L'intervista

«Nella lotta al cancro abbiamo fatto passi da gigante»

A colloquio con Silke Gillessen Sommer, da due anni direttrice medica e scientifica dell'Istituto oncologico della Svizzera italiana
Paolo Gianinazzi
12.05.2022 06:00

Da due anni è direttrice medica e scientifica dello IOSI, l’Istituto oncologico della Svizzera italiana (EOC). Nel suo campo è considerata tra  i massimi esperti  al mondo. Con Silke Gillessen Sommer facciamo il punto sullo stato dell’arte dell’oncologia.

Negli ultimi anni l’aumento delle diagnosi di tumori è stato significativo. Allo stesso tempo, la probabilità di guarire è cresciuta molto. Dal suo osservatorio, come valuta questa evoluzione?
«Per svariati fattori, la speranza di vita è aumentata parecchio. E sappiamo che purtroppo i tumori sono anche legati all’età delle persone. Tra gli anziani, i tumori diventano più frequenti. In questo contesto, però, facciamo anche molta più prevenzione secondaria, ossia diagnosi precoci. Ed ecco che, effettivamente, constatiamo un aumento del numero di tumori. Ma allo stesso tempo, li diagnostichiamo molto presto, e quindi le probabilità di guarire sono anch’esse cresciute».

Questa evoluzione è da considerare in maniera positiva?
«Sì, così facendo troviamo i tumori a uno stadio meno avanzato e più localizzato. E quindi è più facile guarire. Si tratta di un ottimo segnale. Ma c’è un’altra cosa fondamentale da dire, che a volte dimentichiamo: l’importanza della prevenzione primaria; con il nostro stile di vita possiamo fare molto per prevenire i tumori. In Ticino, in generale, trovo le persone in buona salute. Ma ci sono tre punti su cui vorrei insistere. Il primo consiglio, ovviamente, è di non fumare. Ma da questo punto di vista purtroppo constato che molte giovani donne (più che in passato, rispetto ai maschi) oggi iniziano a farlo. In secondo luogo, è molto importante fare esercizio fisico, soprattutto per le persone con un lavoro sedentario. Infine, il mio consiglio è di consumare poco alcool. Detto ciò, in generale trovo la popolazione in Ticino molto sportiva. Incontro pazienti di 80 anni veramente molto attivi. E questo fa molto piacere».

E sulla prevenzione secondaria, ovvero sulla diagnosi precoce, c’è margine di miglioramento?
«Certo. Si può sempre fare meglio. E per fare ciò abbiamo bisogno di tutti, dobbiamo sensibilizzare l'opinione pubblica. Si pensi al vaccino contro il Papilloma Virus, che in alcuni casi può anche causare tumori. Ecco, questo vaccino si sta dimostrando molto efficace e in Inghilterra diversi studi hanno confermato una riduzione del cancro alla cervice dell’87%. Si tratta di un risultato immenso. Di una bellissima notizia. Ma occorre informare i genitori dei giovani (maschi e femmine) di questa possibilità».

Per alcuni tipi di tumore, ad esempio, è importante iniziare a parlarne già con i giovani adolescenti. Si pensi al tumore al seno

A quale età, in generale, consiglia di iniziare a informarsi sui possibili controlli preventivi sui tumori?
«Dipende molto dal tipo di cancro e pure dalla storia genetica e familiare. Per alcuni tipi di tumore, ad esempio, è importante iniziare a parlarne già con i giovani adolescenti. Si pensi al tumore al seno. Le ragazze sanno fin da giovani dell’importanza dell’auto-palpazione. Tra i giovani ragazzi, invece, il tema del cancro ai testicoli è rimasto un tabù. Eppure, in Paesi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna questo tema è discusso con più facilità».

La ricerca in campo oncologico, negli ultimi anni, ha fatto passi da gigante. Quali sono le novità principali su questo fronte?
«Ci sono state moltissime novità. Su due elementi, però, vorrei insistere perché i miglioramenti sono stati effettivamente molto importanti. Partiamo dal melanoma metastatico. Per decenni non abbiamo avuto un trattamento efficace. Oggi, invece, c’è l’immunoterapia. E il trattamento per il melanoma ha fatto un passo avanti importantissimo. Si tratta di una nuova forma di terapia, che prevede di rafforzare l’immunità del paziente e che ha rivoluzionato il nostro modo di lavorare. Non solo per il melanoma, anche se è vero che per altri tumori non si dimostra così efficace. Proprio per questo motivo, anche allo IOSI stiamo portando avanti progetti di ricerca. Detto del melanoma, l’altro grande passo avanti fatto dalla ricerca riguarda la cosiddetta terapia personalizzata. In estrema sintesi, andiamo a vedere nel tumore quali geni sono mutati, per poi dare al paziente farmaci mirati, pensati per quella particolare mutazione. È una novità molto importante, che funziona abbastanza bene, specialmente per il cancro ai polmoni. In generale, quindi, si può dire che grazie alla ricerca nella lotta al cancro abbiamo fatto passi avanti enormi».

