Luganese

Quegli appuntamenti che si tramutavano in spedizioni punitive

Ecco i dettagli dell’inchiesta aperta a carico di un gruppo di giovani tra i 14 e i 17 anni che adescava sui social adulti intenti ad avere rapporti sessuali – Coinvolto anche un 18.enne
© CdT/Archivio
Valentina Coda
04.10.2024 18:30

Alcuni forse l’avranno notato: nel nostro articolo di ieri sull’uomo che si è invaghito di un minore ed è poi stato picchiato da un gruppo di giovani «giustizieri» di pedofili, o presunti tali, mancava un pezzo della storia. Non si tratta di una dimenticanza.

È stato il Ministero pubblico a chiedere ai media, nel rispetto dell’articolo 293 del Codice penale, di non divulgare la notizia. Ovvero quella dell’apertura di un’inchiesta nei confronti di diciotto minori tra i 14 e i 17 anni e di un 18.enne, tutti domiciliati nel Luganese, accusati a vario titolo di lesioni gravi, aggressione, coazione, rapina, sequestro di persona ed estorsione. Quando avevamo pubblicato l’articolo, erano ancora in corso degli accertamenti e viste le «esigenze istruttorie, nonché il rischio di collusione», avevamo riferito solamente dell’arresto e della condanna dell’imputato, senza menzionare che parallelamente era stata avviata un’indagine anche a carico dei suoi «giustizieri».

Il modus operandi

Ora, ad accertamenti conclusi, la Magistratura dei minorenni e la Polizia cantonale hanno fornito i dettagli del caso. Tra il 1. e il 3 ottobre si è svolta un’operazione di polizia che ha portato al fermo, appunto, di diciotto minorenni e di un 18.enne. Stando alle prime ricostruzioni e secondo modalità che le indagini dovranno determinare, sfruttando i social media e avvalendosi anche di profili falsi, gli autori entravano in contatto con persone intenzionate ad avere degli incontri a connotazione sessuale, organizzando quindi un appuntamento che si tramutava poi in una spedizione punitiva. I fatti venivano quindi filmati e in parte condivisi con terzi.

Ma non è tutto. Grazie al lavoro investigativo svolto finora, come si legge nella nota stampa, è stato possibile individuare i vari membri del gruppo e ricostruirne il loro modus operandi nel corso del tempo. Sono d’altro canto in corso ulteriori approfondimenti per capire se ci sono stati comportamenti di rilevanza penale anche da parte di chi è entrato in contatto con il gruppo, pensando di andare incontro a dei rapporti sessuali. Le indagini sono coordinate dalla Magistratura dei minorenni. All’operazione hanno collaborato anche la Polizia Città di Lugano e la Polizia Malcantone Est.

Il caso dello scorso maggio

L’episodio che si è verificato lo scorso maggio in un parco di Besso, nelle vicinanze della stazione di Lugano, oltre ad essere con ogni probabilità il primo caso di questa natura ad aver varcato la soglia di un’aula di tribunale, ha anche contribuito a dare il via agli accertamenti degli inquirenti, che hanno portato da un lato all’apertura dell’inchiesta da parte della Magistratura dei minorenni, dall’altro alla condanna di un 49.enne cittadino italiano per tentati atti sessuali con un fanciullo e ripetuta pornografia. L’uomo, lo ricordiamo, aveva conosciuto un minorenne su un noto sito di incontri e si era invaghito di lui. Dietro la chat e il profilo (falso) si nascondeva però il gruppo di minori che adescava presunti pedofili per farsi giustizia da sé. L’incontro organizzato tra il giovane e l’imputato per avere un rapporto sessuale era in realtà una trappola per picchiare l’uomo.

C'è chi è solidale con i picchiatori, ma la polizia...

Nei giorni scorsi, quando abbiamo pubblicato l’articolo sul dibattimento, sono state diverse le reazioni sui social da parte degli utenti. In particolare, spicca una considerazione condivisa da più persone per la quale se manca la giustizia dello Stato, di conseguenza si attiva quella «fai da te». «Lo Stato dà pene troppo poco severe a questa gente e la conseguenza è la seguente», scrive un utente. Altri, invece, non si capacitavano del perché fosse l’imputato ad essere stato condannato, dal momento che era stato picchiato dal gruppo di minori. Alcuni, poi, hanno dato ragione ai minorenni per aver preso a botte l’uomo.    

La Polizia cantonale tiene a sottolineare l'importanza di segnalare sempre alle autorità eventuali problematiche o reati di cui si viene a conoscenza. Questo senza creare situazioni di potenziale pericolo per sé stessi e gli altri, oppure commettere a propria volta delle azioni penalmente perseguibili.

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