Verso il voto del 9 giugno

Molta confusione sulle pensioni: «Facciamo chiarezza sull’IPCT»

Il direttore della Cassa pensioni dello Stato, Daniele Rotanzi, a fronte di affermazioni incorrette o incomplete, fa alcune precisazioni sulle misure di compensazioni per gli affiliati e sullo stato di salute dell’istituto: «Con un sì alle urne rendite nella media»
©Chiara Zocchetti
Paolo Gianinazzi
29.05.2024 06:00

Tasso di conversione, tasso tecnico, grado di copertura, percentuali a destra e sinistra, milioni e miliardi. Il tema in votazione il 9 giugno sulle misure di compensazione per gli affiliati all’Istituto di previdenza del Canton Ticino (IPCT) è assai complicato. Ostico, a tratti. Tantoché, nelle ultime settimane, nel dibattito pubblico se ne sono sentite un po’ di tutti i colori. Insomma, tanti aspetti tecnici, altrettanta confusione. Una confusione che, al di là degli aspetti più prettamente politici, lo stesso istituto vorrebbe evitare. Per dirla con le parole del direttore Daniele Rotanzi: «Sono state dette cose che non c’entrano con il voto, oppure che sono tecnicamente errate. E come direzione ci preme, al di là delle legittime posizioni politiche, precisare alcuni aspetti». Detto altrimenti: che il dibattito politico diventi acceso è comprensibile, ma esso dovrebbe perlomeno essere basato su cifre e argomentazioni corrette dal punto di vista tecnico.

Un esempio? «Spesso sono stati confusi due temi distinti: le misure di compensazione (ossia ciò su cui andremo a votare) e il processo di risanamento della cassa pensioni». Sono, come detto, due temi completamente separati. E, spiega Rotanzi, «sia che passi il sì, sia che passi il no, per la situazione della cassa non cambierà nulla». Insomma, il 9 giugno ci esprimeremo solo sulle misure di compensazione (volute dalla politica per evitare agli affiliati un taglio delle pensioni attorno al 15%) e non sul risanamento della cassa. «Si tratta unicamente - precisa il direttore - di decidere quale livello delle rendite, in quanto datore di lavoro, si vuole dare agli assicurati: nella media di altri datori di lavoro paragonabili, votando sì, oppure ben al di sotto della media, votando no, come ben riassunto dal grafico».

E in ogni caso, a prescindere dal voto, anche l’argomento secondo cui la situazione della cassa è «tra le peggiori in Svizzera» va relativizzato e contestualizzato. «È vero - rileva Rotanzi - che abbiamo il grado di copertura più basso in Svizzera, ma ciò è dovuto a una precisa scelta politica fatta nel 2012». Ovvero? «Allora per il risanamento si decise d’iniettare un contributo una tantum di 454,5 milioni. Una cifra importante, sì, ma contenuta in relazione al disavanzo totale (allora pari a 2,6 miliardi). Si decise di privilegiare contributi di ricapitalizzazione annui (a carico degli affiliati e, soprattutto, dei datori di lavoro) rilevanti». Insomma, invece di iniettare in un colpo solo (come fatto da altri Cantoni; Zurigo, ad esempio, ha iniettato 2 miliardi) una somma importante e rimettere subito i conti in ordine, si è deciso di farlo un po’ alla volta, anno dopo anno. Ciò, rileva Rotanzi, «fa sì che oggi il grado di copertura dell’IPCT appaia più basso rispetto ad altre realtà che hanno scelto altre strategie, ma non significa che la Cassa è tra le peggiori in Svizzera. Anche perché quei contributi di ricapitalizzazione annui se attualizzati da qui al 2051 porterebbero il grado di copertura oltre l’80%». Insomma, «raggiungere l’obiettivo fissato per legge federale dell’80% di grado di copertura nel 2051 (esteso all’85% nella legge cantonale) è assolutamente fattibile». E non è vero, «come affermato da alcuni, che la probabilità di farcela è come giocare a testa o croce: è un obiettivo a portata di mano perché se nel corso dei prossimi 30 anni l’evoluzione del grado di copertura non fosse quella attesa, la Cassa dispone di vari strumenti per correggere il cammino (ad esempio intervenendo sulla remunerazione dei capitali degli assicurati o sul rincaro delle pensioni)». Semplicemente, l’IPCT arriverà all’80% (rispettivamente all’85%) in maniera graduale, mentre altre Casse (per scelte diverse fatte dalla politica) ci sono arrivate subito.

