Scontro Comuni-Cantone sui morosi di cassa malati
I morosi di cassa malati tornano a far parlare di sé. La nuova procedura introdotta dal Consiglio di Stato il 1. ottobre 2023, che obbliga i Comuni a denunciare i cittadini che non danno seguito alle convocazioni delle autorità, sta facendo parecchio discutere. Tantoché, diversi Enti locali per il momento hanno deciso di non applicarla, chiedendo al Cantone di fare retromarcia.
Che cosa è cambiato
Da sempre, in ottica preventiva i Comuni convocano i cittadini che non pagano i premi di cassa malati per verificare la loro situazione. Ma, appunto, dal 1. ottobre si è aggiunto un ulteriore compito. Come recita il nuovo articolo 38a del Regolamento della legge di applicazione della LaMal, ora i Comuni devono inviare un richiamo ai cittadini che non si presentano al primo colloquio, informandoli del rischio di vedersi notificare un’azione penale. E devono poi denunciarli all’autorità penale qualora non diano seguito al richiamo. Un obbligo di denuncia che per più motivi ha fatto storcere il naso a diversi Comuni.
I grandi centri
«La procedura? Va sicuramente ripensata». Non ci gira troppo attorno Lorenzo Quadri (Lega), responsabile del Dicastero formazione, sostegno e socialità di Lugano. La città è confrontata con un netto aumento dei morosi: se la scorsa estate si viaggiava attorno ai 70-80 al mese, oggi siamo a circa 300. Un numero molto elevato. «È una misura controproducente», prosegue il municipale. «Serve solo a demolire il rapporto fra il cittadino e il suo Comune. Inoltre, produce una quantità enorme di burocrazia». Lugano ha dunque fatto una netta scelta di campo: «Rifiuto d’ordine», la definisce Quadri. In soldoni, non dà seguito alla procedura, come peraltro segnalato in una lettera spedita al Cantone.
«Abbiamo sempre puntato sulla consulenza, sull’aiuto a persone in difficoltà a pagare i premi di cassa malati. E adesso cosa dovrebbe diventare questa consulenza? Una denuncia penale?» si chiede il capodicastero. «Non può essere questa la soluzione al problema». La procedura, per Quadri, «oltre che dispendiosa non porterebbe comunque a nulla: la denuncia rimarrebbe in un cassetto vista la mole di lavoro con cui la Magistratura è già confrontata. E anche se venisse trattata, la multa non verrebbe comunque pagata».
La stessa scelta è stata presa anche da altri Comuni polo, come Chiasso. «Il Municipio ha deciso di non sfruttare, almeno per ora, la possibilità data dal nuovo regolamento», spiega Stefano Tonini, capodicastero socialità. Per questo motivo il Comune ha «inviato una lettera alla direzione dell’Istituto delle assicurazioni sociali (IAS) per chiedere di rivalutare la procedura e reintrodurre quanto prima la blacklist». Già, perché, aggiunge Tonini (Lega), «sono convinto che sia giusto andare a penalizzare chi volontariamente sceglie di non pagare la cassa malati, ma sono anche fermamente convinto che la reintroduzione della blacklist (ndr. congelata dalla pandemia in poi) porterebbe più risultati che una denuncia al Ministero pubblico». A ciò va aggiunta la questione burocratica. Nella cittadina di confine vengono segnalati in media una trentina di morosi al mese e, chiosa il capodicastero, «se dovessimo applicare alla lettera la procedura, quindi con la lettera consegnata a mano da un agente di polizia e con una denuncia al Ministero pubblico, la mole di lavoro aumenterebbe ulteriormente».
Restando nel Mendrisiotto, la posizione di Chiasso è condivisa pure da Mendrisio, come conferma il sindaco Samuele Cavadini (PLR): «Premettendo che la questione dovrà essere discussa prossimamente dal Municipio, noi siamo più propensi alla reintroduzione della blacklist, piuttosto che lasciare l’incombenza ai Comuni». Anche il borgo, dunque, finora non ha dato seguito all’obbligo di segnalazione al Ministero pubblico.
