Un Chiasso guarda al futuro, l’altro è ancora da archiviare
Il 27 gennaio saranno passati due anni. Due anni da quel venerdì mattina quando, a Mendrisio, il pretore Matteo Salvadè ha decretato il fallimento del Football Club Chiasso. Un brusco «stop» alla storia ultracentenaria della compagine rossoblù. Storia, è noto, ripartita qualche mese più tardi. Una nuova entità, volti nuovi, altri calciatori, e una diversa dimensione: quella del calcio regionale. Oggi il Chiasso, dopo essere ripartito dalla quarta lega, si trova al secondo posto in terza divisione. L’obiettivo sportivo è quello di risalire la china. I rossoblù di oggi, di fatto, non hanno nulla a che vedere con il Chiasso pre-fallimento, che militava allora in Prima lega promotion.
Quel fallimento, però, è ancora una questione aperta. Poco dopo la decisione della Pretura di Mendrisio Sud, il Ministero pubblico ha aperto un’inchiesta, coordinata dalla procuratrice pubblica Francesca Nicora per comprendere se fossero stati commessi degli illeciti. L’inchiesta, oggi, prosegue. Da noi interpellato il Ministero pubblico conferma che gli accertamenti sono tuttora in corso e, per questo motivo, non vengono rilasciate informazioni. A distanza di quasi due anni, in sostanza, si cerca di mantenere ancora un certo riserbo.
All’indomani del fallimento v’era un’altra questione piuttosto delicata da affrontare: come risolvere il problema dei rimborsi – arretrati – non corrisposti a giocatori e membri dello staff nonché della logistica. Vertenza che aveva visto in prima linea il sindacato OCST unitamente a quello dei calciatori. Proprio da quest’ultimi – oltre ad aver portato a buon fine la vertenza salariale per una quarantina di collaboratori – era partita una segnalazione alla Procura nella quale venivano elencate alcune anomalie, sintomo di potenziali irregolarità.
Salari: «Un nodo critico»
Già, le questioni salariali e i suoi annessi. Su una, in particolare, si è dovuto chinare il Tribunale cantonale delle assicurazioni, chiamato a pronunciarsi su un ricorso in materia di assicurazione contro gli infortuni (decisione resa nota il 3 gennaio). Da un lato un calciatore professionista ingaggiato il primo agosto del 2022 il quale, qualche giorno più tardi durante un contrasto di gioco si è rotto il legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Dall’altro l’assicurazione che lo ha assicurato contro gli infortuni e le malattie professionali. Nel mezzo, appunto, l’indennità. Il salario dichiarato con l’annuncio d’infortunio e sul quale sono state calcolate le indennità versate ad agosto, settembre e ottobre 2022 ammontava a 12.000 franchi al mese. Per l’assicuratore, però, che nel frattempo ha avviato alcuni accertamenti, il salario del calciatore sarebbe stato di 12.000 franchi all’anno: «Salario quest’ultimo in linea con i salari degli altri giocatori del [Chiasso], più genericamente conforme ai salari dei giocatori militanti in Svizzera in quella categoria (la Prima lega promotion, ndr), conforme con la situazione economico-finanziaria del Club e non da ultimo coerente con il percorso calcistico» del giocatore. Ciò ha portato l’assicuratore a sospendere la procedura nell’attesa di conoscere gli esiti dell’inchiesta penale in corso. Sospensione avversata dal rappresentante del calciatore. Possibile, dunque, che un giocatore del Chiasso – società militante nella terza categoria svizzera con delle disponibilità finanziarie evidentemente limitate (visto anche il fallimento arrivato pochi mesi più tardi) – potesse avere un contratto da 12.000 franchi al mese? Quesito che si è posto anche il tribunale: «Il salario concordato con la società calcistica diventa quindi un nodo critico su cui il Magistrato inquirente dovrà concentrarsi per stabilire la corretta dinamica contrattuale e verificare eventuali irregolarità o mancanze. È pacifico – si legge ancora – che il Magistrato inquirente dovrà dedicare particolare attenzione a questa questione salariale nel contesto più ampio dell’inchiesta».