L’imposta spacca in tre la politica, e l'UPSA avverte:«Con il CO2 è un autogol»
Il dibattito sulla futura imposta di circolazione si sta facendo sempre più arroventato. Dopo l’accelerata del PPD avvenuta tre settimane fa, i tempi si sono fatti più stretti e le scadenze sono ormai note a tutti: il tema sarà dibattuto a fine giugno in Gran Consiglio e quindi entro settimana prossima in Commissione gestione e finanze andranno presentate le varie proposte.
Al momento, però, sul tavolo della Gestione c’è solo una certezza: il rapporto targato PPD-Lega-UDC (firmato da 8 commissari su 17) che propone di riprendere le richieste dell’iniziativa popolare democratica del 2017. Iniziativa che, ricordiamo, vuole plafonare a 80 milioni gli incassi dell’imposta e propone una nuova formula di calcolo (composta da una tassa base uguale per tutti e un’unica variabile legata alle emissioni di CO2).
E intanto, proprio ieri in Gestione è stata presentata pure la proposta del PLR che, tramite un altro rapporto, chiede di plafonare gli incassi a circa 96 milioni e propone una formula che include (oltre alle emissioni di CO2) pure il peso a la potenza del veicolo.
Ma non è tutto: anche se la formula proposta dal PLR riprende sostanzialmente quella avanzata dal PS la settimana precedente, non è detto che socialisti ed ecologisti finiscano per appoggiare il rapporto liberale radicale. Anzi, come riferitoci dal capogruppo Ivo Durisch, non è escluso che il fronte rossoverde arrivi a presentare un terzo rapporto: «Siamo contenti che il PLR abbia ripreso la nostra formula. Ma resta aperta la questione del montante degli incassi. Decideremo settimana prossima, ma si potrebbe anche arrivare a tre rapporti», rileva Durisch. E l’ipotetico rapporto PS-Verdi, cosa prevederebbe? «Utilizzeremmo la stessa formula (con CO2, peso e potenza), decidendo poi un montante da prelevare e indirizzando una parte di questi soldi verso la promozione del trasporto pubblico, in particolare per calmierarne il costo per il ceto medio e medio-basso».
Insomma, sul fronte politico le strade aperte sono molteplici. Ma c’è di più: proprio ieri in Gestione è arrivata anche una missiva di «peso», quella dell’Unione professionale svizzera dell’automobile (UPSA) Sezione Ticino. Una lettera in cui l’associazione rende attenta la politica del rischio, con la nuova formula basata sul CO2, di farsi nuovamente un «autogol».
Le critiche di UPSA
Nella missiva l’UPSA chiarisce fin da subito di «condividere pienamente» una riduzione dell’imposta di circolazione. Tuttavia, sottolinea pure diverse criticità legate alla formula di calcolo basata sul valore delle emissioni di CO2.
Innanzitutto, l’associazione spiega che «il valore di CO2 non è un valore caratteristico di un’automobile, ma è il risultato di una misurazione eseguita secondo parametri definiti». E, «se cambiano i parametri, cambiano anche i risultati». E manco a dirlo questi parametri sono recentemente cambiati nel 2021, e molto probabilmente cambieranno di nuovo nel 2025.
Concretamente, significa che «oggi il parco veicoli è composto da automobili omologate secondo il vecchio ciclo e automobili omologate secondo l’attuale ciclo». Parametri che, precisa UPSA, non sono paragonabili tra loro.
Per spiegare meglio la problematica, UPSA prende quindi l’esempio di una Peugeot modello «2008 1.2i STT»: il modello immatricolato nel 2020 ( con i parametri vecchi, il CO2 equivale a 103), mentre il modello immatricolato nel 2022 (con i parametri nuovi, il CO2 equivale a 146 ). «Ci troveremmo nella assurda situazione che per lo stesso modello i due proprietari pagherebbero una tassa di circolazione differente», segnala UPSA. E oltre a ciò, «per assurdo il proprietario del veicolo più recente pagherebbe una tassa di circolazione superiore (malgrado il veicolo più recente e quindi meno inquinante) del proprietario del veicolo più vecchio, contraddicendo il principio di chi più inquina più paga». Insomma, detto in parole povere: il valore delle emissioni non è affidabile.
Ma oltre a ciò, aggiunge poi UPSA, anche «dal punto di vista della giustizia sociale (...) si andrebbe a creare una situazione altamente paradossale». A questo proposito l’associazione fa un altro esempio: il detentore di una Dacia Spring pagherebbe la stessa imposta del detentore di una Porsche Taycan turbo.
Infine, UPSA fa pure notare che «nei prossimi anni le auto elettriche sono destinate ad aumentare di numero» e «avendo tutte un valore di emissioni di CO2 pari a zero porteranno a un’inevitabile diminuzione degli introiti della tassa di circolazione», mentre «in contropartita avremo un aumento del peso medio delle auto (poiché le auto elettriche con batteria sono generalmente più pesanti) con maggior degrado delle strade e un aumento della necessità di infrastrutture pubbliche per la gestione delle ricariche necessarie per questo tipo di vettura». Insomma, spiega l’associazione nella lettera, «la soluzione CO2 quale base per il calcolo dell’imposta sarebbe un palese autogol» e così facendo la politica si ritroverebbe, in poco tempo, a «rimettere in discussione, per l’ennesima volta, la tassa di circolazione».