«In Ticino ci sono troppi statali»
In Ticino ci sono troppi dipendenti pubblici? Per il cosiddetto «fronte borghese» la risposta è chiara e netta: sì, e quindi occorre intervenire. Come? Con un’iniziativa popolare che permetta di diminuirne il numero complessivo di circa il 10% (esclusi i docenti e il personale di cura dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale) e poi applicare poi un «tetto» affinché questi non superino l’1,3% della popolazione residente.
Eccolo, più nel dettaglio, il contenuto dell’iniziativa popolare – di cui si parla in realtà da diversi mesi – che è stata ufficialmente lanciata oggi da un comitato nel quale figurano rappresentanti di UDC, Lega, PLR e Centro e pure dell’Associazione industrie ticinesi (AITI) e della Camera di commercio (Cc-Ti). Insomma, per il «fronte borghese» la situazione, come detto, è chiara: il Ticino ha troppi dipendenti statali e occorre rimediare, prima diminuendoli e poi limitandoli strutturalmente nel tempo.
Il contesto che ci ha portati qui
A descrivere il contesto che ha portato al lancio dell’iniziativa è stato il primo firmatario, il consigliere nazionale Piero Marchesi (UDC). A giocare un ruolo, sono stati essenzialmente due fattori: la difficile situazione delle finanze cantonali e il numero crescente degli «statali».
«Negli ultimi 10 anni, a parte qualche eccezione, le spese correnti sono sistematicamente state superiori ai ricavi correnti. Sull’arco di 14 anni, dal 2015 al 2028, si prevede che solo quattro volte i conti chiudano in positivo. Il debito pubblico nel 2028 arriverà a 3,3 miliardi di franchi». Tutti dati che, ha evidenziato Marchesi, «ci devono far riflettere». Anche perché «chiaramente», ha aggiunto, tra le varie spese c’è la voce importante sul personale, i cui costi si prevede aumentino del 15% tra il 2020 e il 2028. Senza dimenticare che «più della metà dei ricavi vengono bruciati per pagare gli stipendi dell’amministrazione pubblica» e sovente con le sole entrate derivanti dalle imposte delle persone fisiche «non si riesce a coprire questo costo». Tutto ciò, per fornire altre cifre, per quasi 9.200 dipendenti pubblici, che diventano circa 5.200 escludendo i docenti e il personale dell’OSC. Troppi? Sì, secondo il comitato, ma anche secondo lo studio dell’IDHEAP (l’Istituto superiore di studi in amministrazione pubblica, citato più volte durante la presentazione dell’iniziativa) che recentemente su richiesta del Gran Consiglio ha analizzato i vari settori dell’amministrazione. Studio secondo cui, nel confronto intercantonale, nell’amministrazione pubblica il Ticino spende circa il 33% in più rispetto alla media. E tutto ciò, che cosa comporta? Per Marchesi «più burocrazia, più sprechi di risorse e più costi per i contribuenti». E allora «occorre mettere un corsetto alla politica che ha dimostrato più volte di non voler risolvere la questione», lanciando, appunto, l’iniziativa in questione che ha l’obiettivo «di limitare progressivamente il costo per il personale».
La proposta nel dettaglio
Che cosa prevede, dunque, questa iniziativa? Si chiede – citiamo dal Foglio ufficiale – di «limitare progressivamente il costo del personale, mediante una modifica della legislazione cantonale che: fissi un tetto massimo del numero dei dipendenti dell’amministrazione cantonale e impedisca che, per raggirare questo tetto massimo, si riversino compiti ai Comuni o a altri enti; riduca di conseguenza il numero di personale impiegato basandosi sul costo medio del personale del Cantone nel caso di esternalizzazione dei servizi». E ancora: «Il numero dei dipendenti cantonali (esclusi i docenti in senso stretto e il personale di cura dell’OSC) non dovrà superare l’1,3% della popolazione residente in Ticino». E, seguendo tale parametro, «si prevede una riduzione del 10% del personale indicato (circa 580 unità)». Anche le tempistiche sono chiare: «L’obiettivo dovrà essere raggiunto entro cinque anni dall’adozione dell’iniziativa e successivamente mantenuto». Un obiettivo che, viene precisato, «può essere perseguito per esempio mediante la non sostituzione dei partenti totale o parziale e/o altre misure».
