In aula

Processo Adria, l'accusa spinge per condanne ingenti

La procuratrice pubblica Chiara Borelli ha chiesto di infliggere 7 anni di carcere all’ex direttore di banca WIR Yves Wellauer e 6 anni e 4 mesi ad Adriano e Filippo Cambria per il maxicrac di Adria Costruzioni: «È dal 2015 che cercano di spostare la nostra attenzione dalle loro colpe»
©CdT/Chiara Zocchetti
Federico Storni
19.09.2024 19:18

«Wellauer non è un postino ingannato dall’agire fraudolento dalla borghesia di Basilea. E Filippo Cambria è dal 2015 che cerca di spostare la nostra attenzione dalle colpe sue e dei suoi coimputati e eventuali colpe di questa alta borghesia». Protagonista assoluta, oggi, nell’ambito del maxiprocesso per il crac di Adria Costruzioni, è stata l’accusa: la giornata è stata infatti quasi esclusivamente dedicata alla requisitoria della procuratrice pubblica Chiara Borelli. Giornata culminata nelle richieste di pena: sette anni per l’ex direttore della filiale di Lugano di banca WIR Yves Wellauer, sei anni e quattro mesi cadauno ad Adriano e Filippo Cambria, titolari di Adria Costruzioni, e pene sospese tra i 10 e i 24 mesi per i restanti quattro imputati. Domani parleranno i legali della banca WIR e a seguire gli avvocati difensori. Gli imputati principali, lo ricordiamo, respingono gli addebiti.

Ambizioni e invidia

Il quadro dipinto dalla pp Borelli è carico di ambizioni e invidia. Sarebbero queste le molle che hanno spinto Wellauer a fare - in alcuni casi letteralmente - carte false per portare maggiore indotto al suo datore di lavoro e a sé, di modo che anche per lui si potessero aprire «le porte dell’Olimpo»: essere cioè riconosciuto come un pezzo grosso dall’«alta borghesia di Basilea», vale a dire la dirigenza di banca WIR. E, per «accompagnarlo verso l’Olimpo», Wellauer ha trovato «un compagno di viaggio»: il «giovane affabile, gentile e scaltro» Filippo Cambria.

Il ruolo della banca

Se gran parte della requisitoria di Borelli è stata necessariamente molto tecnica, perché si è dovuta concentrare nello spiegare dettagliatamente i flussi di denaro da un cantiere all’altro e alle tasche degli imputati (vedi più sotto), nella parte introduttiva la magistrata ha voluto disegnare il ritratto e il ruolo di ognuno dei sette imputati nella presunta truffa alla banca WIR, sottolineando al contempo a più riprese che l’istituto di credito sia stato danneggiato dal suo direttore di filiale, e non suo complice. Uno dei principali argomenti delle difese è che banca WIR non potesse non sapere quello che stava succedendo, che cioè i crediti di costruzioni concessi dalla banca venivano usati per scopi diversi dalla costruzione dei progetti immobiliari, in parte anche a mo’ di mezzi propri per chiedere nuovi crediti di costruzione. «Io di precedenti in cui eventuali concolpe di una banca tolgano le colpe agli imputati, non he ho trovati» ha affermato Borelli.

«Poco più di un postino? No»

A mente della pp vi è innanzitutto una discrepanza fra come gli imputati si presentano e come hanno agito. Ad ascoltare Wellauer, ha affermato la pp, non esce il ritratto di un direttore di banca, bensì di una persona «che per anni ha fatto un apprendistato bancario che consisteva in mansioni di segretariato e di postino. Una persona vittima di un back office che sembrerebbe aver ordito trame oscure e cospiratorie alle sue spalle». Niente di tutto questo, in realtà. Per Borelli, citando Loredana Bertè, Wellauer era «ambizioso come nessuno, si specchiava nella luna: voleva diventare il re dei finanziamenti inWIR». E per ottenere i suoi scopi, pur avendo «una buona paga e una posizione di rilievo», «ha sposato il crimine». Questo peraltro spiegherebbe, a mente dell’accusa, perché «quando i Cambria iniziano a scricchiolare», ha cercato di riproporre lo schema con altre persone, in parte oggetto dell’atto d’accusa, in parte in attesa di giudizio in separata sede.

Di Filippo Cambria Borelli ha invece sottolineato la scaltrezza, malgrado ora cerchi di mostrarsi come vittima degli eventi: «Aveva sottoscritto almeno 19 contratti di crediti di costruzione: non poteva ignorare il divieto dell’impiego del denaro erogato» per scopi diversi dalla realizzazione dei progetti. Del padre Adriano ha invece parlato poco, ricordando però che era per sua stessa ammissione al corrente dell’operato del figlio. L’ha però definito, e qui la citazione è di Sciascia, «l’uomo che fugge», con riferimento al riparare in Italia all’arresto del figlio. Ed è proprio citando il pericolo di fuga che martedì Borelli aveva chiesto la carcerazione di sicurezza dei tre (la decisione verrà presa parallelamente alla sentenza).

Quanto alle «spese folli» operate dai Cambria (Ferrari, yacht, un aereo), Borelli non crede fossero investimenti, banalmente perché finanziati sempre con soldi distratti dai crediti di costruzione. Cioè violando i doveri di un buon amministratore.

Un vorticoso flusso di denaro

Un esempio - semplificato - per capire il ginepraio che la Corte è chiamata a dirimere (e non la invidiamo per questo). Nell’ottenere 23,5 milioni da WIR per costruire una palazzina a Paradiso, i Cambria, con il beneplacito di WIR, avrebbero solo simulato di avere mezzi propri. In realtà i soldi venivano in parte da un prestito (sottaciuto alla banca) e in parte da crediti ottenuti per realizzare altri edifici a Ponte Tresa e Novazzano. Una volta ottenuto il credito, una parte ingente dello stesso è stato utilizzato per scopi estranei al cantiere, fra cui una sponsorizzazione nel Motomondiale e quali (finti) mezzi propri per ottenere ulteriori crediti per costruire a Pambio, Canobbio e Sonvico. Tutto questo moltiplicato per almeno otto cantieri e centinaia di transazioni, da fare combaciare con altri documenti d’inchiesta, come scambi d’e-mail e sms. Fisicamente, per contenere tutta l’inchiesta sono serviti 26 scatoloni (finora).

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