Sempre sulla situazione della Cassa, anche riguardo al «famoso» deficit di quasi 3 miliardi il direttore tiene a precisare un paio di aspetti. In primis, «va detto che si tratta di un disavanzo tecnico, che non va confuso con un debito finanziario». In parole povere: «Non è che siamo indebitati presso una banca e dobbiamo pagare interessi annui su questa cifra. È semplicemente un dato contabile». La cui evoluzione, aggiunge Rotanzi, «oltretutto dimostra che il deficit è stato ridotto: siamo partiti da un deficit di 2,6 miliardi nel 2013, ridotto a 2,1 con i 454 milioni allora iniettati dal Cantone. Nel frattempo, la diminuzione del tasso tecnico dal 3,5% al 2% (un fattore esogeno comune a tutte le casse pensioni in Svizzera, dovuto al minor rendimento atteso degli investimenti) ha accresciuto il deficit di 1,3 miliardi. Ma oggi siamo a quota 2,8 miliardi: ciò significa che negli ultimi 10 anni (proprio grazie ai contributi di ricapitalizzazione di cui parlavo prima e a una remunerazione sui capitali degli assicurati molto prudente) abbiamo abbattuto questo deficit tecnico di 600 milioni, e questo nonostante l’annus horribilis dei mercati finanziari (-9% nel 2022)». Insomma, in sintesi, «contestiamo con fermezza le affermazioni secondo cui la situazione della Cassa è pessima o, peggio ancora, vicina al baratro. Ciò semplicemente non corrisponde alla realtà».

«Tengo anche a sottolineare - aggiunge Rotanzi - che l’attuale disavanzo non è l’effetto di scelte deliberate dell’IPCT, ma la conseguenza di disposizioni legislative superiori (cantonali e federali) fuori dal perimetro d’intervento della Cassa. Fino al 2012 la legge cantonale disciplinava sia le prestazioni che i contributi e questi ultimi erano insufficienti a finanziare tali prestazioni (ciò che nei decenni, in particolare a partire dalla fine degli anni ‘80 ha progressivamente deteriorato il grado di copertura). Nel 2012 è stata decisa dal Parlamento la riforma e relativa ricapitalizzazione della Cassa per ottemperare alle nuove disposizioni legislative federali. Infine, dal 2013, nella nuova legge cantonale sull’IPCT sono state introdotte delle garanzie di pensione per gli allora ultracinquantenni secondo il vecchio piano in primato delle prestazioni che hanno appesantito il cammino di ricapitalizzazione della Cassa. L’attuale disavanzo di 2,8 miliardi è la conseguenza di questi tre atti legislativi, dei quali l’IPCT ha potuto solo prendere atto».

L’ultimo aspetto che la direzione tiene a precisare, per tornare al «vero» oggetto in votazione, riguarda le famose «pensioni da privilegiati». «È vero - chiosa Rotanzi - che le generazioni passate hanno beneficiato di ottime prestazioni , ma le generazioni attuali, semplificando i nati dal 1963 in poi, beneficiano di prestazioni in media con quelle delle altre casse pensioni pubbliche ticinesi e svizzere prese a paragone (cfr. grafico). Un sì il 9 giugno permetterebbe di mantenere tale livello medio (anzi, leggermente sotto la media), mentre un no renderebbe le prestazioni IPCT nettamente le peggiori di tutte le altre casse paragonate».