Spiaggetta di Caprino, condanne accettate

Si è chiuso il caso della spiaggetta di Caprino creata senza autorizzazione da un privato nel marzo del 2018. I responsabili sono stati condannati a una pena pecuniaria sospesa per infrazione alla Legge federale sulla protezione delle acque e per contravvenzione alla Legge cantonale sul demanio pubblico, ma senza alcun processo. Mesi fa il Ministero pubblico aveva emanato tre decreti d’accusa nei confronti del proprietario della casa accanto alla quale era stata costruita la spiaggetta (familiare di un noto imprenditore della regione), dell’architetto che si era occupato del progetto e di un rappresentante della ditta di servizi lacustri che aveva realizzato (e rimosso, quando la vicenda aveva cominciato a far discutere) la controversa spiaggetta. Uno dei decreti era stato subito accettato, mentre gli altri due inizialmente erano stati contestati (non sappiamo con certezza da quali dei tre protagonisti). Chi si opponeva alle accuse avrebbe dovuto comparire in Pretura penale di fronte al giudice Flavio Biaggi (avvocato difensore: Giovanni Molo). Il dibattimento era stato programmato per questa mattina a Bellinzona, ma nella giornata di martedì è stato annullato: anche gli altri due imputati, in extremis, hanno infatti accettato il decreto firmato dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis.
Acque agitate
Si conclude così una vicenda giudiziaria che ha fatto discutere non poco. Era iniziato tutto nel 2019, quando un’inchiesta della trasmissione «Falò» aveva posto i riflettori sulla spiaggetta, costruita un anno prima occupando uno spazio di lago di centoventi metri quadrati a cavallo di un terreno privato. Una piccola parte è di proprietà della Città, mentre il resto è demanio pubblico. Incalzata sul caso, la Città aveva spiegato di essere venuta a conoscenza dei lavori solo quattro mesi dopo (nel novembre del 2018, ndr) e di aver chiesto al proprietario una domanda di costruzione a posteriori. Il Cantone invece, proprietario del lago, si era detto totalmente all’oscuro del progetto. Da parte privata era arrivata l’ammissione di aver costruito la spiaggetta senza il permesso delle autorità. Spiegando però che l’intervento era stato deciso nell’ambito dei lavori (pagati dal privato stesso) per arginare un piccolo franamento effettivamente avvenuto vicino alla casa e per scongiurarne altri.
L’altro filone
La spiaggetta era stata rimossa, ma la Magistratura nel frattempo si era messa in moto aprendo due procedimenti penali. Uno, sfociato nelle citate condanne, per infrazione alla Legge federale sulla protezione delle acque, e l’altro, contro ignoti, per abuso di autorità. Quest’ultima ipotesi di reato si riferiva alla trasformazione di un vecchio cantiere nautico nella residenza adiacente alla spiaggetta. Gli inquirenti volevano verificare se all’interno della Città qualcuno avesse voluto favorire il privato, che aveva beneficiato di una procedura edilizia accelerata. Procedura che tuttavia è una prassi, e nemmeno tanto rara. Infatti, dopo aver analizzato diversa documentazione, la Procura aveva firmato, per questo filone, un decreto d’abbandono.