Palazzo di Giustizia a Lugano: «Una situazione indecorosa»
«La situazione logistica generale della giustizia ticinese resta in parte ancora inadeguata e, almeno per certe realtà, oggettivamente indecorosa. In particolare, questo vale per il Palazzo di Giustizia di Lugano». A dirlo, nero su bianco, è il Consiglio della Magistratura. Una «sentenza» impietosa quella emessa dall’organo di vigilanza nel suo rendiconto del 2022, che ricalca il giudizio già espresso nel rapporto del 2021: «Una situazione logistica critica e inadeguata». A un anno di distanza, poco è dunque cambiato: «Le carenze logistiche comportano l’impossibilità di offrire sufficienti spazi alle attività e alle persone, di garantire una sicurezza minima per magistrati e utenti, nonché di mettere a disposizione supporti tecnici al passo con i tempi che possano realmente favorire una qualità e una velocità del lavoro paragonabile a quella offerta ai magistrati dalla Confederazione e dagli altri Cantoni». Insomma, queste carenze «hanno inevitabilmente ripercussioni anche sull’immagine della Giustizia».
E l’opzione EFG?
Come noto, sul tavolo della politica è ormai pendente dal 2019 il progetto governativo per l’acquisizione dello stabile EFG di Lugano per insediarvi la «Città della giustizia». Ma il dossier, ne avevamo riferito negli scorsi mesi, è tuttora fermo in Commissione gestione e finanze. Un’impasse che il Consiglio della Magistratura ha stigmatizzato senza se e senza ma: «La necessità di trovare una sede sostitutiva al Palazzo di Giustizia di Lugano, che si trova in uno stato palesemente inadeguato, appare ancora ben lungi dall’essere soddisfatta – per motivi che non compete a questo Consiglio della magistratura commentare –, fatto che non può che destare profonde preoccupazioni. Sia di tipo finanziario (ci torneremo in seguito), sia operativo. A questo proposito, il gremio presieduto da l giudice d’Appello Damiano Stefani cita «l’impossibilità di escludere che la vetustà della struttura possa influenzare negativamente la qualità del lavoro e scongiurare l’insorgere di intoppi tecnici, con conseguenze qualitative e temporali a tutti i livelli della Magistratura». Nel rendiconto, l’organo di vigilanza sottolinea in particolare che «poter disporre di strutture adeguate, che garantiscano standard minimi a livello di spazi, sicurezza, supporto tecnologico e igiene, non è un lusso, ma la condizione minima per poter lavorare in un contesto decoroso». Per quanto riguarda il lavori commissionali, attualmente tutto è fermo in attesa della costituzione del nuovo Parlamento, i cui equilibri politici sono mutati rispetto alla scorsa legislatura.
Mettiamoci una pezza
Come detto, alle preoccupazioni logistiche e organizzative se ne aggiungono altre, di tipo finanziario. «È ormai più che certo che nonostante a livello politico si continui a discutere senza esito tra i vari interlocutori per trovare una nuova casa al Tribunale d’appello e una degna sistemazione al Ministero pubblico, lo stallo al quale le discussioni hanno portato impone di ragionevolmente pensare che, almeno per i prossimi anni, nulla muterà». Tradotto in parole povere, la Giustizia dovrà far capo alle sue sedi attuali e in particolare a un palazzo, quello di via Pretorio, che accusa il peso del tempo ed è ormai arrivato a fine vita. Di conseguenza – ne avevamo riferito lo scorso 6 febbraio – occorrerà mettere mano al portafogli per sistemarlo, apponendovi dei «cerottoni». Il Governo ha infatti stimato un credito da 12,4 milioni di franchi per ovviare «allo stato precario e di degrado dello stesso immobile, ormai a fine del suo ciclo di vita». Oltre a interventi per così dire infrastrutturali, bisognerà aggiornare «la rete informatica, la quale permetterà anche di ottenere l’infrastruttura tecnica necessaria all’introduzione del progetto federale Justitia 4.0».