Mercato immobiliare

Sfitto in Ticino, primo calo in nove anni

Il fenomeno, in netta crescita negli ultimi anni, ha registrato una contrazione del 10,8% - Non accadeva dal 2014 - Gianluigi Piazzini (CATEF): «Una diminuzione significativa, ma le prospettive non sono rosee»
©Chiara Zocchetti
Paolo Gianinazzi
12.09.2022 18:15

Non accadeva dal 2014. Per la prima volta negli ultimi nove anni il numero di abitazioni vuote in Ticino è calato, scendendo nuovamente sotto la soglia psicologica delle 7 mila unità.

Stando agli ultimi dati pubblicati dall’Ufficio cantonale di statistica (USTAT), al 1. giugno 2022 nel nostro cantone si contavano 6.262 abitazioni vuote, ossia 755 in meno rispetto al 2021, pari a un’importante flessione del 10,8%. Complessivamente, ciò significa che nel giro di un anno il tasso di abitazioni vuote, rispetto al totale delle abitazioni, in Ticino è sceso dal 2,83% al 2,49%.

Un segnale certamente positivo per il settore. Anche se, come rileva l’USTAT nel censimento, non va dimenticato che, «seppur diminuito, il numero di abitazioni vuote resta ragguardevole», in particolare «se si considera che nel 2013 ammontava ‘‘solo’’ a 1.819».

Le cifre nel dettaglio

Delle 6.262 abitazioni vuote, l’87,7% era proposto in affitto, mentre il 12,3% restante era in vendita. Per la maggior parte si tratta di trilocali (2.201), quadrilocali (1.464) e bilocali (1.425). Da segnalare, inoltre, che ‘‘solo’’ il 13,7% (857) è rappresentato da edifici di recente costruizione: un dato interessante, come rileva l’USTAT, poiché tale cifra dal 2017 in avanti è sempre stata sopra le mille unità.

Dal punto di vista delle regioni geografiche, sono le Tre Valli a far registrare il tasso più contenuto, pari all’1,38% (315; -7,4%), mentre è nel Mendrisiotto che si rileva il dato più elevato: 4,57% (1.595; +7,1%).

A livello comunale, spiega l’USTAT, i risultati sono estremamente variabili e nel 2022 i Comuni che superano la media cantonale sono 24 (erano 25 l’anno precedente). Considerando, infine, i soli Comuni con una popolazione superiore a 5.000 abitanti, le proporzioni spaziano dallo 0,89% di Capriasca (40; +25,0%) al 2,81% di Bellinzona (741; -22,8%), dal 3,24% di Locarno (391; +3,2%) e Lugano (1.334; -14,2%) al 4,18% di Massagno (172; +20,3%), per poi arrivare al 10,15% del comune di Chiasso (559; +42,6%). Un Comune, quest’ultimo, che dal 2017 è toccato da un importante calo della popolazione residente permanente (fra il 2016 e il 2021, -891 individui; -10,7%).

Il commento

Detto delle cifre nel dettaglio, abbiamo raggiunto il presidente della CATEF Gianluigi Piazzini per commentare questa prima flessione in nove anni. Una diminuzione che Piazzini definisce «significativa», in particolare «dopo un anno orribile (ndr. il 2021), in cui si sono superate le 7.000 unità disponibili».

Più in generale, il presidente della CATEF spiega che le 755 unità sfitte in meno «sono riconducibili in parte alla occupazione di profughi ucraini», ma anche «a un leggero aumento della popolazione residente» e «magari a una ritrovata fiducia in un futuro meno travagliato». A ciò, precisa però Piazzini, «potremmo anche aggiungere una rispondenza dei proprietari non sempre diligente: del resto non è fuori luogo affermare che lo sfitto reale si discosta del 10%-15% da quello rilevato». Il che significa, in soldoni che «in realtà in Ticino siamo ancora attorno alle 7.000 abitazioni vuote».

Ad ogni modo, malgrado queste anomalie, osserva il nostro interlocutore, «il rientro è incominciato». E ora «per valutare l’angolatura dello stesso, andrebbero censiti i cantieri importanti ancora attivi. Non è facile stimare questa dotazione, ma vedremo come CATEF e come SVIT di verificare quanto è attualmente “in corso d’opera”».

In poche parole, si prospetta un mix poco favorevole
Gianluigi Piazzini, presidente della CATEF

Anche perché, ricorda Piazzini, «a oggi lo sfitto è comunque ancora tre volte e mezzo di quello registrato nel 2013, quindi quasi dieci anni fa». E anche guardando ai prossimi anni, le previsioni non sono rosee: «Siamo convinti che dopo il 2023 la produzione conoscerà una contrazione importante, quindi per l’edilizia in generale si prospettano tempi cupi, non da ultimo anche per la titubante e confusa politica a sostegno del risanamento degli immobili datati». E a tutto ciò «potrebbe pure aggiungersi un prevedibile aumento del tasso ipotecario». Insomma, «detto in poche parole, si prospetta un mix poco favorevole».