In dieci anni è raddoppiata l’offerta per conciliare lavoro e famiglia

Ormai da un paio di decenni, il tema della conciliabilità lavoro-famiglia è tra i più discussi e dibattuti, sia sul piano politico che sociale. In un contesto in cui sempre più genitori decidono entrambi di mantenere il proprio lavoro e dinanzi a sfide come la crescente denatalità, spesso e volentieri la parola d’ordine è proprio «conciliabilità». Un dibattito importante e che, come vedremo, sta certamente dando i primi frutti, anche in Ticino. Le cifre – forniteci in questi giorni dall’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani (UFaG) del Dipartimento della sanità e della socialità – sono lì a dimostrarlo. Basti pensare che nel nostro cantone il numero di posti disponibili negli asili nido e micro-nidi è essenzialmente raddoppiato negli ultimi 13 anni: erano 1.291 nel 2010, sono oggi 2.236 (+73%), spalmati su 71 strutture. E non va dimenticato che in media ogni posto disponibile è «occupato» da due bambini, accolti nella stragrande maggioranza dei casi a tempo parziale. A spanne, parliamo quindi di oltre 4 mila bambini.
La crescita è stata pure più importante per i posti disponibili nei centri extra-scolastici (che accolgono bambini della scuola dell’obbligo nelle fasce orarie extrascolastiche e le vacanze), passati da 488 nel 2010 a ben 1.343 (+175%), spalmati su 38 strutture. Senza dimenticare, infine, l’importante aiuto fornito dalle famiglie diurne, che oggi accolgono circa 1.400 bambini.

Presa di coscienza
«Questo percorso – spiega al Corriere del Ticino il capo dell’UFaG Marco Galli – è iniziato in Ticino a metà degli anni Duemila, con la nuova legge cantonale e il nuovo programma d’impulso a livello federale, che hanno favorito la creazione di nuove strutture». Ma non solo: questo percorso «ha portato a un’accresciuta sensibilità sia da parte della politica che della società tutta, compreso il mercato del lavoro». Si è capito, in sostanza, «che la conciliabilità è necessaria sia per la famiglia che per l’azienda». Detto diversamente: «Le imprese hanno compreso l’importanza della conciliabilità per mantenere in azienda il proprio personale o per ingaggiarne di nuovo». Non a caso, «questo tema per le nuove generazioni è molto più importante». Un’accresciuta sensibilità sociale e politica che, accompagnata da politiche pubbliche cantonali e federali, concretamente ha portato al raddoppio dell’offerta.
Un aumento sufficiente?
Cifre certamente positive per il «sistema» conciliabilità. Ma sufficienti per coprire il crescente fabbisogno? «In termini generali – risponde Galli – possiamo dire che per la prima infanzia siamo vicini al punto d’equilibrio». Per una vera e propria analisi, però, occorrerà attendere qualche mese. «Un importante compito che come Cantone siamo chiamati a fare riguarda la pianificazione, per determinare bisogno e offerta. Questo lavoro è in corso e dovrebbe concludersi entro l’inizio del prossimo anno». La pianificazione permetterà anche di capire in maniera più dettagliata se ci sono distretti più «sguarniti» di altri. In attesa dei risultati della pianificazione, è però già possibile tracciare qualche tendenza. «Sicuramente il Mendrisiotto è la regione più coperta», spiega Galli. «Anche il Luganese è abbastanza coperto, ma il dato andrà analizzato a fondo perché in questa regione il bisogno è alto e ci sono molti posti di lavoro». Infine, «nel Locarnese, nel Bellinzonese e nelle Tre Valli ci sono ancora dei margini di completamento». A ogni modo, come si diceva, «siamo vicini al punto d’equilibrio tra domanda e offerta, tantoché dovremo mettere dei freni in alcune regioni. Anche perché se non c’è fabbisogno il Cantone non garantisce il finanziamento». Un finanziamento, va detto, non da poco: l’ente pubblico, mediamente, copre più della metà dei costi sostenuti dagli asili nido, compresi i sussidi alle famiglie per il pagamento delle rette. In cifre assolute, la spesa cantonale per la conciliabilità è passata da circa 6 milioni di franchi nel 2010 a quasi 35 milioni nel 2022. Per gli aiuti al pagamento delle rette, ad esempio, si spendono oggi circa 8 milioni di franchi. Erano meno di due milioni nel 2018.
