«Non è una grande terrorista, gioca a farlo»
«Sta inventando e ricamando sul proprio passato per sentirsi protagonista della sua vita, sostituendo il piattume e l’irrilevanza della sua esistenza. Non è una grande terrorista, ma gioca a fare la grande terrorista». Parole tratte dall’arringa dell’avvocato Daniele Iuliucci difensore d’ufficio della 29.enne ticinese che il 24 novembre 2020 aveva accoltellato due donne alla Manor di Lugano, una in maniera grave, e che per questo è accusata di ripetuto tentato assassinio. Nella sua arringa e in quella del collega Simone Creazzo, il pool difensivo ha in sostanza sostenuto che non si possa parlare di terrorismo, né di premeditazione e si è detto «scioccato» che la Procura, per stilare l’atto d’accusa, abbia «preso per buone le parole dell’imputata senza fare verifiche» quando la donna «mente, ingigantisce le cose e ne dice di impossibili da credere. Costantemente. Quanto accaduto non fu un attentato terroristico. Non c’è una convincente matrice jihadista. Non saremmo qua se l’imputata non avesse blaterato di jihadismo» dopo essere stata fermata. Per tali motivi la difesa ha chiesta la condanna per tentato omicidio (e non quindi per tentato assassinio) e al proscioglimento dall’accusa di essere una terrorista. L’accusa, per bocca della procuratrice federale Elisabetta Tizzoni, ha invece chiesto la conferma dell’atto d’accusa e la condanna della donna a 14 anni di carcere. Ambo le parti (e così due perizie) sono d’accordo sul sospendere la pena a favore di un trattamento stazionario in una truttura chiusa. L’imputata soffre di un lieve ritardo mentale e di turbe psichiche.
«Nessuna radicalizzazione»
L’avvocato ieri Iuliucci ha affermato che «nessuno dei presenti quel giorno alla Manor – sottolineo: nessuno – l’ha sentita urlare Allah Akbar prima di attaccare. Nessuno al momento aveva capito cosa stesse succedendo». Le frasi relativa al terrorismo islamico sono state pronunciate solo dopo essere stata fermata: «Ha scompensato, poi non ha voluto passare per pazza e ha iniziato a giocare alla grande terrorista».
Per la difesa – al netto di quanto dichiarato dalla 29.enne stesse – non vi sono peraltro prove della sua radicalizzazione. A partire dal fatto che non sarebbero emerse prove della sua conversione all’Islam nel 2009-2010, quando era minorenne: per esempio, sarebbe servito l’ok dei genitori. Al netto di ciò, i familiari non si sarebbero accorti di nulla e la donna ha continuato ad andare in chiesa con la madre ancora per molti anni. Non avrebbe per contro mai frequentato una moschea, né sarebbe in grado di citare i cinque pilastri dell’Islam.
Quanto al rapporto con presunti jihadisti in Siria, questi sarebbero frutto di allucinazioni dovuti a un peggioramento della sua schizofrenia paranoide (malattia di cui soffre secondo la difesa: le perizie – contestate – non si spingono invece fino a questo punto). Peggioramento dovuto all’isolazione dovuta al COVID e all’aver smesso di prendere i nell’estate precedente medicamenti. Sia come sia, per la difesa uno dei due presunti jihadisti – quello di cui dice follemente innamorata – proprio non esisterebbe, mentre il secondo sarebbe «solo un ragazzino siriano che era soprattutto interessato a ricevere foto di nudo». Addirittura, quando l’imputata gli ha inviato foto della bandiera dell’Isis avrebbe reagito male, «chiarendo di non avere alcuna simpatia per lo Stato Islamico». Anzi, avrebbe affermato di combattere sì, ma per una brigata che si oppone al presidente siriano Bashar al-Assad.
«Nessuna premeditazione»
Non vi sarebbe poi stata alcuna premeditazione: «La mattina dell’attacco era andata a fare shopping a Grancia – ha ricordato Iuliucci – e aveva comprato una maglietta e un deodorante. Una cosa inutile se davvero già pensava di passare all’atto più tardi. Tanto più che quando ha colpito aveva ancora gli acquisti con sé». Anche il presunto sopralluogo alla Manor non sarebbe tale: «È entrata a comprare una bibita e a controllare che non aveva debiti sulla carta Manor: non si era preparata in alcun modo». Pure la scelta del luogo indicherebbe casualità: «L’imputata dice che voleva avere la maggiore eco possibile e ha scelto il quinto piano del reparto casalinghi di un centro commerciale quando c’erano sei clienti. Mentre poco più in là in piazza della Riforma si stava posando l’albero di Natale, un evento che richiama ogni anno centinaia di Luganesi. Ma siamo seri…».
Iuliucci ha pure sottolineato che, quando la donna nel 2017 ha provato a recarsi in Siria, il Ministero pubblico della Confederazione ha emanato un non luogo a procedere, «riconoscendo, allora sì, i problemi psichiatrici della mia assistita».
Il vero movente dell’attacco, ha affermato l’avvocato Creazzo non è dunque quello jihadista – «Quello esiste solo nella fantasia della donna» – bensì «una violenta reazione ad anni di solitudine, violenza, bullismo e isolazione, poi vestito da pretese jihadiste pur di non essere presa per pazza».
«Anni fa ho avuto un caso simile - ha ricordato Iuliucci. - Un uomo ne attaccò un altro perché diceva di voler estirpare il diavolo da un uomo malvagio. A incoraggiarlo ad agire erano personaggi di fantasia. La differenza è che l’attacco avvenne alla Clinica psichiatrica cantonale e che non se ne occupò il MPC».
L'accusa
In mattinata la procuratrice pubblica Elisabetta Tizzoni aveva invece chiesto la condanna della donna. «Sono pienamenta convinta che quel martedì nero del 24 novembre 2020 ha compiuto un attentato terroristico con arma bianca cercando di assassinare due persone. Ha portato il terrorismo in casa nostra. Non è così squilibrata come vuole far credere: nella testa aveva in chiaro la data, il luogo, l’arma e il primo obiettivo».