«Niente licenziamenti»
Un’iniziativa che, ha insistito più volte Marchesi, «vuole essere moderata»: «Diamo 5 anni per ridurre solo del 10% il numero dei dipendenti. Calcolando che circa 300 persone all’anno lasciano l’amministrazione (tra pensionamenti e partenze verso il privato, ad esempio), in cinque anni ne partirebbero circa 1.500. Quindi ridurre di circa 500 unità non dovrebbe essere un problema».
«L’obiettivo non è certo licenziare, ma ragionare sui ricollocamenti interni, sulla razionalizzazione dei compiti», gli ha fatto eco il presidente del comitato promotore, Gianmaria Frapolli (Lega). Anche perché «non è accettabile che metà del gettito finisca in spese per il personale: qualsiasi azienda sarebbe in crisi». Occorre dunque maggiore efficienza e «uno snellimento importante da parte dell’amministrazione», senza il quale c’è troppa burocrazia. Nel fare questo lavoro, ha aggiunto più tardi il leghista, «il Governo non dovrà più lavorare a compartimenti stagni, ma con una visione d’insieme».
Sulla stessa linea anche la deputata del PLR Cristina Maderni, che in questa occasione rappresentava pure le due associazioni economiche. «Lo Stato non deve contrapporsi all’economia togliendo persone e risorse al settore privato, come sta avvenendo oggi», ha sottolineato nel suo intervento. Anche perché «il processo di efficientamento del personale dello Stato» avrebbe diversi benefici: «Un migliore uso delle risorse incentiverebbe l’efficienza amministrativa; meno opportunità nel settore pubblico significa incentivare più persone a creare nuove imprese, stimolando l’innovazione e la crescita economica; stimolare il settore privato anziché quello pubblico può rendere l’economia locale più competitiva; e meno dipendenti pubblici possono significare meno burocrazia e un minor carico fiscale a persone fisiche e giuridiche».
Dal canto suo il deputato del Centro, Gianluca Padlina, ha anch’esso messo l’accento sui «trend inquietanti» riguardanti le finanze cantonali e l’aumento dei dipendenti statali, evidenziando poi «la difficoltà di Governo e Parlamento nel trovare soluzioni». Motivo per cui, lo strumento dell’iniziativa popolare e l’eventuale sostegno dei cittadini in votazione darebbe forza a interventi di questo tipo, legittimando il Gran Consiglio ad agire di conseguenza. Come dire: per sbloccare la situazione occorre l’intervento del popolo.
Già, perché non va dimenticato – facciamo notare noi – che il fronte borghese avrebbe teoricamente i numeri in Parlamento (e pure in Governo) per cambiare le cose. «È vero, a volte è mancato un po’ il coraggio, la benzina», ha ammesso Marchesi, prima di mettere l’accento su un altro aspetto: «Di positivo c’è che, rispetto al passato , i quattro partiti (ndr. del fronte borghese) e le associazioni economiche oggi hanno iniziato a collaborare di più. Certo, con sensibilità diverse, ma quando c’è la possibilità lavoriamo assieme».
La reazione del PS
Da noi raggiunto durante la manifestazione sui premi di cassa malati, il co-presidente del PS Fabrizio Sirica ha definito l’iniziativa sul numero dei dipendenti pubblici «pericolosa e ideologica». Se ascoltassimo veramente le necessità della popolazione capiremmo che in realtà i servizi vanno rafforzati, non diminuiti». Detto altrimenti: «È un’iniziativa sorda rispetto ai bisogni reali della popolazione, del tutto ideologica e che cerca di fare campagna elettorale sui bisogni della popolazione». La preoccupazione del PS è inoltre dettata dal fatto che un’iniziativa simile «aumenta le distanze tra i partiti in un momento di preventivi in rosso». Senza dimenticare che i partiti promotori in realtà «non hanno mai detto dove esattamente andare a risparmiare, a quale servizio rinunciare». Anche il fronte esteso alle associazioni economiche non è visto di buon occhio: «Preoccupa moltissimo – chiosa Sirica – perché le associazioni di categoria dovrebbero portare avanti il partenariato sociale, il dialogo. E sposare acriticamente un’iniziativa che vuole smantellare il servizio pubblico allarga solo le distanze e non permette il dialogo».