Fiscalità

Una batosta per i nuovi frontalieri

Basandoci su alcune simulazioni, abbiamo confrontato quattro categorie di lavoratori – Tra i vecchi permessi G e i nuovi, la differenza salariale è evidente, specialmente per i redditi medio-alti – Mauro Pellicciari (OCST): «Nonostante il pagamento delle imposte in Italia, la Svizzera rimane attrattiva»
©©Ti-Press / Francesca Agosta
Martina Salvini
24.03.2025 06:00

Quanto incide il nuovo accordo fiscale sulla busta paga dei nuovi frontalieri? Che differenza c’è, a fine mese, con lo stipendio percepito dai vecchi permessi G? E, soprattutto, è ancora vantaggioso venire a lavorare in Svizzera? A un anno dall’entrata in vigore dell’intesa sottoscritta tra Svizzera e Italia, basandoci su alcune simulazioni dei conteggi salariali forniteci dal sindacato OCST, abbiamo messo a confronto quattro categorie con salari diversi, rapportandole poi con la situazione dei vecchi frontalieri. Per tutti e quattro i casi abbiamo preso in considerazione un frontaliere sposato, con un coniuge che lavora, un figlio a carico e residenza a Como. 

Salario di 45 mila franchi

Partiamo con il primo, un dipendente che percepisce un salario lordo di 45 mila franchi all’anno. «Potrebbe essere il classico stipendio di un cameriere, oppure di una commessa impiegata all’80%», spiega Mauro Pellicciari dell’Ufficio frontalieri dell’OCST, che ci accompagna nell’analisi. Dallo stipendio lordo vanno innanzitutto tolti gli oneri sociali e previdenziali che, sia per i nuovi frontalieri sia per i vecchi, ammontano in questo caso a 4.945 franchi all’anno. A questo punto, se il nostro lavoratore è stato assunto dopo il 17 luglio del 2023 è considerato un nuovo frontaliere. Di conseguenza, paga in Svizzera le imposte alla fonte sull’80% dell’imponibile. «Rientrando nella tabella C1, l’imposta alla fonte ammonta a 945 franchi all’anno», chiarisce Pellicciari. Sottratti gli oneri sociali e previdenziali e l’imposta alla fonte, al nostro cameriere rimangono in tasca 39.110 franchi. 

Non è finita qui, però. Il nuovo frontaliere, in virtù dell’accordo, deve pagare anche le imposte in Italia, detraendo quanto già pagato in Svizzera e considerando una franchigia fiscale di 10 mila euro. Sommando l’IRPEF - ossia l’imposta sul reddito delle persone fisiche - l’addizionale regionale e quella comunale, il totale è di 6.539 euro da versare all’Italia (6.212 franchi). Di conseguenza, da un lordo iniziale di 45 mila franchi all’anno, il netto finale scende a 32.898 franchi. Vale a dire 2.500 franchi al mese. Prendiamo ora in considerazione la medesima busta paga, questa volta però di un vecchio frontaliere. Per lui l’imposta alla fonte è più alta, perché i vecchi frontalieri sono tassati sul 100% dell’imponibile, e ammonta a 1.215 franchi all’anno. Tuttavia, non essendo sottoposto al prelievo fiscale in Italia, al nostro lavoratore rimangono 38.840 franchi all’anno e quindi uno stipendio netto mensile di 2.987 franchi. Tirando le somme, perciò, tra il vecchio frontaliere e quello nuovo la differenza salariale all’anno è di circa 6 mila franchi, con uno scarto mensile che sfiora i 460 franchi. «Detto ciò, se pensiamo che un cameriere o una commessa in Italia percepiscono un salario che difficilmente supera i 1.500 euro al mese, è chiaro che per un nuovo frontaliere il mercato svizzero rimane comunque attrattivo», dice Pellicciari. 

