La scuola, un gioco di squadra
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Le vacanze scolastiche volgono pian piano al termine e mancano ormai pochi giorni al rientro degli allievi in classe. Un rientro che, per forza di cose, sarà un po’ diverso per gli studenti ticinesi, ma anche per i docenti e direttori d’istituto che in questo poco tempo sono chiamati a organizzarsi per preparare al meglio l’ormai famosa «scuola in presenza» nel contesto di questa «nuova normalità».
Una formula, quella in presenza, annunciata la scorsa settimana dal consigliere di Stato Manuele Bertoli e che è stata ben accolta dalla Conferenza cantonale dei genitori (CCG). Come ci spiega la presidente Anna De Benedetti-Conti, «molti genitori hanno appreso con sollievo della possibilità per i giovani di tornare fisicamente a scuola». «Anche perché - rimarca la presidente - anche se per poco tempo già lo scorso mese di maggio abbiamo potuto constatare i numerosi benefici che la scuola in presenza porta per i ragazzi e le ragazze, così come per le famiglie in generale. I bambini hanno bisogno del confronto tra loro e con i docenti». Ovviamente, però, non mancheranno i momenti di incertezza. Come comportarsi se un bambino dovesse starnutire o tossire? Un’incertezza con cui, secondo la nostra interlocutrice, «dovremo in qualche modo imparare a convivere». Ad ogni modo «sarà un gioco di squadra tra i genitori e i docenti. Senza dimenticare che fino al tampone nessuno può avere la prova del contagio. E in questo senso sarà fondamentale il ruolo del pediatra che sarà chiamato a chiarire eventuali dubbi».
Servirà grande flessibilità
Un gioco di squadra, dunque. Come ribadisce anche il presidente dell’Associazione dei pediatri della svizzera italiana, il dottor Marcel Bergmann. «Condivido il concetto del gioco di squadra» sottolinea. «Perché la riapertura delle scuole in presenza è una sfida difficile sia a livello emotivo sia a livello organizzativo. Una sfida che, in particolare, richiederà grande flessibilità da parte dei genitori. Ma non ho nessun timore: la popolazione ticinese ha dimostrato grande unità e senso di responsabilità durante i mesi più duri». Importante, secondo Bergmann, è la fiducia. «Trattandosi di una grande sfida, sarà molto utile attenersi alle decisioni cantonali» prosegue. «Bisogna quindi avere fiducia nelle nostre istituzioni e nelle nostre autorità sanitarie. Sappiamo, ad esempio, che i bambini piccoli non sono dei vettori del contagio e che quasi sempre il decorso è lieve. La fascia di età più problematica a mio avviso riguarda gli adolescenti, le Scuole Medie. Lì il virus potrà circolare più facilmente, ma sarà anche relativamente più semplice adottare misure di igiene e di protezione. Comunque sì, sono ottimista in vista della riapertura. Non mi spaventa la scuola in quanto tale: più problematici potrebbero essere i luoghi attorno. Ecco che allora i genitori sono ancora una volta centrali: quando porteranno i figli a scuola, o quando torneranno a prenderli, dovranno saper mantenere le distanze con gli altri genitori. In fondo bastano pochi semplici gesti per proteggerci, e proteggere i nostri cari». Per Bergmann, inoltre, «l’inizio della scuola non coinciderà con un aumento delle nuove infezioni. In questo senso, saranno più problematici i grandi eventi». Una criticità sarà la comparsa dei sintomi in un allievo. Come comportarsi? Ancora il pediatra: «Come sempre, i bambini si ammaleranno di altri virus stagionali. Penso al raffreddore, ad esempio. Non bisognerà allora lasciarsi prendere dal panico, anche se capisco i genitori. Bisognerà comunque essere ragionevoli e pragmatici, cercando in tutti i modi di proteggere i gruppi a rischio. I casi di decorso grave a causa della COVID-19, nei bambini, sono pochissimi per fortuna. Ma con i virus è così, e bisogna accettarlo: succede a volte anche con la varicella o con il morbillo. O con l’influenza stagionale, che in qualche raro caso può dare delle polmoniti anche nei più piccoli».
Come si riparte
Tutti i dettagli su come le scuole del cantone riapriranno saranno noti solo la prossima settimana, ma intanto le prime indicazioni del DECS sono presenti nei due modelli di piano di protezione (uno per la scuola dell’obbligo e uno per quella post-obbligatoria) pubblicati negli scorsi giorni dallo stesso Dipartimento. Modelli che prevedono, ad esempio, che ogni istituto prepari uno spazio separato nel caso in cui un allievo minorenne dovesse presentare sintomi come «febbre, tosse, mal di gola, diarrea, raffreddore o affanno respiratorio». La scuola, in quel caso, dovrà quindi collocarlo «in uno spazio separato (individuato in anticipo) assicurando una verifica regolare delle sue condizioni e facendogli indossare una mascherina (unicamente se è in grado di indossarla e togliersela autonomamente)». In seguito contattarà i genitori (o le persone di contatto) per informarli «della necessità che l’allievo rientri al più presto a casa». Ovviamente, se l’allievo dovesse presentare questi sintomi prima di andare a scuola, «deve rimanere a casa, mettersi in isolamento per evitare di contagiare altre persone e sottoporsi al test».