Mendrisio

«Mori» senza trucco: scelta «capita e sostenuta»

Cosa c’è dietro la decisione dalla Fondazione Processioni Storiche di rinunciare a pitturare il viso di chi interpreta personaggi di colore durante la Funziun di Giüdee? Abbiamo cercato di capirlo coinvolgendo l’UNESCO e l’Ufficio federale della cultura – Un ruolo lo ha avuto anche un’intervista «tagliata»
Lidia Travaini
10.02.2024 06:00

Il dibattito è lanciato. Non solo a Mendrisio e per tanti motivi. Tra essi spiccano il fatto che le Processioni Storiche siano amatissime nella regione (e non solo), il fatto che siano conosciute in tutto il mondo e naturalmente la natura della novità emersa nei giorni scorsi, vale a dire la decisione di rinunciare al trucco facciale scuro per chi interpreta i «mori» durante la Funziun di Giüdee del Giovedì Santo. Ad oggi a prevalere sembra essere il numero – non parliamo di ragioni o motivazioni perché non è detto che in questa vicenda ci sia un giusto e uno sbagliato – dei contrari, vale a dire dei favorevoli al mantenimento dello status quo e quindi del trucco facciale.

Scelta «capita e sostenuta» 

Il nostro obiettivo non è tuttavia schierarci per l’uno o l’altro fronte, o analizzare le motivazioni dei favorevoli e dei contrari. Oggi vogliamo cercare di ricostruire la genesi della decisione della Fondazione Processioni Storiche di Mendrisio. Processioni che dalla fine del 2019 possono fregiarsi di essere una tradizione vivente che fa parte del patrimonio culturale immateriale UNESCO.

Tra le due cose ci sarà un legame? Ci siamo chiesti. Una domanda che abbiamo posto direttamente alla Commissione Svizzera per l’UNESCO, così come all’Ufficio federale della cultura. La prima favorisce il coordinamento degli attori coinvolti nell’ambito del patrimonio mondiale; il secondo, insieme all’Ufficio federale dell’ambiente, assicura la salvaguardia del patrimonio culturale e naturale. Ci hanno risposto congiuntamente: «L’Ufficio federale della cultura, responsabile del monitoraggio dello sviluppo delle tradizioni elencate, comprende e sostiene la decisione della Fondazione Processioni Storiche di Mendrisio. Uno dei compiti e delle responsabilità dei responsabili delle tradizioni è quello di farle evolvere costantemente, in particolare per quanto riguarda le trasformazioni del contesto sociale. La Commissione svizzera per l’UNESCO ci ha informato che condivide questo punto di vista».

L’intervista tagliata

La scelta appare dunque incoraggiata ma non richiesta, da Berna o dall’UNESCO. Quindi esclusivamente della fondazione mendrisiense. Un legame con il riconoscimento UNESCO sembra però esserci. Legame che il presidente della Fondazione Gabriele Ponti nelle scorse ore ha confermato anche durante una trasmissione radiofonica della RSI, svelando inoltre un aneddoto che potrebbe avere avuto un peso in questa scelta. Il ragionamento sul blackface è «iniziato durante la preparazione del dossier per la candidatura UNESCO – ha spiegato –. Ci siamo chiesti quali sono i veri valori da portare avanti in una tradizione vivente e quali sono le sue caratteristiche. Beh, le tradizioni viventi includono tutti e sono inclusive nella sensibilità di ognuno. Abbiamo avuto segnali anche da Oltralpe. Lo scorso anno una ragazza che interpretava un "moro" ha rilasciato un’intervista insieme a un altro figurante, a nostra meraviglia quando è passato il servizio la parte legata al trucco e all’intervista della ragazza che interpretava il lacché moro era stata completamente tagliata. Noi ci siamo ulteriormente chinati sul problema, analizzando il tema del blackface e alla fine ci è sembrato opportuno aggiornare la tradizione».

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