Salario di 65 mila franchi

Passiamo ora alla seconda categoria: un salario annuo di 65 mila franchi. «Lo stipendio, per fare un esempio, che riceve un lavoratore edile senza certificati professionali». Al nuovo frontaliere, tolti gli oneri sociali e previdenziali (7.782 franchi) e l’imposta alla fonte (che ammonta a 3.445 franchi all’anno), rimane un salario di 53.773 franchi. Sottraendo poi anche le imposte italiane che ammontano per lui a 12.541 euro (ossia 11.914 franchi), si arriva a un netto di 41.859 franchi, quindi 3.220 al mese. Il vecchio frontaliere, invece, tolti i medesimi oneri sociali e previdenziali e un’imposta alla fonte che all’anno pesa 4.355 franchi, si troverà con un netto di 52.863, ossia 4.066 franchi al mese. Notiamo così che la differenza salariale tra il vecchio e il nuovo frontaliere sale a 11 mila franchi. Parliamo di quasi 850 franchi al mese. 


Salario di 80 mila franchi

Per la terza categoria abbiamo invece preso in considerazione uno stipendio annuo di 80 mila franchi. «Possiamo ipotizzare che sia il caso, ad esempio, di un infermiere con una decina di anni di esperienza oppure di un impiegato di livello piuttosto alto attivo nel terziario», dice Pellicciari. Ebbene, il nuovo frontaliere deve sottrarre dal lordo i 9.910 franchi di oneri sociali e previdenziali, e i 5.600 franchi di imposta alla fonte. A questi, poi, si sommano anche i 16.677 euro (ossia 15.843 franchi) da versare all’Italia. Il risultato? Uno stipendio netto annuo di 48.647 franchi, 3.700 al mese. Il vecchio frontaliere, a parità di stipendio, dovendo versare solo l’imposta alla fonte, che per lui sono 7.040 franchi, arriva a un netto di 63.050 franchi, 4.850 al mese. In totale, la differenza tra i due arriva a superare i 14 mila franchi all’anno, oltre 1.100 al mese.

Salario di 120 mila franchi

Infine, per la quarta e ultima categoria abbiamo considerato un salario elevato, di 120 mila franchi all'anno. Potrebbe essere lo stipendio di un medico con qualche anno di esperienza. Per il vecchio frontaliere, sommati gli oneri sociali e previdenziali (15.583 franchi) e l’imposta alla fonte (14.760 franchi), il netto ammonta a 89.657 franchi all’anno, quindi 6.896 al mese. Il nuovo frontaliere, invece, oltre agli stessi oneri sociali e previdenziali e all’imposta alla fonte (per lui sono 11.760 franchi), deve aggiungerci le imposte da pagare in Italia: ben 27 mila euro. Di conseguenza, si trova con uno stipendio all’anno di 66.985 franchi, che si traduce in un salario mensile di 5.150 franchi. Con una differenza di quasi 23 mila franchi all’anno - oltre 1.700 al mese - rispetto a un collega con lo statuto di vecchio frontaliere. «Più si sale con il salario, più l’incidenza diventa consistente», commenta in proposito Pellicciari. «Per il nuovo frontaliere, però, il termine di paragone è lo stipendio percepito in Italia, non quello del collega vecchio frontaliere. E questo può rendere comunque conveniente venire a lavorare in Svizzera». Per fare un esempio: «Se in Italia un operaio edile percepisce 1.600 euro netti al mese e in Svizzera poco più di 3 mila, pur trovandosi a pagare oltre 12 mila euro di imposte ha comunque tutto l’interesse a spostarsi oltreconfine». Perché, a conti fatti, lo stipendio è quasi il doppio. Lo stesso discorso può essere fatto per un cameriere o una commessa. Ma anche per un impiegato: «Chi lavora nel ramo del commercio e ha una ventina di anni di esperienza, in Italia arriva a percepire 1.700-1.800 euro netti al mese, per 14 mensilità. Da frontaliere, ne intasca invece 3.700». La differenza è evidente, così come lo è per un infermiere, che oltreconfine, dopo una decina di anni di lavoro, arriva a un salario netto di 2.200 o 2.300 euro al mese. Ma la convenienza si nota pure per l’ultima categoria presa in esame, nonostante perda oltre 20 mila franchi all’anno rispetto a un vecchio frontaliere. «Un medico, nei primi anni di attività, in Italia è pagato dai 3 mila ai 3.500 euro netti al mese. Qui invece sono oltre 5mila». Insomma, conclude Pellicciari, «la Svizzera rimane attrattiva. A patto, ovviamente, che tra lo stipendio italiano e quello svizzero ci sia una certa differenza, in grado quindi di assorbire lo svantaggio determinato dal nuovo accordo». 

