati, fonti di immissioni moleste per i fondi vicini e che squalificano il paesaggio circostante». Insomma, «considerate le reiterate violazioni delle norme applicabili, il divieto di utilizzazione litigioso è sorretto da un prevalente interesse pubblico». Oltre al danno, la beffa: la Birolini dovrà pagare 4 mila franchi di spese giudiziarie.

Se ne parlerà in Municipio

E ora? Che succederà? «Questa sentenza riguarda il divieto d’uso, che è stato confermato. Pendente al TRAM c’è ancora la licenza edilizia in sanatoria, ma a questo punto è improbabile che la Corte cantonale faccia marcia indietro e sconfessi addirittura il Tribunale federale. La Birolini dovrà trovare un altro posto», spiega la sindaca Verena Hochstrasser. Anche se – conclude – «potrebbe volerci del tempo». Il tema è all’ordine del giorno della seduta di Municipio di lunedì prossimo.

«È il colmo...»

GiancarloBirolini, titolare della ditta, non è rimasto sorpreso dalla sentenza. «Era chiaro che sarebbe andata così. Se per un cavillo vogliono affossare un’impresa di cinquanta persone che lavora e non ha problemi finanziari... allora è il colmo». Birolini non si sbilancia sulle sue prossime mosse, ma si dice tranquillo. «Andrà tutto bene. Soprattutto per i miei dipendenti, che sono dei grandi sgamelloni e meritano di lavorare. Sentiremo parlare ancora a lungo di questa storia: sono abbastanza tenace».

Due sì, quattro no

L’impianto attuale, esistente da 21 anni, è beneficiario di due licenze edilizie comunali dal 2005 e del 2007, entrambe con preavviso favorevole dal Cantone, ma ha ottenuto un diniego in altre quattro procedure edilizie (nel 2007, due nel 2016 e nel 2019). Nel frattempo, la ditta è stata ampliata in modo difforme dalle licenze ottenute e nel 2019, come detto, il Municipio ha intimato un divieto d’uso.

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