Il caso

Un incidente che va chiarito: Norman Gobbi chiamato a rispondere

Un’interpellanza del presidente del Centro Fiorenzo Dadò chiede di spiegare i contorni di un sinistro avvenuto lo scorso novembre - Il consigliere di Stato: «Non ci sto quando mi si mette in cattiva luce per cose non vere»
©Gabriele Putzu
Paolo Gianinazzi
15.03.2024 06:00

Dopo settimane di voci che si rincorrevano, ecco la certezza, ma anche le domande, le tante domande, e il probabile futuro «caso» (perlomeno sul piano politico). Partiamo dalla certezza: siamo a metà novembre, lungo l’autostrada A2, in territorio di Faido. Poco dopo la mezzanotte in Polizia arriva una chiamata, di quelle che non ti aspetti. È quella del direttore del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi, il quale ha avuto un incidente con la propria vettura. Come da prassi, quando gli agenti arrivano sul posto al consigliere di Stato viene effettuato il test dell’alcolemia. Che, come da lui stesso affermato, risulta «lievemente superiore al limite». Di conseguenza, sempre come da prassi, al primo test ne segue un secondo, quello «probatorio». E in questo caso, sempre secondo quanto affermato da Gobbi, i valori del test sono risultati «nella norma», ossia sotto il limite legale.

Ma è su tutto questo che, solo qualche mese più tardi, sono iniziate a fioccare le tante domande. Già, perché quei «rumors» che girano da settimane, in realtà raccontano una storia un po’ diversa. Tanto diversa da spingere il presidente del Centro, Fiorenzo Dadò, a inoltrare al Governo un’interpellanza dal titolo sì interrogativo, ma allo stesso tempo politicamente pesante: «Un misterioso incidente, è abuso di potere?».

Una questione di fiducia

Nella premessa dell’atto parlamentare (nel quale il nome di Gobbi, va detto, non viene mai fatto), Dadò rimarca che «l’impellenza e l’interesse pubblico di questa interpellanza è evidente ed è dato dal presunto coinvolgimento di una/un rappresentante del Consiglio di Stato e di non ben definiti organi della Polizia cantonale, in una situazione i cui contorni vanno chiariti con tempestività e trasparenza, onde dissipare al più presto qualsiasi ambiguità o sospetto di “abuso di potere o favoreggiamento” che coinvolgano le Istituzioni». Insomma, ne va del rapporto di fiducia fra cittadino e Stato.

L’unica dichiarazione

Ma torniamo ai «rumors». «In questi mesi – si legge nell’interrogazione – si è diffusa capillarmente sul territorio ticinese la voce di un sospetto atteggiamento di favore da parte della polizia verso una/un politica/o che parrebbe essere allarmante». La notizia, riporta poi Dadò, «indicherebbe che una o un non ben precisato rappresentante dello Stato, sembrerebbe una o un membro del Governo, sia stata/o coinvolta/o in un incidente della circolazione di una certa gravità». A destare sospetti tra i cittadini, aggiunge il presidente del Centro, «non è ovviamente l’incidente in sé, ma i risvolti a esso collegati, che parrebbero coinvolgere anche il Corpo di polizia». Motivo per cui, augurandosi «che nulla di quanto viene oggi ipotizzato nel Paese, sia realmente capitato», Dadò ha posto al Governo una lunga serie di domande per far luce sull’accaduto. La prima: «Corrisponde al vero che una o un consigliera/e di Stato sia stata/o vittima-protagonista di un incidente della circolazione nel novembre 2023?». Una domanda che, come avrete intuito, ha già una risposta. È stato lo stesso Gobbi a chiarirlo in una dichiarazione rilasciata a la Regione: «Anzitutto l’incidente non l’ho provocato io, ma è accaduto perché un veicolo ha lasciato la corsia di emergenza immettendosi in quella di scorrimento senza accorgersi che stavo sopraggiungendo: l’impatto, pur con la prudenza dovuta, è stato inevitabile. Nonostante lo spavento non ci sono per fortuna state conseguenze gravi. Sono stato io a chiamare la polizia. All’alcol test precursore sono risultato lievemente superiore al limite, sono quindi stato sottoposto al test probatorio, quello definitivo, da cui è risultato che ero nella norma. Il tutto si è svolto – sia ben chiaro – nel rispetto della procedura. Sono venticinque anni che ricopro cariche pubbliche e alla luce anche di casi analoghi che hanno coinvolto in passato politici, tenere segrete certe cose, oltre a mancare di rispetto verso i cittadini e le cittadine, non serve a nulla, perché prima o poi, come abbiamo sempre visto, escono. Se mi avessero ritirato la patente, lo avrei subito comunicato pubblicamente scusandomi con i ticinesi. Ma non ci sto quando mi si mette in cattiva luce per cose non vere».

