Sulla nuova imposta di circolazione alta tensione e rischio spaccatura
Se si vuole arrivare a gennaio con una nuova imposta di circolazione, la politica dovrà correre. Le tempistiche, infatti, sono strettissime. Ma le polemiche, dopo la proposta presentata mercoledì dal Consiglio di Stato, non si sono fatte attendere. E la strada per la nuova imposta di circolazione si preannuncia di nuovo in salita. Oggetto del contendere è l’incasso complessivo per lo Stato – 87,5 milioni nel 2023 e 91,5 per il 2024 – perché per ovviare alla disparità di trattamento dovuta ai due diversi cicli di omologazione (NEDC e WLTP) il Governo ha differenziato la formula di calcolo, alzando – per le vetture nuove che riportano il valore WLTP – la soglia a 118 grammi di CO₂ al chilometro. Il risultato dell’operazione, però, è che il gettito per il Cantone diminuirebbe rispetto a quanto preventivato prima della votazione. «L’applicazione del doppio sistema di misura – si legge nel messaggio governativo – comporta un impatto di ulteriori 7,7 milioni di franchi che è necessario compensare». Come? Applicando un coefficiente di moltiplicazione del gettito – di 1,127 – a tutti i veicoli. La proposta, ribadisce il Governo, «permette di evitare conseguenze non previste e non volute dall’iniziativa, grazie a un’applicazione diversificata e quindi più equa dei valori limite delle emissioni di CO₂ in base al ciclo di omologazione, evitando ingiustificate disparità di trattamento per i detentori di veicoli omologati secondo la norma WLTP».
Tempi strettissimi
Un parere che, come scritto ieri, non è condiviso dagli iniziativisti del Centro/PPD. «Di fatto – ci aveva spiegato il deputato Marco Passalia – si vogliono aumentare le imposte di circolazione del 13%. Tutto questo per incassare 7,7 milioni di franchi, a fronte di una spesa pubblica di 4 mila milioni e un preconsuntivo che mostra conti dello Stato molto migliori del previsto». Il Centro/PPD annuncia quindi battaglia in Parlamento, dove presenterà un rapporto «per eliminare l’aumento del 13%, ossia il coefficiente di moltiplicazione voluto dall’Esecutivo». I tempi, come detto, sono stretti. «Di principio, se si intende far entrare in vigore la nuova imposta di circolazione a gennaio, il via libera del Gran Consiglio deve arrivare nella sessione parlamentare del 12-15 dicembre», conferma il segretario generale del Gran Consiglio Tiziano Veronelli. Lunedì, quindi, il testo del Governo verrà attribuito a una Commissione parlamentare, probabilmente quella della Gestione, che avrà due settimane di tempo per discutere la proposta ed elaborare uno o più rapporti. Una volta ottenuta l’approvazione del Parlamento, la modifica sarà pubblicata sul Bollettino ufficiale delle leggi ed entrerà immediatamente in vigore, perché trattandosi di un decreto legislativo urgente non è referendabile.
Il nodo del gettito
Non tutto, però, potrebbe filare liscio in aula, dove la discussione tra i partiti si preannuncia accesa. «L’UDC è allineato agli iniziativisti», spiega il deputato Paolo Pamini. «Lo siamo sempre stati, e lo saremo a maggior ragione adesso». Il messaggio del Governo sarà approfondito in Commissione, ma «di primo acchito, la proposta dell’Esecutivo non è aderente alla volontà popolare. Ballano circa 7 milioni di franchi in più di prelievo: non esiste proprio». Più sfumata, invece, la posizione della Lega, che nonostante abbia appoggiato il Centro/PPD durante la votazione, oggi appare più cauta. «L’obiettivo era portare a casa uno sgravio», dice il granconsigliere Daniele Caverzasio. «Attualmente c’è un piccolo inghippo che bisogna risolvere nel rispetto della volontà popolare. Siamo a pochi metri dal traguardo, sarebbe peccato far saltare tutto in aria per pochi milioni».
Secondo il capogruppo del PS Ivo Durisch, «i conti devono tornare e il montante complessivo non deve essere toccato, come peraltro ci era stato assicurato prima e dopo la votazione». Secondo Durisch, infatti, «gli iniziativisti pretendono troppo, e di volta in volta avanzano nuove pretese senza considerare la situazione delle finanze dello Stato». Tuttavia, osserva il deputato socialista, anche il Dipartimento delle istituzioni ha una parte di responsabilità: «Il problema era noto, il Dipartimento avrebbe dovuto intervenire prima».
Dello stesso avviso anche il granconsigliere del PLR Bixio Caprara, che parla di «un vero e proprio pasticcio, nel quale hanno lavorato male tutti». Da un lato, «il Consiglio di Stato, visto che era a conoscenza del problema dei due diversi cicli di omologazione fin dal 2018, avrebbe dovuto proporre una soluzione prima». D’altro canto, invece, «se il PPD non avesse forzato la mano, avremmo potuto ragionare con calma, iniziando magari con una semplice riduzione dell’imposta di circolazione per tutti di almeno il 10%. Rinviando ad ulteriori approfondimenti la definizione di una formula solida. Infatti anche il Governo ha ammesso che in tutti i casi nel 2023 si dovrà definire una nuova formula. Invece, la fretta degli iniziativisti si è tradotta in una soluzione che fa acqua da tutte le parti, tanto che è dovuto intervenire il Governo per sistemare i calcoli». Detto questo, comunque, secondo Caprara «il PPD non può pretendere di giocare ancora al risparmio, specialmente a fronte di finanze statali disastrate. Il gettito complessivo deve quindi rimanere quello indicato dal Governo nell’opuscolo informativo e approvato dal popolo».
«Nessuna sorpresa», invece, per Samantha Bourgoin, co-coordinatrice dei Verdi. «Sapevamo che l’iniziativa sarebbe presto stata superata, perché non avrebbe retto la crescente decarbonizzazione del parco veicoli. Una formula basata sulle emissioni non poteva avere vita lunga. Gobbi, inoltre, aveva già detto di voler introdurre un coefficiente per evitare la disparità di trattamento. Si è concretizzato quanto sostenevamo nel controprogetto».