«Per il Ticino l'intesa è conveniente: incassiamo di più»

Ma per il Ticino, in soldoni, che cosa significa l’entrata in vigore dell’accordo? «Dire esattamente quanto incasseremo di più è prematuro, ma posso senz’altro affermare che si tratta di un accordo migliorativo per il nostro cantone», risponde Giordano Macchi, a capo della Divisione delle contribuzioni. Questo per tre ragioni. La prima risiede negli introiti derivanti dall’imposta alla fonte, destinati a crescere. «I nuovi frontalieri - ricorda - pagano in Svizzera le imposte alla fonte nella misura dell’80%. I vecchi frontalieri, invece, sono tassati sul 100% dell’imponibile». Attualmente - e fino al 2034 - la Confederazione è però tenuta a versare all’Italia il 40% delle imposte alla fonte prelevate ai vecchi frontalieri, i cosiddetti ristorni. Ciò significa che la Svizzera ora trattiene il 60% di quanto versato dai vecchi frontalieri e l’80% dei nuovi. «Ogni anno che passa, però, con il numero di nuovi frontalieri che andrà ad aumentare a scapito dei vecchi, riusciremo a trattenere sempre più gettito proveniente dall’imposta alla fonte». Già quest’anno, quindi, il Ticino dovrebbe incassare di più. «E sarà così ogni anno, fino al 2034, che sarà quello migliore», assicura Macchi. Tra dieci anni, infatti, secondo gli accordi i ristorni saranno definitivamente aboliti: «Potremo quindi trattenere il 100% dei ristorni dei vecchi frontalieri, più l’80% di quelli dei nuovi. Toccheremo quindi il picco storico. Poi, la curva tornerà lentamente a scendere».

Dal 2035 in avanti, infatti, il Ticino conterà sempre meno vecchi frontalieri, sostituiti dai nuovi. I quali, versando come detto l’80% di imposta alla fonte e non il 100%, genereranno un gettito minore». C’è poi una seconda novità contenuta nell’intesa che permetterà al Ticino di guadagnare un tesoretto di «diversi milioni di franchi»: il cumulo dei redditi. Ancora Macchi: «In pratica, se un frontaliere - sia vecchio che nuovo - ha un coniuge che lavora, il nuovo accordo prevede che i due stipendi vengano sommati. Ciò significa che verrà applicata un’aliquota più alta di quella sin qui pagata e noi incasseremo di più». Infine, qualche soldino dovrebbe arrivare anche da un ulteriore cambiamento, che questa volta riguarda i «frontalieri al contrario», ossia coloro che risiedono in Svizzera ma lavorano in Italia. Sì, perché in base al nuovo accordo «per un quinto queste persone saranno imponibili anche in Svizzera», dice Macchi. «Non varrà molto a livello di incassi, perché si tratta di un numero esiguo di persone. Ma in virtù della reciprocità stabilita dalla nuova intesa, è una possibilità ulteriore che ci viene concessa e che frutterà comunque qualche entrata aggiuntiva». Insomma, ribadisce, «la nuova intesa porterà dei miglioramenti, a livello fiscale, per il nostro cantone». Ciononostante, un fattore peggiorativo esiste - ammette Macchi - ed è determinato dal ritorno al moltiplicatore medio comunale. «L’articolo 4 dell’accordo introduce il principio della non discriminazione. Ciò significa che si deve rispettare l’uguaglianza di trattamento con l’usuale imposizione in Svizzera ed è vietata una discriminazione che determini un carico fiscale superiore per il solo motivo di essere frontalieri. Di conseguenza, il moltiplicatore di imposta comunale è sceso dal 100% alla percentuale media, attorno all’80%». In pratica, si tratta quindi di un piccolo «sconto» per i vecchi frontalieri, che beneficeranno di una riduzione complessiva delle imposte che potrebbe aggirarsi tra il 5 e il 10% totale. Il gettito fiscale, rimarca comunque in conclusione Macchi, «dipenderà anche dal numero e dal livello salariale dei frontalieri». 

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