Tra i grandi centri del cantone, pure Locarno ha deciso di non dar seguito alla novità. «La nuova procedura – spiega la capodicastero socialità Nancy Lunghi (Sinistra Unita) – pur essendo molto più pesante dal punto di vista burocratico, non è necessariamente più efficace». Detto banalmente, «non è con una multa o una denuncia penale che si risolve un problema di indebitamento eccessivo». Ma c’è di più. La capodicastero fa notare che la procedura «presenta alcuni aspetti critici sia dal punto di vista politico, come la denuncia da parte del Comune dei propri cittadini» sia dal punto di vista pratico, con «l’accresciuto carico amministrativo». Anche Locarno, quindi, «per il momento ha deciso di non applicare la nuova procedura, ma di mantenere quella esistente (convocazione con una lettera, consulenza, rapporto allo IAS) e di scrivere allo IAS una presa di posizione, come fatto da altri Comuni».
Ha invece optato per una via di mezzo, se così si può dire, la città di Bellinzona. «A nostro avviso – spiega il municipale Renato Bison (PLR) – la procedura va applicata integralmente solo alle persone che non intendono pagare il premio di cassa malati pur avendo i mezzi economici per farlo. Per gli altri casi, invece, abbiamo deciso di giungere unicamente fino alla comminatoria penale per “promuovere” una maggiore partecipazione ai nostri accertamenti e inviare poi il nominativo della persona e tutta la documentazione direttamente allo IAS, che potrà valutare se procedere o meno con la denuncia penale». Non sarà quindi il Comune a denunciare sistematicamente i propri cittadini. Nella capitale, prosegue Bison, sono circa 786 i morosi, l’88% dei quali non si presenta alla convocazione. «Non sono affatto pochi e siamo d’accordo sul fatto che, chi può, deve pagare. Ma per chi si trova in difficoltà il discorso è diverso». Inoltre, la nuova procedura, con l’accresciuta burocrazia, per i Comuni si traduce anche in maggiori spese. «Siamo quindi dell’idea che il Cantone debba corrisponderci maggiori risorse per adempiere al nostro compito». La speranza, chiosa Bison, «è che il Cantone torni sui suoi passi e chiarisca la questione, tenendo conto delle problematiche sollevate dai vari Comuni».
E i più «piccoli»
Nei centri più piccoli la situazione è simile. Dalle cancellerie si nota infatti un certo senso di smarrimento. Ma c’è anche chi, come Biasca, al momento non si è ancora determinato sul tema. «Sappiamo», ci spiegano dall’amministrazione comunale, «che questo argomento verrà portato all’interno della piattaforma Cantone-Comuni». In quella sede si proverà a trovare un allineamento fra i due livelli istituzionali. Biasca, all’ultima registrazione, aveva circa un centinaio di morosi. Tuttavia, ci spiegano che per quanto riguarda la nuova procedura, «il Municipio non si è ancora espresso». Chi, al contrario, una decisione l’ha già presa è Paradiso. La posizione del Municipio è quella di «mantenere interamente la procedura indicata dal Cantone», come ci viene spiegato dalla segreteria. In soldoni, se fosse il caso le autorità cittadine denunceranno i morosi che non danno seguito alle convocazioni. Al momento, però, non è stata intrapresa nessuna azione penale. «Siamo ancora al livello dei richiami», dicono. Simile la situazione a Maggia, dove il Municipio ha adottato il nuovo regolamento. Una trentina i casi segnalati dallo scorso ottobre, anche se si sta facendo il possibile per non arrivare all’extrema ratio della denuncia, cercando di allungare i tempi. Forti critiche alla procedura, infine, vengono espresse da Monteceneri, Comune che non ha aderito alla procedura e che a fine gennaio ha scritto al DSS per esprimere il proprio disappunto. «La nuova procedura – spiega il sindaco Pietro Solcà (PLR) –, decisa unilateralmente dall’autorità cantonale, comporta un elevato onere per il servizio sociale, per la polizia comunale e per tutta l’amministrazione». Tutto ciò, aggiunge, «senza che il Comune disponga di sufficienti risorse», poiché «non è riconosciuto un adeguato compenso per quanto si pretende». Dal punto di vista sociale, fa poi notare Solcà, «la nuova procedura, definita impropriamente un intervento sociale», in realtà porta anche a «un problema di relazione tra il servizio sociale comunale e il cittadino in difficoltà». Senza dimenticare, chiosa il sindaco di Monteceneri, che «come Comune non siamo disposti ad assumerci i rischi derivanti dalla procedura penale».