Retta dimezzata
Un netto aumento, in termini di sforzo da parte del Cantone, avvenuto proprio negli ultimi anni. «Un cambiamento importante per tutto il settore – spiega a tal proposito la capo settore finanze dell’UFaG Stefania Mirante – è stata la riforma fisco-sociale del 2019». Essa, concretamente, «ha aumentato i contributi cantonali a favore delle strutture, ma soprattutto ha introdotto la novità degli aiuti alle famiglie per pagare le rette». Aiuti suddivisi in tre tipi: «Quello universale che viene fornito a tutte le famiglie, quello riservato ai beneficiari della riduzione dei premi di cassa malati e quello riservato ai beneficiari degli assegni di prima infanzia». Ciò, prosegue Mirante, «ha permesso di aiutare maggiormente le famiglie con un reddito medio-basso». In soldoni, infatti, per chi può beneficiare dell’aiuto universale e dell’aiuto per i beneficiari della riduzione dei premi di cassa malati, la retta viene quasi dimezzata (se per esempio la retta a tempo pieno fosse di 1.200 franchi al mese, con i due aiuti si ridurrebbe a circa 670).
Più in generale, la riforma ha prodotto due tendenze: «È ovvio che questi aiuti hanno reso le strutture più attrattive, in particolare per quei genitori che prima rinunciavano davanti a costi troppo elevati. Ciò si è concretizzato nell’aumento della domanda. D’altra parte, la riforma ha pure rappresentato un incentivo a rientrare nel mondo del lavoro, oppure ad aumentare la percentuale di lavoro. Ha quindi anche avuto, indirettamente, un impatto sull’attività economica del cantone».
Non solo cifre
«Se l’accresciuta accessibilità per i redditi medio-bassi è stata un’importante conquista – aggiunge Galli –, un’altra grossa conquista è stata quella del miglioramento della qualità». Ad esempio, «oggi il personale è molto più formato rispetto al passato: siamo circa al 90% di personale formato con un diploma di livello secondario o terziario». Inoltre, «un’altra conquista è stata l’introduzione del Contratto collettivo di lavoro, diventato d’obbligatorietà generale proprio quest’anno, che ha permesso di migliorare le condizioni quadro del personale, rendendo il mestiere attrattivo anche per i residenti. Senza dimenticare la formazione continua e, infine, il lavoro di vigilanza dell’UFaG». Insomma, chiosa Galli, «se uniamo tutti questi elementi (la crescita quantitativa, quella qualitativa, il miglioramento delle condizioni quadro per il personale e la maggior accessibilità per le famiglie) possiamo dire che il settore in questi anni ha fatto un notevole salto in avanti».
Non chiamateli "parcheggi"
Insomma, per dirla con le parole del capo ufficio Marco Galli, «il settore sta vivendo un bel momento». E, in questo contesto, è pure importante sottolineare il ruolo educativo di queste strutture. Se in passato qualcuno poteva considerarli dei «parcheggi» per bambini, oggi non è più così. «Si tratta di vere e proprie agenzie educative – evidenzia Galli –, che completano l’educazione genitoriale con un approccio educativo moderno». Detto altrimenti: «Se prima il nido era pensato quasi unicamente per la conciliabilità lavoro e famiglia, adesso il focus è posto sul benessere del bambino». Il nido, dunque, grazie all’accresciuta qualità e professionalità, «è diventato una struttura educativa a tutti gli effetti».
In questo senso, ad esempio, Galli tiene a sottolineare un altro cambiamento che sta vivendo il settore proprio in questi ultimi anni: «L’inclusione dei bambini con bisogni particolari o di quelli provenienti da un contesto migratorio. I primi 4 anni di vita sono fondamentali per tutti, ma specialmente per questi bambini poter socializzare con altri bambini e poter parlare in italiano è molto importante». Insomma, come la scuola dell’obbligo, anche gli asili nido assumono sempre più un valore importante in termini d’inclusività.