Gli altri quesiti

Ora, oltre alla prima ovvia domanda, Dadò nell’interpellanza è entrato nei dettagli dell’incidente, chiedendo ad esempio la data, l’ora e il luogo dello stesso. Ma pure se ci sono stati danni materiali o alle persone, se erano presenti testimoni, se le auto accidentate potevano ancora viaggiare autonomamente o sono state evacuate dal soccorso stradale (e se sì in quale cantone sono state depositate). Ma ancora: se gli agenti hanno proceduto all’accertamento dei fatti secondo le direttive e quali sono queste direttive; se vige l’obbligo di un controllo alcolemico immediato o se il controllo può essere effettuato anche diverse ore dopo il sinistro; oppure ancora di dettagliare tutti i risultati degli esami delle persone coinvolte. E infine viene chiesto pure se ci sono stati dei provvedimenti amministrativi o penali e quindi se esiste un dossier sull’incidente e chi è autorizzato a controllarlo. E, in caso negativo, perché non esiste un dossier?

I dubbi sollevati

Tutte domande e punti interrogativi (molto precisi) che lasciano presupporre, come abbiamo detto, un’altra versione della storia. Ad esempio, secondo informazioni raccolte dal Corriere del Ticino, non è chiaro se sia stato effettivamente redatto un verbale sull’accaduto. In questo senso, le puntuali domande di Dadò («A tutt’oggi esiste un dossier sull’incidente? In caso affermativo: dove si trova e chi è autorizzato a consultarlo? (...) in caso negativo: perché non esiste un dossier? È prassi usuale in questi casi? Chi ha deciso questa ‘modalità’?») appaiono tutto fuorché casuali. Così come non è chiaro, qualora il verbale non esistesse veramente, perché non sia stato redatto per un sinistro che, come ammesso proprio da Gobbi, ha coinvolto un secondo veicolo, oltretutto in autostrada.

Lo stesso discorso vale per l’alcol test: anche in questo caso resta da capire quanto tempo sia passato dal primo al secondo esame. Anche qui, la domanda del presidente del Centro è sibillina: «Vige l’obbligo di un controllo alcolemico immediato o tale controllo può essere effettuato a diverse ore dal sinistro? Se sì, con che modalità e in quali casi questa modalità è fattibile?».

Va detto però, a questo punto, che se la versione del «ministro» fosse confermata – cioè che il secondo alcoltest era nella norma ed effettuato nei tempi corretti – allora sarebbe prassi comune per un agente non redigere automaticamente un rapporto/verbale. Tuttavia, come detto, resterebbe da chiarire perché non sia stato redatto un rapporto riguardante l’incidente (che comunque ha coinvolto un altro veicolo).

Ora tocca alla politica

A questo punto, va infine ricordato che, fino a prova contraria, e a maggior ragione trattandosi di indiscrezioni, all’interessato, ossia al consigliere di Stato, va dato il beneficio della buona fede. Resta il fatto che, in seguito all’interpellanza, diversi punti andranno chiariti o precisati. Al momento la Polizia cantonale, da noi contattata, non rilascia dichiarazioni sul caso poiché è pendente un atto parlamentare. E lo stesso Gobbi si è rimesso alle parole rilasciate al quotidiano bellinzonese. Sarà dunque il Governo a dover fare chiarezza rispondendo all’interpellanza di Dadò davanti al Parlamento nella seduta del 15 aprile. E non fatichiamo a immaginare che in quella seduta, dopo le risposte, giungerà (come spesso accade in questi casi) anche la richiesta di una discussione generale. Con tutte le possibili conseguenze del caso. Dopo l’incidente e le relative domande, il caso politico è servito.

Dal 1. ottobre 2016 è cambiato il sistema dei controlli etilometrici. Con il nuovo metodo si misurano i milligrammi di alcol contenuti in un litro di aria espirata. È quindi cambiata l’unità di misura: il «vecchio» 0,5 per mille corrisponde oggi a 0,25 milligrammi per litro, mentre lo 0,8 per mille corrisponde a 0,4 milligrammi per litro. La prassi non prevede più il prelievo del sangue (che avviene solo in casi eccezionali), bensì il cosiddetto «accertamento etilometrico probatorio». I controlli sono eseguiti come in passato: il conducente fermato soffia nel tubicino dell’etilometro; se il risultato è inferiore a 0,25 mg/l, potrà rimettersi al volante; se è compreso tra 0,25 e 0,39 mg/l, potrà accettarlo firmando e in caso di rifiuto segue l’accertamento probatorio con il nuovo apparecchio (differente dal semplice etilometro); se il valore è pari o superiore a 0,40 mg/l sarà obbligato a sottoporsi al test probatorio. Nelle F.A.Q. preparate dall’USTRA per spiegare il cambiamento alla popolazione viene spiegato un dettaglio rilevante. Alla domanda «Chi mi assicura che il mio test non venga scambiato?», USTRA risponde: «Il test (ndr. probatorio) sarà verbalizzato in modo tale da garantirne l’attribuzione a una determinata persona. Gli apparecchi devono inoltre registrare i valori misurati in maniera permanente».
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