In aula

Il processo per il crac di Adria riparte da auto di lusso e yacht

È ripreso dopo la pausa estiva il più lungo processo nella storia recente della giustizia ticinese: la sentenza non prima del 4 ottobre - Sotto la lente i 12 milioni che i Cambria, padre e figlio, avrebbero speso per sé: «Erano investimenti, non regalie»
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Federico Storni
16.09.2024 19:00

«Io le due auto di lusso le chiamerei asset». È ripartito dopo la pausa estiva il processo per il maxi crac di Adria Costruzioni che vede alla sbarra sette persone accusate a vario titolo di truffa, amministrazione infedele, appropriazione indebita e altri reati ancora. Al centro del procedimento vi sono Adriano e Filippo Cambria (sua la citazione d’esordio), padre e figlio titolari di Adria Costruzioni e di altre società collegate, e Yves Wellauer, allora direttore della filiale Luganese di banca WIR. Ai tre si contesta di aver truffato la banca stessa, sottacendole informazioni. Ciò ne danneggiato il patrimonio per una ventina di milioni di franchi. A loro è inoltre addebitato l’aver danneggiato il patrimonio delle proprie società per oltre 12 milioni; soldi che sarebbero stati utilizzati «per scopi personali». A promuovere l’accusa è la procuratrice pubblica Chiara Borelli, che ha ereditato l’incarto dall’ex procuratore generale John Noseda. I tre respingono tutte le ipotesi di reato, nonché sovente la ricostruzione fattuale. Il processo si prospetta ancora lungo. Il dibattimento è agendato per le prossime due settimane, e la decisione della Corte non arriverà prima di venerdì 4 ottobre.

Dove eravamo rimasti

Le prime due settimane di processo, lo scorso giugno, erano state caratterizzate anche da diverse questioni procedurali, e altre se ne sono accumulate durante la pausa. Di rilievo vi è da segnalare che l’opposizione dell’avvocato Eero De Polo, difensore di Wellauer, contro la decisione di disgiungere il processo per altre persone coinvolte nell’inchiesta (oltre le sette presenti in aula), è stata respinta dalla Corte dei reclami penali ed è cresciuta in giudicato. L’altro grande tema, di cui si è discusso nuovamente stamattina, sono le sospettate truffe alla banca WIR. Semplificando all’estremo, secondo l’accusa i tre avrebbero finanziato il cantiere B con fondi di spettanza del cantiere A, il cantiere C con i fondi attribuiti ad A e B, eccetera. Gli si imputa, insomma, di aver costruito senza le dovute garanzie finanziarie, e questo all’insaputa dell’istituto di credito. I tre sostengono per contro che la banca WIR fosse a conoscenza di questo modo di procedere, o dovesse esserlo. Non vi sarebbe dunque l’elemento dell’inganno astuto. All’ex direttore Wellauer sono peraltro imputate, in complicità con altre persone e singolarmente, altre fattispecie simili, pure contestate dall’interessato.

Spese «folli» o investimenti?

L’aspetto più interessante della giornata di oggi ha riguardato l’ipotesi di reato di amministrazione infedele. Sotto questo cappello l’accusa imputa ai due Cambria, e a Wellauer in complicità, di aver compiuto spese a prima vista personali e stravaganti attingendo illegalmente ai conti societari. Si parla tra l’altro di due Ferrari, un aereo, uno yacht, un progetto immobiliare ad Abu Dhabi, e della produzione di una linea d’occhiali da sole. Questo per 12,5 milioni in tutto, di cui otto «per bonifici e prelievi destinati» agli imputati stessi. Questa ricostruzione è stata fermamente respinta dai tre, per bocca soprattutto di Filippo Cambria: «Stavamo cercando di diversificare le nostre attività, anche per timore di una bolla immobiliare», ha spiegato oggi (i fatti sono in gran parte antecedenti al 2015). Ad esempio lo yacht sarebbe stato comprato, ristrutturato e rivenduto con profitto. Per l’aereo, vi era l’idea di prestarlo a terzi dietro pagamento. La linea d’occhiali stava partendo bene, grazie anche a investimenti pubblicitari sulle reti Mediaset e nel Motomondiale che stavano dando i primi ritorni, ma poi sono subentrati i problemi legale della società madre. «Si trattava di investimenti, non di regalie o bonus – ha spiegato Filippo Cambria. - Avevano un arco temporale più ampio. Se ci fosse stato permesso di continuare avrebbero dato i loro frutti». E i supposti bonifici personali per oltre otto milioni? «Non sono serviti a comprarmi la proverbiale casa alle Maldive, ma sono stati immessi in operazioni immobiliari per fare lavorare le nostre aziende». Quanto all’operazione immobiliare ad Abu Dhabi, non è andata a termine perché, ha detto sempre Cambria, sono sopraggiunti problemi finanziari e dubbi dovuti al fatto che una delle perone coinvolte, per lo Stato italiano, era allora un latitante in fuga da un’inchiesta su un presunto grosso crac immobiliare: «Oggi è uno dei principali promotori immobiliari presenti ad Abu Dhabi. Avevo dato un giudizio sbagliato su di lui basandomi su quanto appreso dai giornali. Che è poi quello che oggi sta capitando a me». L’uomo latitante si era consegnato alle autorità italiane nel 2019 ed è stato condannato in seguito a un patteggiamento in primo grado nel 2021 a quattro anni e quattro mesi.

Cosa ci aspetta

Con la giornata di oggi si è sostanzialmente chiusa la fase degli interrogatori: gli imputati hanno quindi potuto prendere posizione sulle accuse e dire la loro se lo ritenevano. Oggi dovrebbero essere vagliate le posizione dei terzi aggravati (persone non parte dell’inchiesta che si ritrovano con beni sequestrati) e dei sequestri, mentre domani o giovedì dovrebbe cominciare la requisitoria della procuratrice Borelli.

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