Giudiziaria

Presunta truffa all'AI, serve un ulteriore accertamento

Slitta la sentenza sul caso della donna accusata di aver percepito indebitamente 350.000 di rendita d'invalidità sull'arco di un quindicennio – Lei respinge gli addebiti
©Chiara Zocchetti
Federico Storni
18.10.2024 10:51

«La Corte non è giunta a un giudizio. Manca un importante accertamento». È con queste parole che il giudice Amos Pagnamenta ha annunciato stamattina che la Corte delle assise correzionale da lui presieduta non avrebbe emesso una sentenza sul caso di donna accusata di aver ricevuto indebitamente prestazione dall'assicurazione invalidità sull'arco di un decennio, per un totale di circa 350.000 franchi; accuse da lei respinte. «Necessitiamo di sapere dall'Ufficio AI - ha continuato il giudice - se alla luce di quella che è la concreta attività della donna, il suo grado d'invalidità sia mutato. Ha obiettivi disturbi fisici, ma è documentato che un'attività la svolgesse. È determinante sapere se questi due fattori si intersecano e se comportano una modifica del grado di invalidità».

In base alle risultanze dell'accertamento, in altre parole, potrebbe emergere che non vi sia stato danno all'AI e che quindi la rendita effettivamente le spettasse. Anche se questa dovesse essere riconosciuta solo parzialmente, modificherebbe in ogni caso l'entità del danno in caso di condanna. Per ipotesi: con una rendita ricalcolata al 50% in caso di condanna i soldi da restituire potrebbero non essere 350.000 ma 175.000.

Alla base dell'inchiesta vi è il fatto che la donna, una 63.enne portoghese, malgrado il grado d'invalidità totale ha dato una mano al ristorante del marito e del suo socio - un 72.enne che è pure alla sbarra in qualità di complice - svolgendo perlomeno a tratti mansioni da cameriera, come servire ai tavoli. Tutto questo senza però percepire uno stipendio e, a quanto è emerso, su consiglio del suo medico, per combattere una forte depressione. Un'informazione, quest'ultima, che non è però mai stata comunicata all'Ufficio AI.

La donna è difesa dall'avvocato Sebastiano Paù-Lessi, l'uomo (che pure chiede di essere prosciolto) dall'avvocato Marco Garbani. Titolare dell'incarto è il procuratore pubblico Daniele Galliano.

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