Imposta di circolazione: la sterzata del Governo
È una sterzata decisa, se non quasi un’inversione a U. Dopo settimane di animate discussioni politiche in Commissione gestione e finanze, con tre fronti contrapposti, il Governo interviene sulla nuova imposta di circolazione e propone una modifica del sistema di calcolo che aveva illustrato nel messaggio del 2019, quando ipotizzava una formula basata sulla somma tra la massa a vuoto del veicolo moltiplicata per un coefficiente fisso e le emissioni di C02 moltiplicate per un coefficiente variabile. Ebbene, la manovra del Consiglio di Stato porta sul tavolo della politica un sistema di calcolo rivisto, in aggiunta alla formula sostenuta dal fronte PPD, Lega e UDC (che vuole plafonare gli incassi a 80 milioni) e a quella proposta dal PS e ripresa dal PLR (con le due forze politiche che hanno però visioni divergenti sul montante).
Gettito ridotto a 95 milioni
Secondo il Governo, questo nuovo sistema fornisce «una risposta ragionevole ed equilibrata» che tiene conto anche «delle esigenze di riequilibrio finanziario votate dal popolo». Più in dettaglio, esso prevede due sistemi di calcolo: per le automobili sino a 3.500 chilogrammi di peso e le automobili pesanti con emissioni fino a 95 grammi di CO2 al chilometro ammonta alla massa a vuoto moltiplicata per 0,11; per le altre automobili sino a 3.500 chilogrammi e le automobili pesanti con emissioni superiori a 95 grammi di CO2 al chilometro, a questo risultato va sommata la differenza tra le emissioni e un valore fisso di 95 g/km elevata a 1,385. Per il Consiglio di Stato, l’adozione di questo nuovo sistema «permette di avere una “tassa base” attrattiva per le automobili particolarmente rispettose dell’ambiente, tra le quali vi è comunque una differenza di imposizione in base alla loro massa. D’altro canto, oltre alla massa a vuoto, l’imposta di circolazione delle vetture con emissioni superiori ai 95 g/km di CO2 verrebbe calcolata proporzionalmente in base al livello di emissioni, coerentemente quindi con il concetto di causalità “chi più inquina, più paga”». Quanto messo sul tavolo dal Governo comporterà, in soldoni, una riduzione del gettito complessivo quantificabile in circa 10 milioni di franchi e, a conti fatti, si arriverebbe quindi a un tetto di 95 milioni di franchi, ossia una soglia ben lontana rispetto al plafone di 80 milioni chiesto dall’iniziativa popolare democratica.
I tre fronti
L’auspicio del Governo è che la Commissione riesca a convergere su una soluzione «nell’interesse degli automobilisti permettendo così l’entrata in vigore di una soluzione tecnicamente valida, equilibrata e giuridicamente sostenibile a partire dal 1° gennaio 2023». Uno scenario tutt’altro che scontato: in Gestione, come detto, ci sono infatti almeno tre fronti e gli iniziativisti hanno già annunciato di voler portare il tema in aula già a fine giugno. «Innanzitutto spiace constatare che dobbiamo apprendere questa proposta dalla stampa», osserva il presidente del PPD e iniziativista, Fiorenzo Dadò. «Ascolteremo il Governo martedì in Commissione, ma a un primo colpo d’occhio quanto messo sul tavolo dal Consiglio di Stato è abbastanza distante da quanto chiede la nostra iniziativa». Il deputato popolare democratico è categorico: «O c’è una riduzione sostanziale di quella che è l’imposta di circolazione più alta di tutta la Svizzera oppure è solo un esercizio di cosmesi. L’iniziativa prevede di abbassare l’incasso totale di 30 milioni, lasciando questo importo nelle tasche dei ticinesi già afflitti da altri costi eccessivi come l’aumento dei premi di cassa malati, della benzina e dei generi alimentari». Nonostante il tentativo in extremis del Governo, per il PPD è tempo che il Gran Consiglio e il popolo possano dire la loro: «L’iniziativa è datata 2017. La legge prevede che dopo 18 mesi il Gran Consiglio debba esprimersi. Ne sono passati oltre 60 e il tempo è ampiamente scaduto. Se ci saranno altri rapporti con altre proposte non c’è nessun problema, ma in giugno intendiamo andare in aula».
Come noto, il PS sta riflettendo se proporre un terzo rapporto insieme ai Verdi, ma per ora si valuterà il da farsi: «La novità è politica: il Governo fa una controproposta tramite comunicato stampa», commenta il capogruppo socialista Ivo Durisch. «Non entro nel merito del sistema di calcolo, anche se avremmo preferito che includesse pure la potenza del veicolo. Valuteremo martedì in Commissione».
La controproposta del Governo potrebbe convincere il PLR. «Il Consiglio di Stato conferma la volontà di diminuire l’imposta di circolazione, con la premessa importante che sia sostenibile, ragionevole e proporzionata», osserva Bixio Caprara, relatore del rapporto commissionale del PLR. «Mi fa piacere che la formula proposta corregga le criticità rilevate e sia più progressiva». Pure il prelievo massimo fissato a 95 milioni va nella stessa direzione del PLR ma certo è presto per parlare di accordo: «Ci sono ancora alcuni aspetti da valutare e vedremo come si posizioneranno i colleghi. Faccio mio l’auspicio del Governo di arrivare a un accordo senza strappi da 30 milioni che sono molto difficili da recuperare. Dal 2017 è cambiato tanto e bisogna tenerne conto».
«Soluzione sostenibile»
Dal canto suo, il direttore del DI, Norman Gobbi, difende il “controprogetto”: «Risponde a varie necessità, come quella ambientale, includendo le emissioni di CO2 e reintroducendo il criterio della massa del veicolo, che ha un considerevole impatto sulle nostre strade, infrastrutture sulle quali investiamo molto». Come detto, la riduzione del gettito è lontana dal limite di 80 milioni chiesto dal PPD nella sua iniziativa. Ancora Gobbi: «Stiamo lavorando al Preventivo 2023 e dobbiamo fare i conti con il contenimento della spesa e l’impatto delle varie crisi internazionali che si susseguono». Tradotto in parole povere, ridurre eccessivamente le entrate creerebbe non pochi problemi. Quella proposta è una soluzione sostenibile: spingere su una versione estrema da una parte o dall’altra non è invece sostenibile». Nella sua controproposta, il Governo esclude anche la possibilità di una moratoria: «Dopo 13 anni è superata dagli eventi e premierebbe ulteriormente veicoli poco efficienti creando disparità di trattamento».
Quanto pagherebbe la Tesla e quanto il Pandino?
Mettiamo a confronto una Tesla Model S con una Fiat Panda. Con il nuovo sistema di calcolo del Governo, la vettura elettrica dal peso di circa 2.162 kg costerebbe 237,82 franchi. Una Fiat Panda relativamente datata (peso 1.015 kg e emissioni pari a 130 g/km CO2) ne costerebbe invece circa 250.