Quella mattina in un appartamento a Chiasso «è scattata la furia omicida»

«Crudeltà, sadismo, ha agito in modo barbaro e atroce. Freddezza e accanimento». Con queste parole, questa mattina alla ripresa del pubblico dibattimento, il procuratore pubblico Zaccaria Akbas ha evidenziato l’agire del 28.enne somalo. Uomo che, da ieri, è alla sbarra davanti alla Corte delle Assise criminali per rispondere dell’uccisione – il primo marzo del 2024 a Chiasso, in un appartamento di via Pestalozzi – di un 50.enne. Akbas, durante la requisitoria, ha altresì formulato la richiesta di pena: 18 anni e 6 mesi di detenzione, oltre all’espulsione dalla Svizzera per 15 anni. Il 28.enne somalo, in sostanza, per l’accusa è colpevole di assassinio, aggressione e rissa (questi ultimi due reati sono da ricondursi a quanto avvenuto, precedentemente, alla discoteca Blu Martini di Lugano). Pena ipotetica, ha spiegato in aula il procuratore pubblico, «la detenzione a vita». Se non fosse che, tra gli aspetti da tenere in considerazione nel commisurare la pena, è anche intervenuta la perizia psichiatrica che attesta una scemata imputabilità di grado medio.
«Ha ucciso per futili motivi – ha ricordato ancora Akbas –: perché la vittima non gli dava la cocaina e voleva allontanarlo dal suo appartamento». All’imputato – quella mattina dopo essere rientrato da una lunga serata in discoteca condita da un ampio consumo di cocaina – «è montata la rabbia, è scattata la furia omicida». Diciotto fendenti con un coltello da bistecca: «In modo risoluto e freddo in pochi istanti l’ha finito».
«Nessun risarcimento»
Al termine della requisitoria ha preso parola l’avvocato Samuel Maffi, che rappresenta la madre del 50.enne. Donna che ha scelto di non essere presente in aula perché «la perdita del figlio ha stravolto l’equilibrio della sua vita». Maffi ha evidenziato come la famiglia non sia alla ricerca di vendetta, «cerca un riconoscimento chiaro e autentico del dolore che ha vissuto». Nessuna pretesa risarcitorie perché – citiamo – «nessun risarcimento può sostituire un figlio».
La difesa: «Massimo 10 anni»
La difesa del 28.enne, sostenuta dall’avvocata Marina Gottardi, si è invece battuta per derubricare l’ipotesi di reato di assassinio. «Si tratta di una perdita irreparabile, nulla di quanto da me detto vuole sminuire l’accaduto» ha premesso la legale. Ma, ha sostenuto, il comportamento tenuto quella mattina in via Pestalozzi non configura l’assassinio, bensì l’omicidio intenzionale (per dolo eventuale). «Non vi è stata efferatezza nelle modalità di esecuzione dell’atto» e in aggiunta alla tesi difensiva, «la compromissione psichica non va trascurata». Gottardi ha inoltre evidenziato come «non vi sia stata premeditazione». E il coltello tenuto tutta la sera in tasca? «Era per difendersi da personaggi con i quali aveva a che fare nell’ambito del consumo di droga». Riconoscendo la «colpa gravissima» del suo assistito, la difesa ha chiesto che la pena non fosse superiore ai 10 anni (chiedendo inoltre di rinunciare all’espulsione». Richiesta di proscioglimento, per contro, dai reati di aggressione e rissa. I fatti, per intenderci, del Blu Martini.
L’aggressione al Blu Martini
Già, perché da martedì in aula siede sul banco degli imputati un quartetto. Oltre al 28.enne, ci sono anche un 30.enne svizzero, un coetaneo boliviano, un 32.enne di origini cubane. Tutti già noti alla giustizia. Il «branco» – così è stato definito più volte dall’accusa, in questo caso sostenuto dal sostituto procuratore generale Moreno Capella – deve rispondere di un’aggressione ai danni di un uomo avvenuta all’interno del Blu Martini il 28 gennaio del 2023 (e, a vario titolo, di altri reati). Martedì, nel corso della requisitoria, sono state proposte nei loro confronti pene tra i 4 e i 5 anni di detenzione. Oggi si sono espresse le difese. L’avvocato Carlo Borradori, che tutela il 30.enne svizzero, si è battuto per «per una pena decisamente compressa rispetto ai 4 anni proposti». L’imputato, ha sostenuto, «ha deciso di prendersi le sue responsabilità, di essere trasparente». Senza fare «l’infame o il santarello che non è (il riferimento è al fatto che in corso d’inchiesta abbia chiamato in causa gli altri, ndr) ha lentamente voluto dimostrare a se stesso e ai suoi affetti, di voler uscire da quel branco senza valori». L’avvocato Marco Morelli, difensore del 32.enne cubano, si è invece battuto per il proscioglimento del suo assistito per quanto avvenuto al Blu Martini: «È estraneo ai fatti, in quel momento era la bancone del bar». Infine la posizione del 30.enne boliviano, patrocinato dall’avvocata Sabrina Aldi. Legale che ha parlato di versioni discordanti e ha ribadito la posizione del suo assistito: «Nega di aver inferto qualsivoglia colpo». Qualora la Corte ravvisasse, però, la sua partecipazione all’aggressione (unitamente a una precedente rissa nel 2022) ha chiesta che la pena sia contenuta nei 3 anni (potendo così beneficiare di una parziale sospensione). Il presidente Amos Pagnamenta pronuncerà la sentenza domani alle 17.