A questo punto, però, non possiamo fare astrazione dal fatto che abbiamo appena attraversato una pandemia. Che impatto hanno avuto questi due turbolenti anni sull’oncologia?
«Soprattutto all’inizio della pandemia, nella primavera del 2020, i pazienti comprensibilmente non volevano andare in ospedale. E purtroppo sappiamo dai dati raccolti da Paesi come l’Inghilterra che, a causa di ciò, oggi si diagnosticano tumori a uno stadio più avanzato. Probabilmente anche da noi la situazione è simile. Ma per conoscere il reale impatto occorre ancora del tempo. Mi auguro che in Svizzera questo problema non sia così presente come nel Regno Unito».

Ancora oggi indossiamo la mascherina e la relazione con il paziente è in parte cambiata. A mancare è il contatto fisico, e in questo senso abbiamo perso qualcosa

Oggi possiamo dire di essere tornati a una certa normalità?
«Sì, ma solo in parte. Ancora oggi indossiamo la mascherina e la relazione con il paziente è in parte cambiata. A mancare è il contatto fisico, e in questo senso abbiamo perso qualcosa».

Veniamo ora allo IOSI. Come sta, oggi, l’Istituto? E quali sono le sue sfide future?
«Premetto che lo IOSI è un istituto fantastico. Io stessa sono tornata dall’Inghilterra per venire allo IOSI perché, a mio modo di vedere, è un vero e proprio gioiello. E abbiamo la fortuna di averlo in Svizzera. Si tratta di un istituto in cui, sotto lo stesso tetto, ci sono la radioterapia, l’oncologia, l’ematologia e le cure palliative. È un po’ il sistema del ‘‘compreshensive cancer center’’ statunitense. L’unica cosa che manca è la chirurgia oncologica. Ma siamo un vero team: lavoriamo molto bene con i chirurghi, con i ginecologi, con tutti gli specialisti. Bisogna considerare che l’oncologia, come disciplina, diventa sempre più complessa, con metodi sempre più avanzati. E quindi dobbiamo lavorare in team, non c’è alternativa. Ad esempio, oggi abbiamo pure una specialista in genetica, perché sappiamo che i tumori hanno spesso anche un background genetico. Non solo il tumore al seno, come noto a tutti, ma anche, ad esempio, il cancro alla prostata. E la nostra specialista si concentra proprio su questo. In questo senso lavoriamo sempre più insieme agli specialisti. Insomma, la multidisciplinarietà e le sinergie sono il futuro dell’Istituto. Anche per il paziente è molto importante che noi lavoriamo insieme, come una squadra, e avanziamo le proposte di trattamento come un team. Oltre a ciò, l’obiettivo dell’Istituto è anche quello di coinvolgere sempre più i pazienti. È ciò che in Inghilterra chiamano «patient empowerment»; significa coinvolgere di più il paziente nella scelta del trattamento. Perché dobbiamo sapere cosa vogliono i pazienti ed è importante tenere in considerazione anche la loro voce nelle decisioni che prendiamo».

Oggi a Lugano si tiene il convegno «Oncoforum». Cosa ci può dire di questa iniziativa?
«Si tratta di un’occasione per i ticinesi di conoscere più da vicino noi specialisti. È importante che la popolazione sia a conoscenza del fatto che con lo IOSI, ma non solo, dispone di un centro di competenza in cui c’è molta esperienza. Ho notato, con sorpresa, che in Ticino la gente pensa che a Zurigo sia tutto migliore. Ma, ad esempio, per l’oncologia non è sempre così. Abbiamo un livello altissimo in molti settori della sanità. E abbiamo specialisti conosciuti in tutto il mondo. Specialisti magari conosciuti persino a New York, ma non a Lugano. Il convegno sarà anche l’occasione per parlare pubblicamente del tema: occorre essere un po’ più aperti quando si parla di tumori. L’oncologia è importante e coinvolge tutta la società: ciascuno di noi conosce qualcuno che ha avuto un cancro. Eppure se ne parla poco. Negli Stati Uniti le persone famose ne parlano apertamente (come Frank Zappa, oppure Angelina Jolie), e così facendo facilitano anche gli altri ad affrontare la questione. In Svizzera, invece, discutere del tema non è molto frequente».

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