Giustizia

Niente mobbing al TPC, ma aspetti di minore gravità

La Commissione amministrativa del Tribunale d’appello ha escluso episodi di vessazione tra le due segretarie Tuttavia, con l’accordo di tutte le parti, per alleviare le tensioni l’interessata sarà trasferita dal 1. gennaio al Ministero pubblico
© CdT/Gabriele Putzu

Niente mobbing al Tribunale penale cantonale (TPC). È quanto ha stabilito la Commissione amministrativa del Tribunale d’appello (l’autorità di nomina per i collaboratori del TPC) sulla base «degli elementi agli atti» e «degli accertamenti preliminari» svolti dall’avvocata Maria Galliani su mandato del Governo.

Insomma, uno dei capitoli dell’affaire «caos al TPC», ovvero quello amministrativo relativo a presunti atti di mobbing tra due segretarie, si è concluso con un nulla di fatto. O quasi. Già, perché la stessa Commissione amministrativa ha fatto sapere che dall’analisi degli atti «sono tuttavia emersi degli aspetti di minore gravità, che hanno portato negli scorsi giorni all’adozione di un provvedimento » di competenza della stessa Commissione. Da quanto abbiamo potuto appurare, si tratterebbe di una sanzione, ossia una multa, riguardante alcuni episodi puntuali. Inoltre, proprio ieri, «quale misura di natura organizzativa volta ad alleviare le tensioni in seno al TPC», la Commissione ha disposto, «con l’accordo dell’interessata e raccolto il consenso del Ministero pubblico», il suo trasferimento allo stesso Ministero pubblico a partire dal 1. gennaio del prossimo anno. La persona in questione, secondo quanto appreso dal CdT, diventerà infatti la segretaria giudiziaria del procuratore pubblico Luca Losa.

Dalle segnalazioni alle denunce

La parte amministrativa di questa vicenda che tanto ha fatto parlare negli scorsi mesi, dunque, si è conclusa senza grandi scossoni. Resta comunque aperto tutto il filone riguardante le segnalazioni, le controsegnalazioni e le denunce, con al centro i cinque giudici che compongono il Tribunale penale cantonale. La prima segnalazione, lo ricordiamo, era stata inoltrata dai giudici Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti proprio sull’onda del rapporto incrinato tra le due segretarie.

Ad ogni modo, come si diceva, se da una parte gli accertamenti dell’avvocata Galliani si sono concentrati esclusivamente sul rapporto professionale tra le due segretarie del TPC (il CdT ha potuto appurare che i giudici in questione non sono stati sentiti per l’allestimento del rapporto), dall’altra non vanno dimenticate le segnalazioni incrociate tra i giudici stessi, così come le denunce penali.

Su quest’ultimo fronte, quello penale, ricordiamo che il procuratore pubblico straordinario nominato dal Consiglio di Stato, Franco Passini (della Procura dei Grigioni), ha già emesso nei mesi scorsi due decreti di non luogo a procedere, in particolare in merito al reato ipotizzato di pornografia, per le immagini inviate via WhatsApp dal giudice Mauro Ermani, e per quello di diffamazione, per i contenuti della segnalazione al Consiglio della Magistratura presentata dai giudici Ermani, Villa e Pagnamenta nei confronti dei colleghi Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti. Resta comunque sul tavolo il ricorso fatto alla Corte dei reclami penali dal difensore di Quadri e Verda Chiocchetti, Marco Broggini, contro il non luogo a procedere per il reato di diffamazione.

Detto della questione penale, in merito alle segnalazioni e controsegnalazioni dovrà ora pronunciarsi anche il Consiglio della Magistratura, ossia l’organo di vigilanza sui magistrati. In una delle segnalazioni, ad esempio, si rimproverava al presidente del TPC di aver «tollerato» la presunta (e a questo punto smentita) situazione di mobbing.

Il capitolo politico

Senza dimenticare, infine, tutti gli addentellati politici legati a questa vicenda, che vedono in primis la Commissione giustizia e diritti del Gran Consiglio intenzionata a esercitare il suo ruolo di alta vigilanza. Dopo che la Commissione amministrativa del Tribunale d’appello ha negato per la seconda volta l’accesso al rapporto Galliani alla Commissione parlamentare, il presidente di quest’ultima, Fiorenzo Dadò, ha infatti fatto capire di voler andare fino in fondo. «La risposta (della Commissione amministrativa, ndr) non ci soddisfa per niente. Di conseguenza ipotizziamo di richiedere un parere esterno, indipendente e autorevole, per capire quale sia il nostro margine di manovra», ha dichiarato al Corriere del Ticino a inizio settimana, evocando anche la possibilità di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta.