Ratifica dell'Accordo fiscale, la soddisfazione dell'OCST

«E luce verde fu». Il sindacato OCST accoglie positivamente, dopo oltre otto anni di trattative, la ratifica dell’Accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri. «Un fatto che, comunque la si voglia pensare, avrà un impatto enorme sul mercato del lavoro del Canton Ticino, da sempre definito da un vitale afflusso della manodopera estera italiana» si legge in una nota diffusa dall’Organizzazione cristiano sociale ticinese.
I nuovi meccanismi di tassazione saranno introdotti dal 1. gennaio del 2024 ma, ora, il sindacato preme per sottolineare «le conquiste ottenute», senza le quali «gli impatti del nuovo Accordo sarebbero stati devastanti per la comunità transfrontaliera».
Nel disegno di legge, in particolare, «sono state accolte diverse nostre richieste che permetteranno anche ai “nuovi frontalieri” di accedere a un meccanismo di fiscalità agevolato e che creeranno al contempo delle nuove prestazioni di natura previdenziale». Non solo, sottolinea l’OCST, «il DDL definitivamente approvato oggi ufficializza anche l’uscita della Svizzera dalla black list italiana e il conseguente ripristino del telelavoro per i frontalieri fiscali senza impatti tributari nel limite del 40% del tempo di lavoro. Come già ampiamente anticipato nelle settimane scorse, tale disposizione sul telelavoro è retroattiva al 1. febbraio 2023, dando piena sicurezza a quelle aziende che hanno già iniziato ad applicarla e resterà valida solo fino al 30 giugno 2023. Per dare stabilità al provvedimento dopo quella data sarà necessario che il Governo italiano sottoscriva un apposito nuovo Accordo amichevole con la Svizzera».
Le parole di Andrea Puglia
Il sindacato, ribadisce Andrea Puglia, responsabile del settore frontalieri in seno all’OCST, è dunque soddisfatto della definitiva ratifica del nuovo Accordo sulla tassazione dei frontalieri. Puglia, concretamente, ricorda «quelle che sono state le conquiste ottenute dal sindacato stesso rispetto a quella che era la prima versione dell’Accordo, scritta nel 2015».
Innanzitutto, spiega il responsabile, «si è ottenuta una totale clausola di salvaguardia per i “vecchi frontalieri” dei Comuni di confine, i quali continueranno a pagare le imposte solo in Svizzera anche in caso di disoccupazione o cambiamento del posto di lavoro. Per i “nuovi frontalieri”, invece, sono state ottenute diverse condizioni migliorative. Su tutte, l’introduzione di una franchigia di 10 mila euro, la piena deducibilità dall’imponibile di tutti i contributi pagati in busta paga in Svizzera, una nuova indennità di disoccupazione che migliora il piano del welfare e, da ultimo, la non imponibilità degli assegni familiari svizzeri che rappresentano un importo molto cospicuo».
Resta ancora da risolvere, conclude Puglia, «la questione del telelavoro». Una questione altrettanto importante: «Si è trovata una soluzione transitoria fino al 30 giugno del 2023, che permetterà ai frontalieri di lavorare da casa per il 40% del tempo di lavoro. Ma sarà poi fondamentale dare stabilità alla norma tramite un altro, apposito Accordo amichevole. L’OCST sottolinea l’importanza e l’urgenza di questo secondo dossier».
Per “nuovi frontalieri” si intende, ricordiamo, tutti coloro che diverranno tali per la prima volta dopo l’entrata in vigore dell’Accordo, mentre i “vecchi frontalieri” – ribadisce l’OCST – sono coloro che, al momento dell’entrata in vigore dell’Accordo, soddisfano i seguenti requisiti (oppure, se attualmente non più presenti nel mercato svizzero, hanno avuto questi requisiti tra il 31 dicembre 2018 e l’entrata in vigore dell’Accordo): residenza fiscale nei Comuni di confine (ovvero iscrizione in Comune, dimora abituale e centro degli interessi familiari); rientro giornaliero tra Italia e Svizzera; datore di lavoro in Ticino, Grigioni o Vallese.
In particolare, i “nuovi frontalieri” come ricorda l’OCST «pagheranno l’imposta alla fonte nel Cantone di lavoro (secondo delle nuove tabelle fiscali ancora in fase di elaborazione) ma dovranno poi pagare l’IRPEF in Italia secondo le aliquote ordinarie con detrazione per quanto già pagato in Svizzera». Grazie all’azione del sindacato, nel disegno di legge di ratifica «sono state tuttavia inserite alcune agevolazioni che andranno ad abbassare l’IRPEF italiana, oltre che a migliorare alcune prestazioni di natura sociale per gli stessi frontalieri».
Il sorriso dei Comuni di frontiera
Detto dell’OCST, come è stata accolta dall’altra parte del confine la ratifica? L’Associazione dei Comuni italiani di frontiera, l’ACIF, che nel dicembre del 2020 assieme ai sindacati CGIL, CISL e UIL, OCST e SUNIA aveva sottoscritto con il Ministero dell’Economia un Memorandum d’Intesa contenente disposizioni normative atte a garantire ai Comuni di Frontiera le risorse derivanti dalla attuale compensazione finanziaria (i cosiddetti ristorni), oltre a puntuali indicazioni di misure fiscali, previdenziali e normative volte a limitare la sperequazione tra i frontalieri regolamentati con le attuali regole derivanti dall’Accordo del 1974 e quelli regolati dalle nuove norme in discussione, può dirsi soddisfatto del fatto che diverse osservazioni avanzate in Senato nel marzo 2022 dalla stessa ACIF – come la specificità e il ruolo degli stessi Comuni di frontiera – siano state oggi recepite.
L’accordo, dati alla mano, sarà molto vantaggioso per l’Italia. Che dalla riforma della fiscalità per i frontalieri incasserà, prima che la stessa vada a regime, oltre 3,6 miliardi di euro.